Esau Remor: tra le sue mani la Storia del Rock, che inizia ad avere bisogno dei suoi restauratori

Il 22/05/2024, di .

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Esau Remor: tra le sue mani la Storia del Rock, che inizia ad avere bisogno dei suoi restauratori

Tra Milano e la Svizzera intercettiamo per i nostri lettori Esau Remor, un “meccanico del suono” come lui si definisce. Una lunga carriera nella produzione musicale, tante le esperienze collezionate, un grande professionista che ci regala un’interessante chiacchierata che si trasforma in riflessione profonda sul mondo della Musica, con un approfondimento sulle tecniche di recupero e digitalizzazione delle incisioni musicali da supporti audio analogici, tanto particolare quanto entusiasmante. Parole interessanti per i più esperti, forse illuminanti per i più giovani.

Siamo in TRANSCRIPTOR nello spazio di lavoro di Esau Remor, circondati da macchinari e dispositivi di ogni genere e di ogni epoca. Con Marco facciamo fatica ad orientarci. Esau, ci puoi illustrare quello che qui vediamo?
“Ciao Ragazzi! Qui c’è la storia dei registratori professionali a nastro magnetico. Li ho acquistati tra gli anni Ottanta e il Duemila nel secolo scorso per fare produzione. Qui ci sono macchine, a partire dagli anni Sessanta in poi, che accettano tutti i formati per la registrazione e lettura dei nastri magnetici. Partiamo dal formato mono usato in RAI, e poi pian piano negli anni, i nuovi modelli: Open Reel … lo stereo, il quattro piste, l’otto piste, il sedici piste, il ventiquattro piste e poi i digitali con il formato 32 e 48 tracce. Ci sono le macchine Close Reel … sistemi Tascam e Adat a testina rotante, Magneto Optical Disc, il Sony 1630, F1 e i Dat. Questa è tutta roba che “purtroppo” è stata acquistata. Non ci sono doni e se ci sono stati, è stato da parte di gente che è venuta dicendo “te la regalo, basta che te la vieni a prendere, però guarda che è rotta e non funziona”. E allora visto che abbiamo anche il dono storico di fare manutenzione ed una notevole esperienza, di là c’è un laboratorio per tenere tutte le macchine in riga. La forbice temporale storica qui è molto larga, partendo dal formato monofonico, qui vedi gli anni ’60, gli anni ’70 e poi Willi Studer che incomincia a fare macchine professionali. Quando Willi è uscito con i primi A80 VU, che vedi in questa serie, è successo il finimondo, c’è stata una rivoluzione nell’industria discografica. In antichità, negli studi si registrava in diretta con i musicisti in sala utilizzando registratori monofonici collegati meccanicamente a delle grandi trombe che poi non erano nient’altro che microfoni. La storia della musica annovera attrezzatura che arriva da Edison, dai grammofoni, i dischi di cera e quant’altro. Poi sono arrivati i registratori a filo magnetico Webster Chicago che nessuno conosce ma esistono, quelli sono stati un ponte tra i sistemi precedenti e questi registratori moderni. Poi vabbè, dal mono si è passato allo stereo, dallo stereo si è passato al tre piste arrivando alle tecniche di sovrapposizione, cioè la possibilità di aggiungere ad un programma musicale già registrato, una nuova sorgente. Da lì poi si è passati a 4, 8,16, 24, 32 piste e fine dell’era analogica. Negli anni 90 si entra nell’era digitale stereo e multitraccia, 2, 24, 32, 48 piste. Ovviamente parliamo di macchine con dei costi elevatissimi, ai tempi andati quando ci si trovava puntualmente ogni anno alle fiere AES, ricordo, ci volevano 380 milioni di lire per una Sony 3348, era come acquistare un attico, insomma. Solo certi studi ovviamente potevano permettersi l’acquisto di quella tipologia di macchine che però voleva dire poi, portarsi a casa i top artist della produzione discografica. Se tu pensi che la prima macchina che vedi là in fondo ce l’aveva il Capri Digital, la seconda questa qua, arriva dai Bop Studios in Sud Africa puoi capire l’idea di massima. Stiamo parlando di due studi di registrazione fantastici e mostruosamente costosi. Capri costava 5 milioni di lire al giorno senza i tecnici e forniti solo con gli assistenti. Tutto era ovviamente molto bilanciato, uno studio top doveva avere macchine top. Questo 32 tracce Mitsubishi X880 con i convertitori Apogee che vedi era molto raro perché montava un kit aggiuntivo che costava 85 milioni di lire”.

Una rivoluzione quindi l’arrivo del digitale?
“Certamente! E poi sono arrivati i personal computer, è arrivato Pro Tools, è cambiato tutto. Oggi queste macchine, al di la di quelle analogiche, hanno perso un senso per la produzione discografica, contrariamente lo hanno mantenuto per la Digitalizzazione degli archivi. Chi ha prodotto musica utilizzando queste macchine, per poter leggere e riacquisire l’audio registrato deve passare da qui, da loro, belle pulite e perfettamente funzionanti. Se qualcosa non funziona c’è il saldatore, i nastri campione e gli strumenti di laboratorio, con tutti i pezzi di ricambio originali. Non è facile tenere tutto in bolla! In giro trovi parecchie vecchie Tape Machine che non sono a posto. Ti offrono una macchina dicendoti “ma guarda che però ci sono quattro tracce che non vanno perché la testa è andata” oppure “ci sono problemi di elettronica sul trasporto” e ti trovi a lavorare con una macchina che non serve a nulla e che fa danni. Magari già sai che quelle testine sono difficili da trovare.
Tanto per darti un esempio, con Massimiliano Pani abbiamo passato dei nastri fantastici registrati con una macchina digitale Studer 48 che aveva due tracce non funzionanti, alla fine abbiamo dovuto usare questa Sony 3348 e abbiamo portato a casa due album completi. Queste macchine digitali sono molto pesanti, tra i 200 e i 300 kg. La Mitsubishi è quella più impegnativa, un pezzo di piombo farcito di elettronica ovviamente, tutte le schede sono controllate da microprocessore, in più ci trovi i convertitori A/D e D/A entro contenuti perché ovviamente sono macchine interfacciate in analogico con le consolle dell’epoca. Gli alimentatori hanno trasformatori enormi e ciucciano un mare di corrente! Guarda questa Studer A820, dispone di 24 tracce su nastro analogico da 2”, è la più bella macchina analogica di sempre, la più bella in assoluto, dopo questa non è stato fatto più nulla, è l’apice di un percorso e dovevi venderti una casa per comprarla! Contiene al suo interno 24 Dolby SR che possono essere interscambiati con i Dolby A oppure con sistemi di riduzione di rumore diversi quali DBX o Telecom C4.Serve competenza per fa funzionare tutto, ci vuole molta esperienza teorica ma soprattutto pratica”.

Hai fatto cenno a riparazioni, quindi sarà una bella impresa anche reperire pezzi di ricambio per macchine così datate?
“Si… Ti faccio un esempio! Questo è un pinch roller in gomma per lo Studer 820 ed è a fine vita. Se fai scorrere il nastro noterai che il pinch incomincia ad appiccicare il dorso del nastro emettendo uno strano rumore perché ha perso tutte le caratteristiche originali. Bene! Al mondo esiste una sola azienda che produce pinch roller in gomma, si chiama Athan ed è residente in San Francisco. Ora… sicuramente questo pinch è molto costoso (480 dollari) e vorresti acquistarlo da un altro fornitore. Impossibile, al mondo esiste solo la Athan! Puoi tentare di trovare sul mercato un pinch roller NOS (new old stock) nuovo, mai usato, ma non è utilizzabile, purtroppo la gomma deperisce nel tempo e si secca. Guarda questi 2 pinch montati sul Mitsubishi 880, sono prodotti dall’ Athan, hanno tre anni circa ed insieme costano 500 dollari..!! Quindi … praticamente serve molta attenzione per l’aspetto economico e c’è tutta una trafila ben importante da seguire. Eh sì, devi tenere d’occhio tutto. Parlando di alimentazione elettrica, poi, tutte queste macchine, a rotazione, devono essere accese, sia analogiche che digitali se lasciate spente per mesi alla riaccensione possono creare dei seri problemi. Questa Mitsubishi sta aspettando di essere verificata perché l’ultima volta che l’ho accesa è esploso l’alimentatore ed ora se mi arriva una digitalizzazione da espletare siamo nella “merda” perché è una macchina non funzionante. Considera che è già due volte che gli rifaccio l’alimentatore. E’ avanti che lo rifaccio per la terza! Per fortuna che le testine digitali di queste macchine, se tenute bene, sono praticamente eterne e non si consumano perché il punto di contatto con il nastro è in ferrite. Nell’analogico, il nastro, sfregando contro le teste in alluminio, consuma velocemente tutta l’area di contatto e a fine vita devi sostituirle insieme a tutto il gruppo che ti costa tra le 5.000 e 15.000 euro. Qui abbiamo un armadio dove puoi vedere dei gruppi teste intercambiabili di formati diversi. Osserva. Questo è il gruppo di una 24 piste 2” A80 VU.
Abbiamo la cancellazione, la registrazione, il play ed rullo tranquillizzatore. E poi il gruppo formato 16 tracce su 2”. Sotto ci sono tutti gli altri formati. A secondo del gruppo che monti usufruisci del formato di tracce legate all’altezza del nastro. Questo è un pollice (1”), quattro piste su un pollice, un formato mitico, quello usato dai Beatles ad Abbey Road con la Studer J37 a tubi termoionici. Sempre ad 1” ci troviamo di fianco un gruppo ad 8 tracce e poi il mezzo pollice (1/2”) con le 4 tracce ed la mitica testa stereo a 2 tracce per i veri missaggi analogici! Quel gruppo strano serve per il cutting del vinile, viene montato su una Studer A80 in versione solo riproduzione (la record è inutile) ed al posto della testa di record monta una testa play per fare l’anticipo del segnale usato dal passo variabile del tornio, indispensabile. E’ una testina di play con al seguito la sua elettronica. Al tornio arriva subito il segnale audio che determina il passo variabile, poi c’è la perdita di tempo dell’ anello in funzione della velocità di rotazione del piatto e successivamente c’è la vera testina di play, quella che legge il segnale che va a tagliare. Il passo è in funzione del contenuto spettrale delle basse frequenze”.


Insomma un patrimonio che va preservato ma anche un grande potenziale?

“Già! Tutto questo fa parte della collezione di Transcriptor. Macchine che ho usato in 45 anni di lavoro, per fare produzione, soprattutto negli anni 80, negli anni 90 ecc.., poi un bel giorno arriva qualcuno dicendomi “Esa … ti ricordi quel lavoro che abbiamo fatto insieme tanto tempo fa, adesso con questi personal computer c’è la possibilità di digitalizzare? quella roba che avevamo fatto, multitraccia, non c’è modo di spostarla su Pro Tools così poi abbiamo la possibilità di…Certo che c’è, ma ci vuole la macchina! I nastri ce li abbiamo, sì, c’è un archivio pieno di nastri, guarda quanti nastri che ci sono, ecco. Allora, facciamo una cosa, tu mi porti i nastri, io ho le macchine, facciamo la digitalizzazione, e tu sei contento. “Cazzo”, bello, quanto costa? Ci mettiamo d’accordo?” E’ partito tutto da lì. Amicizie, conoscenze … uno che tira l’altro. E’ dal 2000 che qui girano gli archivi Warner, Universal, Sony, EMI, Sugar, Clan Celentano, tutto, tutto, in 24 anni sono passate tutte le registrazioni importanti, archivi, collezioni, aprendo ovviamente nuovi capitoli, nuovi orizzonti, perché riesumando vecchi master analogici, tu digitalizzi con un’altissima qualità per poi remixare utilizzando le attuali tecnologie digitali. Una figata! Si apre cosi per gli autori, gli editorie le case discografiche, un mondo totalmente nuovo, dove si ricomincia a fare bottega. Ne beneficia tutta la filiera, remixando nuovamente, si fa produzione, post produzione, mastering, una operazione che ti permette di andare poi nuovamente verso cose molto interessanti. Oggi, di aziende come la mia, cosi strutturata, in Italia, forse, ce ne sono due, in Europa più o meno in ugual misura, di studi così nel mondo ce ne sono pochi. Questo alimenta anche il lavoro con artisti stranieri. Abbiamo passato i Rolling Stones due settimane fa, tanto per dirti, dei nastri del ’63-’64, su questa macchina A80 ad 8 piste. Il materiale straniero arriva, ma si lavora soprattutto con il catalogo italiano. L’anno scorso ho terminato la digitalizzazione di tutta la discografia stereo e multitraccia di Ennio Morricone, un lavoro immenso, l’ho realizzato in un anno e mezzo utilizzando un convertitore A/D che costa come un monolocale (Horus Merging Technology). Sono delle registrazioni fantastiche eseguite con musicisti pazzeschi … un sogno!”.

Esau, ci parli della trascrizione?
Eheheh! La trascrizione è una missione che richiede pazienza, molta competenza e soprattutto passione! Guardandola dall’alto, nel suo complesso, questa operatività assume una forte valenza storica… hai sottomano l’arte musicale sviluppata in 70 anni… con lei hai il potere della divulgazione, l’ascolto, il viaggio e soprattutto l’emozione. Il segreto di una buona trascrizione parte da una ottima archiviazione dove le caratteristiche ambientali sono importantissime. Con i supporti magnetici è molto facile sbagliare e fare dei danni incommensurabili. Il nastro originale deve essere conservato ad una certa temperatura ed umidità relativa, la luce della stanza è importante, i nastri vanno sbobinati almeno una volta all’anno. Le variazioni di temperatura creano delle serie problematiche sulle spire, c’è tutta una cultura dietro che è clamorosa. Ci sono diversi casi in cui i supporti di partenza sono critici. Succede di tutto, sono arrivati nastri che sono finiti in acqua, nastri che sono affetti da funghi, da muffe. Poi si parla di restauro, una nicchia molto interessante, soprattutto economicamente, perché qui veramente non si bada a spese. Chi ha un “lingotto d’oro” in casa, sa di averlo, ma disturba osservarlo dietro una cripta di vetro senza poterlo toccare. Sai quanti “lingotti d’oro” si nascondono in un archivio storico di nastri magnetici? centinaia, migliaia…! Qui arrivano i proprietari delle registrazione che mi chiedono come fare per ascoltare i contenuti dei nastri dove spesso non ci sono neanche scritti i titoli sulla custodia. La risposta è sempre quella: si restaura e poi si può ascoltare. Prima dell’ascolto è necessario fare una serie di valutazioni, ispezioni visive, sbobinature e spesso bisogna fare il trattamento termico. Lo Sticy, per gli amici ehehe, è una tragedia dove il nastro, dopo aver fatto due metri, sporcando tutto, si blocca, si danneggia e ti consuma le teste della macchina. Bisogna stare molto attenti, bisogna seguire una certa filiera sull’operatività e qui oramai non c’è più nessuno che vuol fare questo mestiere!”.

Competenze e personale da formare quindi?
“Sono necessarie persone ma oggi non c’è nessuno all’altezza. Il problema è che non ci sono giovani preparati e affidabili. Bisognerebbe istituire dei corsi, delle strutture divulgative che insegnano alle nuove generazioni queste tipologie di macchine. Un giovane, oggi, alimentato da una sana curiosità ed il fuoco sacro, deve fare delle esperienze maturando un giusto ritorno economico. Ti dico una cosa… Analizzando i classici settori dell’industria musicale legati alla produzione musicale, post-produzione e mastering, vedrai che rispetto ad un glorioso passato i proventi economici sono miseramente crollati. Oggi c’è un sacco di concorrenza, molta tecnologia informatica a disposizione di tutti e soprattutto la musica prodotta non porta a casa numeri importanti. Risultato … un settore estremamente impoverito. Si lotta sulle decine di euro… Contrariamente e stranamente qui nella digitalizzazione c’è grande disponibilità economica, no stress e discreta soddisfazione! Malgrado tutto però c’è carenza di personale. Insomma, a me mi interessa trovare delle persone giovani che hanno voglia di entrare in questo settore. In Transcriptor ci si da da fare! C’è tutta una serie di pezzi di ricambio in giro per il mondo, bisogna appropriarsene. Senza un laboratorio la sala macchine non ha senso. Un nastro non è che lo prendi e lo metti sulla macchina e vai, no. Deve essere allineato. Devi capire il periodo storico, qual è la tipologia del nastro, come siamo messi con le frequenze, come siamo messi con i livelli, come siamo messi col bias, e lo sticky?, come siamo messi con, con, con. Allora parti ad allineare la macchina per quella tipologia di nastri che hai sotto mano ed ogni volta in una maniera specifica. Predisporre la riduzione del rumore di fondo, le tarature con il nastro campione, importantissimo questo, sennò il risultato non ce l’hai. Devi studiare, devi avere una cultura e non puoi sbagliare perché se ti arriva il nastro originale “Volare” di Modugno dove ti danno 20.000 euro per la digitalizzazione devi essere pronto. Solitamente nessuno lo vuole fare perché nessuno si vuole prendere questa responsabilità dove la macchina deve essere perfetta perché se strappa il nastro, tu è meglio che prendi il primo aereo per l’Argentina e non ti fai più vedere. Inoltre sei rovinato perché tutti diranno che tu hai distrutto il master originale di Modugno,“Volare” del 1958. Ma se tutto va bene, ha funzionato ed è tutto ok e poi incassi 20.000 euro per un brano, sei sicuramente felice e puoi pensare di reinvestire in nuove macchine! Capisci il concetto? Un po’ come quando sono andati da qualcuno a dire “devi mixare Thriller di Michael Jackson in surround 5.1”, ecco … questi sono i nastri originali … e il tipo che risponde “no … voi siete pazzi, eheheh! I nastri analogici non voglio neanche che entrino nel mio studio, voi fate una copia su digitale 3348 ed io faccio quello che volete. Ma di lavorare sui nastri originali di Bruce Swedien, “cazzo” di Michael Jackson, prodotti da Quincy Jones, proprio non ne voglio assolutamente sapere”. Aveva ragione … sapeva che i nastri analogici più girano e più si deteriorano. Sarebbe diventato, davanti al mondo, un distruttore! Discorsi veramente incredibili. E qui abbiamo un po’ divagato eheheh!”.

Racconti affascinanti, sconosciuti credo per tanti, per i giovani sicuramente un’opportunità ora per farsi un’idea su queste opportunità?
“Entriamo in un discorso abbastanza complesso. Pensando a come si faceva la musica, come si intendeva la musica venti, trent’anni fa, ecco, qui in Transcriptor c’è ancora la musica, c’è ancora una metodologia, c’è ancora un rispetto, ecco, c’è il rispetto, per quello che succede e per quello che passa attraverso queste macchine. Vedi … penso che per un giovane possa essere molto interessante ed istruttivo. Un ragazzo deve inizialmente studiare per due o tre anni, ma al di là dello studio, in questo caso teorico, saranno proprio queste macchine a formarti con la pratica giornaliera, con la responsabilità verso ciò che stai manipolando. Qui da noi devi essere in gamba sulla circuitazione analogica/digitale specificatamente legata alle tape machine. Per esempio, non è solo un problema di elettronica, è anche un problema di chimica, perché un nastro magnetico non è elettronica, è chimica. Ci sono problemi di meccanica, chimica e tutto insieme, è tutto coordinato. Un resistore, un integrato, circuiti di amplificazione, motori e cuscinetti, lubrificazione… C’è anche da saldare, assolutamente sì. Generatore, oscilloscopio, voltmetro, distorsione armonica, THD”.

La tua attività si divide tra Italia e Svizzera, ci puoi raccontare qualcosa di più e se ci sono differenze?
“Lassù è bellissimo, c’è tutta la mia roba vecchia, io avevo degli studi pazzeschi qui a Milano in via Borsieri che poi ho spostato in Svizzera. Ho dei freelance che ci lavorano. In Svizzera una pizza e birra costano 50 franchi, vai a mangiare una costata con le patatine e una bottiglia di rosso, ci lasci giù 200 franchi, un albergo costa 300 franchi a notte. Ci sono passato non è pensabile portare delle produzioni in Svizzera dall’Italia, qui siamo poveri, quei poveri che ti chiedono di fare produzione a 200 euro al giorno! Negli anni ’80, quando facevo il freelance mi davano 800 mila lire al giorno e in alcuni casi sono arrivato a prendere anche un milione di lire come “meccanico” del suono. Prova a chiedere oggi 1000 euro per registrare o mixare un album, non te li dà nessuno, oggi ti offrono 200 euro ed è già tanto per mixare un brano! Di fatto questo ha portato alla catastrofe nel settore di produzione dove ci sono tutti questi ragazzi che con un Mac Book Pro, plug-in e la scheda audio, in bagno, in camera da letto, di notte in spiaggia, fanno quello che possono, ovviamente tutti belli, tatuati e super veloci. Qui allo Spazio Zenith, in Italia, ho una bella regia che uso per valutare la digitalizzazione, inoltre nei tempi “morti” mixo e produco audio per cinema, istallazioni, eventi live, audio immersivo usando software molto sofisticato che arriva dai francesi dell’Ircam… dove il Dolby Atmos è un catenaccio ormai superato. Considera che questa roba qua è pagata molto bene, perché se fai uno stand per D & G, per Versace o per Armani, ti porti a casa grandi soddisfazione e molto denaro! Concludendo e monito per i giovani, senza soldi il povero non ha mai potuto lavorare bene, c’è tutta una bella visione del mondo che sta veramente cambiando, dove purtroppo ci sono i furbi e tutta la restante categoria”.

Considerazioni sul mondo della musica di oggi? Quale è la visione di un professionista che ne ha viste tante ed ha una visione globale del settore?
“Esistono due categorie di “Musica”. La musica con la “M” Maiuscola e quella con la “m” minuscola. La Musica con la “M” Maiuscola sta lassù in alto, non gli frega un cazzo, qualsiasi cosa succede sta sempre lassù in alto ed è sempre al top. La musica con la “m” minuscola non è mai stata in grado di difendersi. Noi solitamente viviamo professionalmente immersi nella musica con la “m” minuscola, quella che non è in grado di difendersi, quella che non fa rete, non fa squadra, dove tutti sono individualisti, dove uno pensa di essere il numero uno, il migliore! Oggi tutti vogliono fare la modella, no? Vogliono fare il produttore, vogliono fare il musicista… tutti vogliono cantare con l’auto-tune! Sono tutti artisti! La verità è che sono tutti poveri in canna con il computer portatile e il software craccato, con il fiato sul collo ogni giorno e una gran voglia di protagonismo. Questi personaggi diventano inevitabilmente carne da macello per tutti i furbi del settore che conoscono la nobile arte dello sfruttamento! Radio, televisione, social networks, festival, concorsi e via dicendo… ci si ritrova in un attimo ad essere paillettes sulle tette della pubblicità. E attenzione, vogliamo fare i conti con la musica liquida? li dove per le Major conta solo la quantità dei rendiconto rispetto la qualità musicale? beh!… entriamo in un discorso abbastanza complesso dove l’aspetto artistico oggi lascia un po’ a desiderare. Questo complicato approccio arricchisce la solita manica di furbi che abilmente se ne approfitta e porta a casa ritorni economici da capogiro, questo è un qualcosa che bisognerà veramente spiegare. Bisognerà spiegare perché la RAI ogni anno, nel mese di febbraio, sfruttando la musica minuscola, fattura 50 milioni di euro in pubblicità distribuendo ricchezza ai partner e ritornando, alla musica minuscola, solo 1 milione di euro come rimborso spese. Dopotutto dice il detto “se la musica non hai, il festival di Saremo non farai”. Ci sarebbe tanto da dire su queste cose. Con questo messaggio concludo! Grazie per questo momento di riflessione… ancora e a presto!”.

Grazie infinite a te Esau per il tuo tempo e la passione che ci hai trasmesso con ogni tua parola. Con te la Storia della Musica è in buone mani.