Metallica, l’anteprima di ’72 Seasons’

Il 07/04/2023, di .

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Metallica, l’anteprima di ’72 Seasons’

È ormai scattato il conto alla rovescia che porterà, tra una settimana esatta, all’uscita di ’72 Seasons’, l’attesissimo nuovo album dei Metallica che sarà pubblicato su Blackened Recordings/Capitol Records appunto il 14 aprile, dopo lo specialissimo listening party della sera prima, quando sarà possibile ascoltare il nuovo album, integralmente e in anteprima assoluta, nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, Italia compresa. Come è giusto che sia, l’attesa si è fatta spasmodica, tra fans della vecchia guardia e nuovi adepti, e la stessa redazione di Metal Hammer Italia si è ritrovata in prima linea nel fronteggiare ogni curiosità relativa all’imminentissimo ’72 Seasons’, e del quale oggi in anteprima può raccontare vizi e virtù grazie alla gentile disponibilità di Universal Italia che ci ha ospitato nei suoi uffici per un’imperdibile listening session dell’album. Un ascolto completo, affrontando il dodicesimo disco a firma Metallica nella sua interezza, ma anche e soprattutto dando spazio a tutte quelle emozioni che un singolo ascolto può trasmettere, e prestando voce a tutto ciò che, a caldo, l’immediatezza può far scaturire. Questo è quanto il mio inseparabile taccuino ha riportato, dallo speciale appuntamento con le dodici canzoni che compongono ’72 Seasons’, scorrendo la tracklist in ordine cronologico…

 

72 SEASONS

La più recente delle quattro anteprime fin qui uscite, e la prima ad inaugurare questo mastodontico album a firma Metallica, la title-track è già un po’ che gira nelle nostre orecchie, con il suo ritornello catchy e la sua andatura “thrashettona” che tanto piace e conquista, anche se per il four-piece è più un fattore estemporaneo che una necessità di fondo. Eppure, quando i Nostri decidono di scuotere le fondamenta, lanciandosi in una cavalcata che più classica non si può, dimostrano di dare ancora la paga a tutti. Con tutta quell’esperienza che solo i grandi possono avere.

 

SHADOWS FOLLOW

Nervosa e dinamica in avvio, con una ritmica che strada facendo si alleggerisce e si fa sinuosa, giocando su un chorus dissonante e sfumato che a dire il vero un po’ spiazza, cercando forse di salvare le sorti di ‘Shadows Follow’: la quale si presenta bene, promette, ma non mantiene. Nella parte finale affidata all’estro di Kirk Hammett, il quale affianca un James Hetfield in certi passaggi memore di vecchia gloria, seppur in una canzone a mio avviso interlocutoria e indicativa di ciò che sarà l’album nella sua interezza.

 

SCREAMING SUICIDE

Anche questo un brano che ha giocato d’anticipo, uscito in rete già da tempo e che, come avviene spesso nel caso dei Metallica, ha diviso in maniera abbastanza netta la loro fan base, tra irriducibili detrattori e coloro che al quartetto di Frisco perdonano invece un po’ tutto; va detto che, pur non essendo niente di trascendentale, ‘Screaming Suicide’ è un gran bel pezzo, tracotante come solo loro sanno fare, solido e rabbioso, con dentro parecchie delle loro influenze storiche, i giri classici della NWOBHM pulsano fieramente tutti, un godimento ripassarseli in rassegna mentre James sbuffa e ringhia, e i riff tuonano e gonfiano un brano tra i più riusciti del lotto, che specie dal vivo non farà prigionieri.

 

SLEEPWALK MY LIFE AWAY

È un grande lavoro di basso quello che introduce una delle canzoni forse più curiose, sia per il tema in sé che per la struttura e l’arrangiamento, costruita su un singing cantilenante e un imprinting progressive; architrave di una canzone che, partita benissimo, finisce però annaspando, soprattutto per uscire da un lungo minutaggio che, in tal caso, si rivela essere arma a doppio taglio. Infine girata al sempiterno Kirk che, lucidata la sua puntigliosa pedaliera, sfodera la giusta dose di wah-wah e quanto gli è possibile per rianimare un brano che altrimenti pare destinato all’oblio, nonostante James ci provi almeno a mettere qua e là una pezza.

 

YOU MUST BURN!

Dato il suo titolo, ci si aspetta forse un assalto all’arma bianca, ma invece non sarà così, anzi, la stanca sembra prendere subito il sopravvento, in un brano che zoppica abbastanza. Il quale, scorrendo le liriche, si legge che dovrebbe trattare di Santa Inquisizione e di tutte le nefandezze perpetrate dalla Chiesa nei confronti di streghe o presunte tali, puntualmente e implacabilmente mandate al rogo. I Metallica scelgono di approcciarsi al pericoloso, ostico mondo del doom metal, specie nel break centrale dove il cantato si fa lugubre e la chitarra vira su tonalità sinistre e cupe, ma più che un brano vero e proprio ‘You Must Burn!’ appare quasi essere una jam session improvvisata che, per quanto studiata egregiamente, non possiede nulla della cara e tanto apprezzata “forma canzone” alla quale siamo abituati. Brano da approfondire senz’altro, ma che di primo acchito lascia ben poco, più che di un rogo importante, qui trattasi di un fuoco di paglia…

 

LUX AETERNA

Un brano straripante, che quasi acceca tanto sono forti i bagliori di un passato che, volenti o nolenti, ha fatto storia e che giustamente reclama dazio, ogni qualvolta che i Metallica scendono in campo, con un occhio di riguardo verso i padrini di un tempo (Diamond Head su tutti). Flashback taglienti e un Hetfield incalzante e fremente, a rivendicare diritti sacri e inviolabili, sulla scorta di un pezzo che galvanizzò un po’ tutti quando uscì sul finire dello scorso anno. E non poteva essere altrimenti.

 

CROWN OF BARBED WIRE

Lars Ulrich e Robert Trujillo partono frementi e coesi, in un brano che presenta un pattern ritmico sostanzioso e intricato il giusto, forse troppo, se è vero che Hetfield sembra però perdere la bussola non appena ‘Crown Of Barbed Wire’ entra nel vivo e lascia subito intendere un senso di incompiuto, su quel che poteva essere e che alla fine non sarà. Brillanti nella fase iniziale, i Metallica si perdono nel voler forse strafare e senza aver bene in mente come evolvere un brano che, da promettente qual era, si è trasformato letteralmente. Rivelandosi scarno, spoglio, sia nelle motivazioni che musicalmente parlando. Una disamina che suonerà forse paradossale, probabilmente spietata, ma questo pare essere un po’ il destino per il quartetto californiano, il quale ha imbastito un album tanto ambizioso quanto esposto a rischi.

 

CHASING LIGHT

‘There’s no light’, urla James non appena scatta uno dei brani che si rivelerà invece tra gli highlight dell’album, forse perfetto per inquadrare questa nuova dimensione stilistica affrontata dai Metallica, i quali, in maniera sfrontata e decisa, tirano su un autentico muro sonoro, che cresce giro dopo giro, mattone dopo mattone… Con Hetfield primattore assoluto, a squarciare l’apparente calma e ottimamente supportato sia dalla sezione ritmica che dalla chitarra di Hammett, la quale interagisce alla grande agitando le acque soprattutto sul finire del brano, quando pensi, erroneamente, di poter tirare il fiato. I quattro statunitensi sono esperti in brani lunghi ed intricati, non facili da assorbire, spesso non così immediati, eppure con ‘Chasing Light’ fanno centro. Al primo colpo.

 

IF DARKNESS HAD A SON

Mid-time che ha dalla sua impeto e passionalità, con cantato virulento e un groviglio di riff che, specie nella parte centrale, fa decisamente la differenza, il tutto sorretto da un impenetrabile blocco ritmico, ‘If Darkness Had A Son’ è tra quei pezzi che hanno felicemente anticipato la particolarità di un album qual è ’72 Seasons’, massiccio nei suoni ed isterico negli umori.

 

TOO FAR GONE?

Siamo al terzultimo atto e forse la tensione giusta inizia a scemare, fatto sta che nonostante i suoi “soli” quattro minuti e mezzo ‘Too Far Gone?’ non convince poi granché; James è bravo ad indicar la rotta, petto in fuori e timbrica ruggente e stentorea, ma il resto della truppa non pare seguirlo fedelmente, eccezion fatta per un Lars Ulrich in vena di sorprese. Canzone che non rende il giusto, spesso prova a prendere velocità, ma finisce per girarsi su sé stessa, incasinandosi non poco, tanto per ribadire la natura altalenante di ’72 Seasons’.

 

ROOM OF MIRRORS

Che i Metallica siano da tempo un altro gruppo, si sa, abilissimi a maneggiare sonorità anche fuori contesto, ma che gli derivano da una grande maturità, e non solo artistica, ragion per cui, sullo sprint finale, piazzano una meraviglia di brano qual è ‘Room Of Mirrors’. Dal ritmo marziale, con un sottofondo thrashy ricco di antico passato, ma che esplode in una vena più progressiva e pulsante, riscaldata dal cantato di Hetfield, avvolgente e suggestivo, nell’approfondire il tema della sanità mentale, sferzando le coscienze e puntando il dito contro il sistema.

 

INAMORATA

Mai ci saremmo aspettati di recensire un pezzo intitolato ‘Inamorata’, ancora meno che arrivasse dai Metallica, ma quello che forse sorprende ancor più è che trattasi di una mega suite di quelle super avvincenti, come spesso il four-piece ci ha regalato, solo che strutturalmente scomoda incroci improbabili ma di grande intensità, per di più suonati con veemenza e sentimento! Con chitarre “sporche” che tanto profumano di sud, e il charleston di Lars che taglia e cuce i tempi, il suono di ‘Inamorata’ riempie letteralmente i cuori, per il feeling retrò che sprigiona, e che a me personalmente ha riportato alla memoria band tipo Lynyrd Skynyrd o i Grateful Dead di inizio carriera, quelli più psichedelici e lisergici. Il brano più lungo, con i suoi oltre undici minuti, ma certamente quello che ha stupito di più, in maniera netta e prorompente, e che ha sparigliato le carte nel corso della listening-session.

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