La musica che fa paura – Tre strumenti per spaventare l’ascoltatore
Il 27/12/2022, di Alessandro Rubino.
In: Metal Flow.
Non ci sono dubbi sul potere suggestivo della musica, una qualsiasi canzone se ascoltata nel momento giusto può cambiare radicalmente la percezione di ciò che ci sta intorno ed aiutarci ad immergerci in ciò che stiamo facendo.
Se usciamo di casa con l’intento di battere il nostro record di corsa o il nostro massimale in palestra faremo bene ad ascoltare qualcosa di adrenalinico, che sia la classicissima ‘Ace Of Spades’ dei Motorhead, ‘Hail The Apocalypse’ degli Avatar o ‘Raining Blood’ degli Slayer poco importa, l’importante è che ci dia la carica.
Se invece andiamo in un centro benessere a farci fare un massaggio distensivo dopo una settimana passata a spostare bancali in magazzino la colonna sonora adatta sarà qualcosa di simile a ‘Nuvole Bianche’ di Ludovico Einaudi o ‘River Flows In You’ di Yiruma.
Provate a pensare adesso di fare queste due cose invertendo le colonne sonore.
Come sarebbe fare uno squat con centoquaranta chili sulle spalle ascoltando ‘Nuvole Bianche’ o un bel massaggio alla schiena ascoltando ‘Ace Of Spades’? Non lo so, non ho mai provato ma penso che entrambi gli scenari finirebbero nel sangue.
La musica però non è solo in grado di darci la carica o farci rilassare, può smuovere in noi emozioni ben più profonde, scuotere archetipi della nostra coscienza.
Nel cinema e nella televisione, ad esempio, quando si vuol rappresentare l’immersione del protagonista in un sogno si utilizzano le scale esatonali, un tipo di scala composta da sei note che procede per toni interi a cui viene attribuito “il suono dei sogni”.
Che quella sequenza di intervalli suonasse “onirica” non è di certo stato deciso a tavolino ma ascoltarla ci fa pensare al mondo governato da Morfeo perché a livello inconscio quelle sonorità “sospese” ci richiamano la sensazione del “sogno” e del “volo”.
Come sapranno bene molti degli aficionados di Metal Hammer la musica può anche inquietare, spaventare.
Non sto parlando dell’operato di artisti come Alice Cooper o i Kiss che per quanto grandi innovatori nel mondo del rock hanno sempre puntato molto sull’aspetto visivo dei loro show, la messinscena di Gene Simmons che sputa sangue (finto, ovviamente) mentre suona e la finta decapitazione di Alice Cooper sul palco sono diventate letteralmente iconiche.
Non parlo nemmeno di band che fanno delle liriche violente ed orrorifiche il loro trademark, come i Cannibal Corpse o gli Obituary, mi riferisco a quegli artisti che shockano l’ascoltatore a livello subliminale, senza bisogno di lanciargli addosso secchiate di sangue o urla demoniache.
Ecco i 3 strumenti più utilizzati dai compositori per inquietare l’ascoltatore:
1 – DISSONANZE
Nel linguaggio musicale si dice “dissonante” tutto ciò che crea un effetto disarmonico, che tende al movimento poiché non “risolto”, non giusto.
Cos’è giusto e cos’è sbagliato nella musica? Potrei fare molte battute coinvolgendo esponenti della scena trap ed indie italiana ma non lo farò, cercherò di restare serio.
Inconsciamente quando ascoltiamo qualcosa siamo portati a preferire i suoni “consonanti”, ovvero che stanno bene insieme, che ci danno un’idea di stabilità e armonia. Sarà capitato a tutti di sentire qualcuno cantare e stonare pesantemente una o più note, ecco, la sensazione di fastidio che si prova sta alla base dell’utilizzo voluto delle dissonanze.
Quello del ricorrere alle dissonanze è un espediente utilizzato da molti dei compositori che hanno intenzione di scrivere una canzone che inquieti l’ascoltatore, uno dei casi più rappresentativi di dissonanza usata a tale scopo è la ‘Main Theme’ del film ‘Lo Squalo’, scritta da John Williams nel 1975. L’inizio di questa famosissima colonna sonora è basato su due note, Mi e Fa, un intervallo di semitono (seconda minore). L’alternarsi di questi due suoni a una velocità sempre maggiore crea un effetto “ansiogeno” dato dal fatto che il nostro orecchio percepisce quella sequenza come “non completa”, come se ci fosse qualcosa di mancante.
Un altro famosissimo caso di “tensione musicale”, sempre proveniente dal mondo del cinema è il sottofondo dell’iconica scena della doccia del film ‘Psycho’ di Alfred Hitchcock del 1960. Per creare la musica per quella sequenza il compositore Bernard Hermann non ha pensato ad una melodia ma si è basato sulla ripetizione ossessiva di accordi dissonanti eseguiti dai violini su note volutamente acute, quasi a simboleggiare l’urlo della vittima sorpresa dell’assassino.
Nel metal il caso più eclatante è stato quello di ‘Black Sabbath’, brano tratto dall’ album del 1970 ‘Black Sabbath’ dei, indovinate un po’, Black Sabbath.
La leggenda narra che fu di Geezer Butler l’idea di comporre musica che spaventasse la gente dopo aver notato il crescente interesse per l’horror da parte del pubblico, che era sempre più ben disposto a pagare per farsi spaventare.
Il riff portante della canzone si basa sul tritono, l’intervallo di quarta eccedente (o quinta diminuita), un intervallo di tre toni la cui sonorità sinistra durante il medioevo gli costò “il bando” dalle composizioni di musica religiosa. Ci sono diverse scuole di pensiero sull’esclusione del tritono dai componimenti sacri, la prima dice che il fatto che fosse proprio l’intervallo di tre toni (richiamo alla Trinità Cristiana) a suonare così “spaventoso” fosse la prova della sua natura Luciferina, da qui l’espressione “Diabulus In Musica”, come veniva chiamato in quel periodo.
L’altra scuola di pensiero, più razionale e probabilmente veritiera, sostiene che essendo molto difficile da intonare spesso i coristi lo sbagliassero, creando evidenti stonature che rovinavano l’esecuzione. La tensione dell’accordo, i suoni cupi, la melodia cantilenante cantata da Ozzy Osbourne ed il testo che parla dell’apocalisse rendono ‘Black Sabbath’ uno dei brani più suggestivi della storia dell’Heavy Metal.
Di esempi comunque ce ne sarebbero migliaia, dal black metal al progressive, all’heavy metal classico, l’utilizzo di questo tipo di tensione musicale per esprimere “pericolo” è sempre stata molto utilizzata.
2 – TEMPO
Il tempo è la base della canzone, il pavimento su cui camminiamo quando siamo immersi nell’ascolto di qualcosa.
Non di solo metal ci si spaventa e ‘Tubular Bells’ di Mike Oldfield, famosa colonna sonora del film ‘L’ Esorcista’ del 1973, ne è un fulgido esempio.
Questo brano è considerato uno dei più iconici nella storia del prog-rock strumentale e contrariamente all’esempio di prima che puntava sull’armonia per creare l’effetto “sinistro” in questa canzone ciò che risulta “ansiogeno” è l’alternarsi del tempo in 7/4 e 8/4 che destabilizza l’ascoltatore a cui il cambio di riferimento ritmico dà la sensazione di “zoppicare”.
È chiaro che tempo dispari non sia sinonimo di “musica inquietante”, dipende sempre dall’atmosfera della canzone, dai suoni utilizzati e in generale dal mood del pezzo. ‘Money’ dei Pink Floyd e ‘All You Need Is Love’ dei Beatles ad esempio utilizzano entrambe il 7/4 ma essendo pezzi “allegri” non hanno alcun effetto ansiogeno.
Se però su un tempo irregolare si va a scrivere un pezzo con sonorità cupe, minori, dissonanti e con dinamiche molto variabili come ‘The Blind House’ dei Porcupine Tree, scritta in 5/8 ecco che l’effetto “inquietudine” inizierà ad arrivare, l’atmosfera oscura del brano, sommata all’effetto spaesante del tempo dispari creeranno nell’ascoltatore la sensazione di essersi “perso” nella canzone.
Altri pezzi che voglio consigliare per avere un ottimo esempio di utilizzo dei tempi dispari in grado di provocare “ansia” nell’ascoltatore sono ‘Fireal’ dei Deftones, una canzone molto dinamica che gioca sapientemente con tempo dispari e melodie angoscianti, ‘Profondo Rosso’ dei Goblin, che ve lo dico a fà e soprattutto “C#-“ del contrabbassista jazz Avishai Cohen, brano ipnotico che riesce a suonare potentissimo nonostante sia privo di distorsione essendo suonato da un trio di strumenti acustici, pianoforte, contrabbasso e batteria.
3-MINACCE SUBLIMINALI
Pensate di avventurarvi in una casa abbandonata, la classica villa con vetri rotti e murales, una volta fiore all’occhiello del panorama paesano ma oggi tristemente lasciata a sé stessa.
Immaginate di aggirarvi per i corridoi di questo posto oscuro e decadente e al centro di una stanza, circondata da macerie e schegge di vetro trovare una rosa bianca, fresca, senza il minimo segno di avvizzimento.
In quella situazione la visione del fiore, di per sé del tutto innocuo, metterebbe in moto una catena di domande mentali che porterebbero ad uno stato di agitazione. Cosa ci fa una rosa fresca in mezzo ad una casa fatiscente? Chi ce l’ha portata? Perché l’ha messa lì? E soprattutto, chi ce l’ha portata sarà ancora in casa? Vi starà guardando? Ed ecco che una rosa, un semplice fiore, noto simbolo di bellezza si trasformerà in una “minaccia”.
Cosa c’entra con la musica tutto questo? C’entra eccome, visto che un espediente “ansiogeno” utilizzato da molti compositori è proprio l’accostamento di elementi discordanti fra loro. Sentire ad esempio la voce di un bambino cantare una melodia cupa ma infantile, simile ad una “ninna nanna” come quella di ‘School At Night’, tratta da ‘Profondo Rosso’ dei Goblin, avrà lo stesso effetto di trovare una rosa fresca in una casa abbandonata. L’ accostamento fra l’innocenza della voce del bambino e la melodia maligna confonderà l’ascoltatore.
Non è un caso se ‘Tubular Bells’ di Mike Olfield utilizza un suono di tastiera molto acuto e “scampanellante” (qui siamo quasi ai livelli di “petaloso” signore e signori), che da quasi l’idea di “angelico”. Se la melodia della canzone fosse eseguita da uno strumento distorto come ad esempio una chitarra elettrica o un synth la “minaccia” che vorrebbe esprimere il pezzo sarebbe palese, resa lampante dall’aggressività del suono e probabilmente perderebbe efficacia. Chi ha scritto il pezzo ha voluto celare la tensione dietro un suono apparentemente “amichevole”.
Di brani che ricorrono a questo tipo di “minaccia subliminale” ce ne sono tantissimi. Uno che mi sento di consigliare è ‘Ifrån Klarhet till Klarhet’ dei progster svedesi Änglagård, che si apre con una melodia “circense” effettata per sembrare riprodotta da un vecchio grammofono difettoso che dopo pochi secondi lascia spazio ad un riff dissonante di chitarra piuttosto spiazzante. Un altro è ‘Il Gatto A Nove Code’ del nostro genio Ennio Morricone, una composizione in cui dissonanze e voci femminili cantilenanti sono le protagoniste assolute.
In conclusione, concedetemi un’ovvietà che è sempre bello ribadire: La musica è una forma di espressione meravigliosa, veicolo di emozioni fortissime, capace di dare voce a chi non sa parlare e di entrare nelle orecchie di chi non sa ascoltare ed è bello vedere come compositori esperti siano in grado di smuovere in noi emozioni così forti anche solo grazie alla scelta di un suono.