Black Sabbath, Everybody Must Get Stoned

Il 05/03/2023, di .

In: .

Black Sabbath, Everybody Must Get Stoned

John Michael Osbourne ha quindici anni ed è in carcere. Se ne sta rannicchiato in un angolo, al buio, per non farsi beccare dalle guardie mentre, con uno spillo e della grafite, si fa tatuare sulle nocche l’infamante soprannome che gli hanno affibbiato a scuola a causa della sua balbuzie: OZZY. Me lo immagino simile a Renfield, il personaggio di Dracula, chiuso in manicomio e soggiogato dal potere del vampiro, in attesa dell’arrivo in Inghilterra della nave fantasma nella cui stiva è nascosta la bara che contiene l’oscuro signore. Nel frattempo sproloquia, parla della fine del mondo, crea all’interno della propria cella una perversa catena alimentare di cui lui rappresenta l’apice.

Ma il nostro John non è pazzo. In realtà è balbuziente, dislessico, soffre di un disturbo dell’attenzione. A scuola viene bullizzato, anni dopo denuncerà addirittura una molestia sessuale subita proprio dai coetanei. Viene dal proletariato di Birmingham, la città industriale più importante delle Midlands, i suoi genitori fanno fatica ad arrivare alla fine del mese.

La scuola lo respinge, lui abbandona gli studi e vorrebbe dedicarsi alla musica, ispirato dai Beatles e affascinato dal movimento flower power, ma il padre non glielo permette. John deve lavorare, contribuire all’economia domestica, portare i soldi a casa. Mentre cerca di destreggiarsi tra diversi mestieri, tra cui quello di macellaio presso un mattatoio, Ozzy scopre le droghe. Non solo marijuana, la sweet leaf di cui tesserà le lodi in seguito, ma anche sostanze pesanti tra cui le droghe psichedeliche. Provate a immaginare il bad trip di un adolescente in difficoltà, povero, escluso dalla società, con un forte interesse per la musica e le sostanze psicotrope, costretto a lavorare in un mattatoio: sembra un film di David Lynch ispirato da un romanzo di Dickens.

Tenta anche una carriera come ladro di appartamenti ma viene colto in flagrante. Finisce in galera, dove la nostra storia è iniziata.

Una storia triste, quella di Ozzy, che però può offrirci uno spunto di riflessione su un momento significativo del XX° secolo. Il primo disco dei Black Sabbath esce nel 1970, un anno fondamentale per il rock, ma non solo. Il movimento flower power si sta esaurendo, sono passati due lunghi inverni dalla Summer of Love, Brian Jones è già morto e a breve lo seguiranno altri.

Musicalmente parlando vengono rilasciati dei capolavori, ma a guardare bene si può osservare un fenomeno particolare. Da una parte alcuni dischi, pur essendo rivoluzionari e innovativi, proseguono in modo abbastanza lineare e coerente quanto già visto nel decennio appena trascorso. Parlo di grandi album come ‘Atom Heart Mother’ dei Pink Floyd, la cui title-track rappresenta uno dei punti di arrivo delle sperimentazioni di rock orchestrale iniziate nel precedente decennio. ‘Bridge Over Troubled Water’ di Simon and Garfunkel, pezzo maestoso che è diventato uno standard della canzone. E poi ‘Led Zeppelin III’, ‘Starsailor’ di Tim Buckley, ‘Let it be’ dei Beatles

All’angolo opposto del ring abbiamo la combo ‘Black Sabbath’/’Paranoid’ dei Black Sabbath e ‘Funhouse’ di Iggy Pop and the Stooges. Questi dischi rappresentano una rottura radicale. Certo, le loro radici sono evidenti, ma il cambio di rotta lo è altrettanto. Gli anni Sessanta lasciano spazio ad un decennio differente, più oscuro, che deve fare i conti anche con i danni che la controcultura ha prodotto. Non che nella prima lista non sia presente uno spirito rabbioso o amaro: basti pensare alla struggente ‘The Long and Winding Road’ o alla furia di ‘Immigrant Song’. Ma è il sentimento alla base  degli individui dei gruppi a essere differente. Il background che forma i membri dei Pink Floyd è prettamente borghese, molto meno borderline rispetto a quello dei Black Sabbath. Syd Barrett frequentava l’istituto d’arte, Waters il politecnico. Alla stessa età Osbourne si faceva incriminare da un tribunale dopo essere stato trovato sul luogo del crimine, sepolto dal televisore troppo pesante che aveva cercato di rubare.

Nel vedere le prime esibizioni live della band ci si può anche rendere conto di quanto la stessa cultura sessantottina abbia giocato un ruolo cruciale per la band, anche a livello estetico. Ma anche in questo caso il contesto sociale gioca un ruolo fondamentale: il proletariato di Birmingham non è la borghesia londinese o americana. Ozzy non ha il fascino o il portamento di Plant, l’eleganza di McCartney o il carisma di Dylan. Sembra fregarsene o ignorare tutto questo, a tratti è ridicolo nel suo modo di muoversi e di stare sul palco. Nella creazione del suo personaggio Osbourne mette bene in mostra i demoni e i problemi che da sempre lo attanagliano, così come le proprie debolezze.

I primi Black Sabbath, dal mio punto di vista, sono una rielaborazione a tinte oscure dei movimenti di fine anni ’60, l’incubo della mente di un hippie, lo scarto di quella cultura. Lo stesso immaginario horror cui i Black Sabbath fanno riferimento ha qualcosa del misticismo in voga in quegli anni, ma anche in questo caso ne rappresenta il lato oscuro e decadente. Un esempio: ‘War Pigs’ è una canzone ben inserita nel contesto socio-politico di quegli anni (in fin dei conti si tratta di una canzone di protesta contro la Guerra del Vietnam) ma credo sia l’unica a contenere la descrizione dell’Apocalisse e di Satana, pronto ad accoglierci tra le sue ali.

Per concludere, uno sguardo sul presente. I Black Sabbath sono stati uno dei gruppi più rilevanti del XX° secolo, capaci di influenzare generazioni di musicisti. Per non parlare dei sotto-generi musicali nati proprio dal tentativo di rendere ancora più scuro, pesante e malvagio il suono blues di Osbourne e soci. Lo stoner e il doom sono variazioni sul tema che ormai hanno vita e dignità propria, ma che nei fatti aggiungono poco a quanto detto nei primi due dischi dei Sabbath.

Il fatto che questa musica sia ancora attuale deve anche far riflettere. Credo che si ascolti ciò in cui ci si riconosce, ciò che si sente affine a sé. Sono convinto che siano ancora molte le persone che soffrono per le stesse ragioni di Ozzy. Il consumismo, il capitalismo e tutte le altre barbarie della contemporaneità ci allontanano dal raggiungimento di una vera inclusione, che corrisponde anche a eguaglianza di possibilità e rispetto delle differenze.

Quante, tra le persone che soffrono nelle periferie, diventano poi rockstar? Quanti altri Ozzy ci siamo persi per strada?

Leggi di più su: Black Sabbath.