Kiss the Sun – la traversata nel deserto del rock

Il 24/11/2024, di .

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Kiss the Sun – la traversata nel deserto del rock

A quanto pare, l’opera di Davide Pansolin era una delle più attese dell’anno nell’ambito della trattatistica specializzata, e i motivi sono più che validi: l’autore è stato fanzinaro attivissimo con la sua storica ‘Vincebus Eruptum’, un fattore che da solo basterebbe a garantirgli il blasone che è evidente sia nelle pagine di ‘Kiss the Sun’ che nella prefazione alle stesse a firma di Claudio Sorge.
A fronte della vastità di radici di un suono ben preciso, quell’heavy psych tanto caro a una fetta ben nutrita di aficionados e a una porzione di etichette specializzate, nonché a fronte della vastità di ramificazione di quelli che sono stati gli anni d’oro del genere, l’autore compie una scelta ben precisa, quella di restringere il campo di azione ai “soli” due decenni Ottanta e Novanta, laddove il primo è chiaramente il momento preparatorio, foraggiato dal punk e dalle primigene influenze psichedeliche che si perdono nella notte dei tempi, mentre il secondo è la fase di esplosione che avrebbe prodotto i più celebri lavori di quel genere che Pansolin evita in tutti i modi di chiamare “stoner” ma che per lungo tempo è stato universalmente noto come tale. Un suono polveroso, ricco di bassi fino all’assenza più totale di aperture medio/alte nei casi più estremi, e soprattutto rappresentato da un’area geografica ben precisa, quella porzione di California da cui sono emersi nuovi pionieri, dopo la corsa all’oro e dopo quella al silicio…

Se la visione del video di ‘Green Machine’ non può che richiamare il discreto spazio dato al genere sul programma Headbangers Ball di MTV, ma anche il cavallo di battaglia di qualsiasi concerto di Nick Oliveri con o senza Mondo Generator, la scelta di limitare l’analisi agli ultimi due decenni del secolo scorso è un po’ come quando decidiamo di ascoltare un album in versione originale, senza bonus tracks: a suo modo, anche più appagante. Nella narrazione, nomi come Yawning Man o Across the River punteggiano la mappa della Coachella Valley, mentre un pugno di adolescenti che rispondono ai nomi di Brant Bjork, Josh Homme e John Garcia assistono ai generator party là dove l’irruenza del punk incontra quel muto e maestoso maestro che è il deserto, con l’egida dell’onnipresente SST a pubblicare i primi vagii dell’esplosione che verrà.
È in quegli anni che nascono sia la versione primordiale di quella ‘N.O.’ ben nota ai fan del capolavoro ‘Welcome to Sky Valley’ che quella di ‘Back To Zero’, che i più attenti ricorderanno aver attraversato gli States per fa parte dell’incarnazione degli Obsessed di Wino che vedrà Reeder al basso. Già… Scott Reeder, una delle figure fondamentali assieme a Mario Lalli e ad Alfredo Hernández per la nascita di una scena prolificissima e dall’influenza incalcolabile – tra l’altro, è lui a mimare il basso nel video della succitata ‘Green Machine’ data la defezione di Oliveri, e la scritta Across the River sui muri di amplificatori è un chiaro segno di passaggio del testimone.
Si parla infatti dell’ascesa dei Katzenjammer, che progressivamente prenderanno il nome di Sons of Kyuss, con accordature sempre più basse, linee vocali sempre più melodiche e velocità sempre più distanti dai mentori Black Flag. Se vi state chiedendo il motivo di tale scelta abbia a che fare con la storpiatura del nome Kiss, siete decisamente fuori strada (come lo ero io una trentina di anni fa!): si tratta di una schiera di non morto della saga di Dungeons & Dragons, ecco tutto. E a proposito di scenari orrifici, beccatevi questo episodio primordiale che traccia un’ideale ponte tra la tradizione sabbathiana filtrata attraverso Danzig e il nascente sound del deserto…

Come spesso capita per le pubblicazioni Tsunami, ‘Kiss the Sun’ offre mette a disposizione del lettore un’inestimabile enciclopedia ragionata dell’heavy psych, con uno sguardo alle scene nazionali – con quella olandese che riserva probabilmente le sorprese più interessanti (qualcuno ha detto Beaver?) – al netto di un artificio letterario che sfocia nel filone “giallo a puntate” non sempre a fuoco ma forse coerente con le sonorità descritte, pur nella sua apparente natura “slegata”.
Impreziosito da varie e interessanti appendici come una carrellata sulle radici del sound in oggetto, sulle compilation che hanno costituito l’ossatura del filone e sui concerti dei Kyuss (vero perno del libro, è inutile negarlo), costante è il raffronto con l’universo hard’n’heavy (d’altronde, uno dei musicisti più noti dell’heavy psych quale è Homme ha più volte dichiarato di non gradire particolarmente il filone metal nato come emulazione dei Sabbath) ma anche la descrizione della fluidità rispetto a esso, dato il costante passaggio di band da un sound dalle caratteristiche più “metalliche” a uno da quelle più “desertiche”, sotto l’egida di etichette eccezionali e dal respiro ampio come la Rise Above di Lee Dorrian. Come nel paesaggio desertico, il genere dispiega vari contrasti, se solo si pensa alla pesantezza “metallica” dei californiani (ma figli della Silicon Valley) Sleep e al confronto con il filone più “classico” portato avanti dai Fu Manchu

Se l’opera tocca altri centri nevralgici statunitensi come il Texas e il New Jersey (chi ha detto Monster Magnet?), è l’approdo in Europa dell’autore e del suo alter ego detective a rappresentare un altro spunto di grande interesse per i lettori: si parla dell’attenzione riservata da Videomusic a Homme e soci, e poi tutto parte dal flashback sulle giornate di un ragazzo innamorato del grunge che trova i primi spunti negli arcinoti videoclip che riaffermarono il nome di Seattle sulla scena. In più, l’Italia è anche il luogo dove i Kyuss tengono l’ultimo concerto, tempo dopo la loro apparizione alla trasmissione Segnali di Fumo; per non parlare della mitica joint venture tra Nebula e That’s All Folks, uno dei (tanti) live che mi sono inopinatamente perso, forse addirittura il primo che ho perso “attivamente” e non per cause legate all’anagrafe o alla logistica. E poi, nomi noti agli addetti ai lavori e agli appassionati di underground che Pansolin ha il merito di riportare in auge, come i mitici Vortice Cremisi, il Paul Chain di fine anni ’90 e gli Hogwash di cui ho da tempo immemore il doppio 7″ 4-way split. A questo proposito, mi stupisce l’assenza dei Mouse Blasters, ma è un dettaglio se raffrontato al carattere poderoso dell’opera!

E poi, il bello di ‘Kiss the Sun’ è che ognuno è libero di leggerlo nell’ordine che preferisce. Un’imbeccata per i lettori più avvezzi a sonorità “nostre”? Andate alla sezione svedese, dove ampio spazio è dedicato agli Spiritual Beggars di Michael Amott e ai Grand Magus, e soprattutto a quella britannica, che non può fare a meno di citare i padri putativi Cathedral (in particolare nel loro periodo “di mezzo”), i discepoli Electric Wizard e soprattutto i primi Orange Goblin… ricordate la seminale compilation ‘Dark Passages vol. II’ curata proprio da Dorrian di cui ‘Saruman’s Wish’ era l’opening track?

DESCRIZIONE DEL LIBRO
“Non chiamatelo stoner!”… l’autore, Davide Pansolin, è categorico: “stoner rock” è un’etichetta sin troppo moderna e semplicistica per definire un fenomeno, quello “heavy psichedelico, che vive e sopravvive ininterrottamente da ben più di quattro decenni e che per vent’anni ha dato linfa vitale all’underground musicale di tutto il mondo.

DETTAGLI DEL VOLUME:
Titolo: Kiss the Sun: il lungo viaggio dell’heavy psych, 1980-2000
Autore: Davide Pansolin, con una prefazione di Claudio Sorge
Anno: 2024
Editore: Tsunami Edizioni
Pagine: 322
ISBN: 978-88-94859-87-4
Prezzo: Euro 24,00
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