‘Thunder And Lightning’ – fulmini e saette per l’uscita di scena dei leggendari Thin Lizzy
Il 04/03/2023, di Francesco Faniello.
In: The Birthday Party.
Chi conosce i Thin Lizzy sa bene che la loro è una storia di occasioni mancate a fronte di potenzialità enormi, a tutt’oggi riconosciute. Tra i responsabili del concetto di “coppia di chitarre” che tanto influenzerà i campioni della NWOBHM, la loro estetica non si riduce però solo a questo: parlare dei Thin Lizzy è un po’ come parlare di Phil Lynott, l’eroe maledetto a capo della masnada, il tenebroso poeta che fece dell’autodistruzione uno stile di vita, come tanti prima e dopo di lui, ma senza per questo essere uno dei tanti.
Personalmente, considero ‘Jailbreak’ e ‘Black Rose’ i loro episodi più significativi, ma negare l’importanza di ‘Thunder And Lightning’ nella loro discografia denoterebbe una miopia da puristi oltranzisti che non è propria di questi lidi… se il primo dei classici da me citati vedeva l’apice della formula angloamericana coniata dalla coppia Robertson/Gorham, mentre il secondo beneficiava dell’apporto di Gary Moore accanto a Gorham per un lavoro fortemente radicato nella tradizione irlandese, la formazione di ‘Thunder And Lightning’ schiera alla chitarra quello che si definisce in gergo un vero e proprio “game-changer”, John Sykes. Proveniente dai Tygers Of Pan Tang, il riccioluto chitarrista che ritroveremo di lì a poco alla corte di David Coverdale arrivò a registrare il disco a giochi praticamente già fatti sul fronte compositivo, non mancando però di cofirmarne uno dei pezzi più rappresentativi, ‘Cold Sweat’, nonché ovviamente di marchiare a fuoco la tracklist con il suo stile funambolico che catapultava l’allora quintetto direttamente sul palco d’onore degli anni ’80.
Il risultato sono nove tracce che rappresentano il perfetto canto del cigno per uno dei progetti più originali nati negli anni ’70 ma dal sound ben piantato nell’allora contemporaneità, con la title track collocata in apertura che onora la tradizione delle grandi opener di matrice hard’n’heavy e vede Gorham, Wharton e Sykes sfidarsi a colpi di assoli al fulmicotone. A fare il paio sono altre rasoiate incluse nel live di successiva pubblicazione ‘Life’, come ‘The Holy War’, la già citata ‘Cold Sweat’ e ‘Baby Please Don’t Go’, dominata dalle tastiere di Darren Wharton; tuttavia, l’eclettismo di Lynott e soci emerge nella maniera più inequivocabile nelle sfrontate ‘This is the One’ e ‘Someday She is Going to Hit Back’, su cui sembra di sentire i Demon più melodici, sempre e comunque con l’insostituibile timbrica del riccioluto leader, spalleggiate dalle ritmiche distintive di Downey. La vera gemma del disco è però probabilmente ‘The Sun Goes Down’, la classica colonna sonora di un tramonto da motorway americana, sulla falsariga di ‘Renegade’ ma con un tocco ancora più evocativo. Reesta l’amaro in bocca per quanto questa formazione stellare avrebbe potuto ancora regalarci, se Phil Lynott non avesse deciso da tempo che l’esperienza era conclusa; e resta ovviamente la tristezza per la scomparsa prematura (tre anni dopo) di un leader così carismatico e così vittima delle proprie pulsioni autodistruttive: come scrisse qualcuno, non tutti hanno la fortuna di incontrare una Sharon Arden sul proprio cammino…
Hammer Fact:
– Nell’immaginario collettivo dell’hard’n’heavy, anche ‘Thunder And Lightning’ rappresenta una di quelle pietre miliari da saccheggiare quando si tratta di pensare a una cover. Lo hanno fatto una decina d’anni dopo i nostri Raw Power con ‘The Holy War’ su ‘Too Tough To Burn’ (scelta davvero inusuale!) e lo hanno fatto persino i Megadeth sul loro ‘Super Collider’ con ‘Cold Sweat’ che – prevedibilmente – è a mani basse la traccia migliore di quel disco di Mustaine e soci…
– Un discorso a parte merita l’astro nascente di John Sykes: dopo un passaggio nelle cenerentole del quadrilatero NWOBHM Tygers Of Pan Tang e dopo la consacrazione su ‘Thunder And Lightning’, Coverdale gli fece spudoratamente il filo (artisticamente parlando) quando Whitesnake e Thin Lizzy si incrociarono in tour, scatenando le ire di un già insofferente Micky Moody. Allorquando l’ex Deep Purple redarguì il suo storico chitarrista dicendogli qualcosa tipo “non osare mai più dare le spalle al pubblico in quel modo”, il baffuto Moody gli rispose da sotto la tesa del cappello “perché non prendi lui?” indicando il riccioluto virtuoso britannico che di lì a poco si sarebbe trovato senza band. Sembrava il connubio perfetto: lo stile di Sykes era quello che ci voleva affinché il Serpente Bianco sfondasse (finalmente) in America con la nuova versione di ‘Slide It In’ e soprattutto con il multiplatino ‘Whitesnake’ che però vedrà lui e il resto della formazione fuori dalla band ancor prima della pubblicazione e del successivo fortunatissimo tour. Poi arriveranno i Blue Murder con Tony Franklin e Carmine Appice, una carriera solista sempre più lontano dai riflettori e il primissimo tour celebrativo dei Thin Lizzy che lo vedrà alla voce assieme ad altri componenti storici della band, prima ancora dell’arrivo di Rick Warwick. Ma questa – come si suol dire – è un’altra storia…
Line-Up:
Phil Lynott: bass guitar, vocals
Scott Gorham: guitar, backing vocals
John Sykes: guitar, backing vocals
Darren Wharton: keyboards, backing vocals
Brian Downey: drums, percussion
Tracklist:
01. Thunder and Lightning
02. This is the One
03. The Sun Goes Down
04. The Holy War
05. Cold Sweat
06. Someday She is Going to Hit Back
07. Baby Please Don’t Go
08. Bad Habits
09. Heart Attack
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