Iron Maiden su Netflix, verità o menzogna?

Il 12/10/2024, di .

In: .

Iron Maiden su Netflix, verità o menzogna?

Scrollare il feed, scrollare ancora, e la bolla è quella che è, e i cookies che non sono esattamente quelli delle ricette a confronto tra Barbara Bush e Hilary Clinton ma qualche volta vanno giù di gusto e… cosa vedono i nostri occhi? Nel proliferare generalizzato di serie (TV, si diceva una volta) sembra essercene proprio una in programma che attirerebbe l’attenzione come e più di “The Dirt” – che però è un film, e magari la differenza è tutta là. Con un titolo improbabile ma efficace come “Run to the Hills: The Story of Iron Maiden”, in questi giorni un po’ di media di vario genere hanno strombazzato in lungo e in largo il making of e la futura première di un prodotto dedicato alla Vergine di Ferro, ovviamente in carico a Netflix, figuriamoci.
La notizia è allettante di suo e rimette immediatamente l’immaginario collettivo in pari con il coevo prodotto ormai sugli schermi di SKY, “Hanno Ucciso l’Uomo Ragno”, rendendo finalmente giustizia al fatto che Max Pezzali giocava a fare il batterista di thrash e non magari di NWOBHM, nonostante Clive Burr, Pete Gill e Rick Allen fossero fior di esempi – ma si sa, l’America è l’America…
Dunque, pronta giunge la smentita di Iron Maiden Italia (un po’ la Bibbia della Vergine qui nel Bel Paese, l’equivalente di quello che rappresentava Cubito per i quattro di Frisco una trentina di anni fa) che fa emergere come non vi sia menzogna meglio congegnata di una mezza verità, poiché pare ci sia un documentario in lavorazione da vari anni e che uscirà appunto nel 2025. Se poi riuscirà anche a soppiantare nel cuore dei fan il gran lavoro fatto con “12 Wasted Years” e le successive tre parti della “History of Iron Maiden”, è tutto da vedere.
Altro particolare: un titolo ispirato al primo singolo con Dickinson alla voce, testa di ponte per il successo in terra americana, ricorda molto da vicino il nome dell’imminente tour del cinquantennale, “Run For Your Lives”, quindi pur nella sua improbabilità assume un qualche senso, almeno agli occhi dei più (sì, ma le hills erano quelle ai piedi degli Appalachi, non le Marilyns e le Humps britanniche, quando lo impareremo?).
Insomma, bella mossa quella dei presunti diffusori di bufale, che mi ricorda un po’ le scuse da me accampate negli anni belli e infarcite di dettagli reali o quantomeno realistici per cercare di far annuire la Mutter e il Cancelliere, per dirla con Brizzi (tanto per rimanere in tema di trasposizioni sullo schermo!). Dico “presunti” perché non è ovviamente mai detta l’ultima parola, da qui all’eternità. Che detta così sembra l’inizio di una serie di giochi di parole alla Nanowar Of Steel e magari lo è, visto che dal mio punto di vista nessun prodotto biografico sugli Iron Maiden dovrebbe prescindere dalla parata di citazioni da loro ricreata…

In definitiva, come dovrebbe essere “Run to the Hills: The Story of Iron Maiden”? A prescindere dal fatto che per me Potowotominimak e Mr. Baffo dovrebbero avere come minimo un cameo assimilabile a quello di Adam Lambert su “Bohemian Rhapsody”, lascerei volentieri a voi il toto-attori protagonisti tenendo altrettanto volentieri per me quello sui comprimari. A partire da Jack Black nei panni di Doug Sampson, passando da Stephen Fry nel prestigioso ruolo dell’eminenza grigia Rod Smallwood, Andrew Strong direttamente dai fasti dei Commitments nei panni di Blaze Bayley, fino al nostro Thomas Raggi nei panni di Dennis Stratton, dato che a Sanremo ha ampiamente dimostrato di conoscerne i dettami musicali e non necessiterebbe di un coach musicale. Anzi… forse l’idea di affiancagli Tom Morello opportunamente barbuto nei panni di un Gene Simmons tentatore che scatena le ire di Stephen Fry in occasione del primo tour non è male, no?

PS: contravvengo in parte alla mia professata non ingerenza sugli attori protagonisti, ma… l’attore che fa Mauro Repetto nella serie sugli 883 sarebbe perfetto per Clive Burr! Stessa scelta di colori, poi… Pensaci, signor Netflix!