Oh mother, are there horses on the moon? – Il decennale del debut omonimo degli Avatarium

Il 01/11/2023, di .

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Oh mother, are there horses on the moon? – Il decennale del debut omonimo degli Avatarium

Siamo nel 2013, l’anno ufficiale di nascita degli Avatarium, subito fuori con l’EP ‘Moonhorse’ e con l’incredibile primo album di cui parliamo in questo articolo. Tuttavia, per inquadrare al meglio il cosiddetto background relativo al debutto sulla lunga distanza del quintetto, un piccolo passo indietro farà al caso nostro. Verso la fine degli anni 2000 i Candlemass sembrano proprio vivere una nuova età dell’oro, dal punto di vista artistico: l’arrivo di Robert Lowe a sostituire Messiah Marcolin aveva prodotto un primo album un po’ più “ostico” e sulfureo rispetto agli standard fissati dall’omonimo di un paio di anni prima, ma la pupbblicazione di ‘Death Magic Doom’ metterà sul piatto quello che è uno dei migliori dischi degli storici doomsters svedesi. Ad esso seguirà un bel disco dal vivo del calibro di ‘Ashes to Ashes’, nonché quel diamante grezzo che è ‘Psalms For The Dead’, che scherzosamente continuo tuttora a definire “l’ultimo album dei Candlemass”. Poi, il silenzio: Lowe è fuori dalla band per non meglio specificati motivi legati alla qualità delle sue performance live e la band accoglie dietro il microfono il sempiterno collaboratore Mats Levén, prima come session man, poi in pianta stabile, salvo poi riaccogliere tra le proprie braccia il figliol prodigo Johan Längqvist. In questo periodo di iato durato grosso modo un settennio, Leif Edling metterà mano a tutta una serie di progetti dando fuoco alle polveri della sua creatività che in genere venivano e vengono convogliate nella cosiddetta “band madre”, ed ecco venire fuori nomi come The Doomsday Kingdom e soprattutto Avatarium. Mancavano solo gli Abstrakt Algebra da riesumare, ma questa è un’altra storia!
Il quintetto di nuova formazione dal nome Avatarium gira sulle prime sostanzialmente attorno all’abilità compositiva del succitato bassista che ne è mastermind indiscusso, ma anche attorno all’abilità espressiva ed esecutiva della cantante Jennie-Ann Smith e del chitarrista Marcus Jidell. Un’alchimia che darà vita a un’eccezionale miscela di doom metal di fattura europea e suggestioni bucoliche che vanno dal folk al prog più legato alla forma canzone, per poi sconfinare in chiari richiami a quella tradizione di stampo Purple/Rainbow tanto cara alla sei corde di Jidell.
In questo senso è materialmente possibile tracciare una linea di demarcazione tra gli Avatarium “guidati” da Edling (anche se Anders Iwers sostituirà presto il leader nelle performance dal vivo, a causa di vari problemi di salute di quest’ultimo) e quelli in cui la coppia Smith/Jidell resterà da sola al timone del progetto: qui siamo nel pieno del fervore artistico dell’alchimia “a tre” di cui sopra, con il lisergico riff di ordinanza che apre ‘Moonhorse’ che viene immediatamente diluito in un passaggio degno dei cantori della brughiera britannica, in cui la singer tocca davvero le corde dei recessi più profondi, mitigando con una linea vocale sognante ed evocativa pregna quell’oscurità tipicamente scandinava. Mi spingerei a dire che il mondo del doom non sarebbe stato più lo stesso, e dalla mia avrei i dischi successivi a confermare il postulato, se non fosse che la definizione stessa di “doom” sta stretta agli svedesi, nonostante ne padroneggino alla perfezione (e vorrei ben vedere!) gli elementi costitutivi. Nel disco si passa infatti dalle insospettabili timbriche oscure e apocalittiche di ‘Pandoras Egg’ al doom propriamente detto della title track, che riprende i dettami della succitata “band madre” con in più la vena progressive apportata dal chitarrista Marcus Jidell (Evergrey, Royal Hunt) e le ritmiche precise e quadrate di Lars Sköld, l’uomo che dava il tempo ai dischi dei Tiamat sin da ‘A Deeper Kind of Slumber’. Passando attraverso la blackmoriana ‘Boneflower’ siamo già su vette artistiche di un certo livello, se non che è il trittico successivo ad aprire la gamma completa di orizzonti che ci attenderanno nel viaggio artistico degli Avatarium: la potenziale hit nera ‘Bird Of Prey’, la psycho/sabbathiana ‘Tides Of Telepathy’ – il cui testo è a metà tra il fantastico ottocentesco e la distopia moderna con un tocco della maestria scrittoria di Geezer Butler – e le coordinate celtiche tout court di ‘Lady In The Lamp’, ben retta dalle tastiere di Carl Westholm e impreziosita da inserti chitarristici degni della migliore scuola Rainbow. Collocato a fine tracklist, il pezzo sarà il primo di una serie di elegie collocate a chiusura a cui la band ci abituerà negli anni a venire, costituendo sicuramente un punto di raccordo ma anche la testimonianza di una già sviluppata maturità compositiva e “concettuale” da parte della band.
Personalmente, ‘Avatarium’ fu uno dei dischi del 2013; vale ancora di più la pena di riscoprirlo ora, per rivisitare le radici di un gruppo che continua a costituire un punto fermo artistico nel panorama musicale di questi anni.

Hammer Fact:
– EP, che passione! Non solo ‘Avatarium’ era stato preceduto dal maxi singolo ‘Moonhorse’ (che conteneva tra le altre una strambissima cover acustica di ‘War Pigs’!), ma sarebbe stato seguito l’anno dopo da ‘All I Want’, un EP costituito da due inediti ma anche da graditi inserti dal vivo che daranno un’idea ancora più vivida dell’approccio esecutivo degli Avatarium. Ne è esempio l’improvvisazione chitarristica di Jidell su ‘Tides Of Telepathy’, che non mancherà di citare ‘All Along The Watchtower’ in un delirio di wah, psichedelia, hard rock e doom che ne fa uno dei chitarristi più interessanti degli ultimi anni.
– Nonostante una carriera prolifica e una discografia ragguardevole, le setlist dal vivo degli Avatarium hanno conservato fino a oggi almeno due pezzi dal presente debutto: parliamo sia della title track che dà il nome al gruppo che fa bella mostra di sé sul live ‘An Evening with Avatarium’ che dell’elegiaca ‘Moonhorse’, collocata in chiusura anche della prima data italiana in assoluto – di spalla agli Swallow The Sun, nel 2023 – in cui il pubblico si è ritrovato finalmente a decantare insieme a una Jennie-Ann Smith munita di chitarra acustica le gesta dei cavalli sulla Luna, delle tigri nel mare e dei pesci sugli alberi, a dieci anni dall’uscita questo eccezionale album di debutto.

Line-Up:
Jennie-Ann Smith: vocals
Marcus Jidell: guitars
Leif Edling: bass
Lars Sköld: drums
Carl Westholm: keyboard

Tracklist:
01. Moonhorse
02. Pandoras Egg
03. Avatarium
04. Boneflower
05. Bird Of Prey
06. Tides Of Telepathy
07. Lady In The Lamp

Ascolta il disco su Spotify

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