A mali estremi, estremi rimedi – trent’anni fa Dan Lilker e i Brutal Truth alzavano la posta in gioco sul tavolo estremo
Il 05/10/2022, di Francesco Faniello.
In: The Birthday Party.
Capitano ogni tanto di quei personaggi talmente in grado di fare la differenza da far quasi credere che lo stiano facendo da soli. Succede nella Storia con la esse maiuscola, succede in tutte le storie parallele e ramificate che regolano il corso dell’umanità e anche se è vero che qualsiasi obiettivo è frutto di un lavoro di squadra, va detto che il carisma di determinati personaggi è spesso fondamentale affinché le cose prendano il verso giusto nella modalità in cui possono portare al risultato migliore.
Ecco, uno di questi personaggi è Dan Lilker. Fondatore degli Anthrax assieme a Scott Ian e co-ideatore di buona parte della formula sonora della band nei primissimi anni, ne viene estromesso per un capriccio dell’allora cantante Neil Turbin – che non sopportava l’idea di vedere qualcuno più alto di lui sul palco, e che paradossalmente venne buttato fuori dalla compagine poco dopo. Sarà stato questo l’evento scatenante della caleidoscopica furia creatrice dell’allampanato bassista? Non possiamo saperlo con certezza, ma una cosa è chiara: da allora il nostro Dan non si è mai fermato nei porti sicuri, cercando di volta in volta di spingersi oltre i propri limiti creativi. Pensate, lo ha fatto a costo di essere addirittura definito “modaiolo” da parte di chi notava che i progetti da lui partoriti seguivano un filone di volta in volta sulla cresta dell’onda (?!?): thrash, grindcore, black metal… tutte illazioni. Se è ovvio che non si tratta qui di una forza prometeica, è altrettanto evidente che Lilker sia stato in grado di attraversare più generi mantenendo costante uno spirito creativo ma soprattutto appassionato, lungi dal voler elaborare “a tavolino” strategie e percorsi sonori.
Ecco, i Brutal Truth sono una delle tante ramificazioni di questa storia di continua ricerca musicale: un’esperienza che nasce in quelli che saranno gli ultimi giorni di vita dei Nuclear Assault, il quartetto di thrash politicizzato messo su dal Nostro dopo l’esperienza con Anthrax e S.O.D. Mentre lavorava nel magazzino della Important/Relativity, ecco giungere dall’Inghilterra il disco di debutto di una band che veniva dall’hardcore ma che aveva completamente estremizzato il suo sound, i Napalm Death: “Un giorno è arrivato ‘Scum’ dei Napalm Death e qualcuno lo ha messo su nel proprio ufficio. Quell’album era tipo due volte più veloce di qualsiasi cosa avessi ascoltato fino a quel momento”, fu il suo commento. Successivamente, dall’incontro con il batterista Scott Lewis e con il chitarrista Brent “Gurn” McCarty (roadie dei Nuclear Assault), nascerà quello che inizialmente sembra uno dei tanti progetti messi su dal talentuoso bassista per sfogare una creatività difficile da incanalare in un’unica formulazione. Tuttavia, la direzione nel frattempo intrapresa dai Nuke non è più quella immaginata da Lilker, che decide di abbandonare la band madre dopo quattro dischi in studio e dopo aver contestualmente scritto un altro discreto capitoletto di storia del thrash newyorkese; così, i Brutal Truth inizialmente debuttano con il demo ‘Birth Of Ignorance’ e poi le loro strade si incrociano con quella di Kevin Sharp, uno di quei cantanti in grado di modulare la propria timbrica non solo sul registro gutturale del preponderante movimento death metal, ma anche su parti urlate più adatte alle radici hardcore del neonato gruppo grindcore.
Eh sì, perché si può dire che i Brutal Truth siano stati tra i primi gruppi americani dichiaratamente grindcore; ovviamente i Terrorizer sono arrivati prima di loro, con il seminale debut ‘World Downfall’ (giunto a scioglimento della band già avvenuto), ma entrambe le compagini mantengono una caratteristica che sarà propria dell’altra sponda dell’Oceano, esattamente come lo era stata l’interpretazione del verbo del punk: una violenza ragionata, tecnicamente avanzata, in cui sia materialmente possibile distinguere gli strumenti e dunque distante da quel concetto di “rumore politico” che è tipico delle produzioni inglesi, sia punk, che crust o addirittura grindcore.
Non è dunque un caso se la band ‘Extreme Conditions Demand Extreme Responses’ suona in maniera folle, apparentemente caotica, ma seguendo un pattern preciso e ben mirato, che non disperde un grammo del proprio assalto sonoro. È un disco che si dipana tra schegge assolute di scuola primi Napalm Death come ‘Stench of Profit’, ‘Walking Corpse’, ‘Blockhead’ e ‘Collateral Damage’, ma che propone momenti sulfurei e ugualmente “estremi” come ‘Time’ e ‘Unjust Compromise’, per non parlare dell’assalto all’arma bianca dell’opener ‘Birth Of Ignorance’, del singolo ‘Ill-Neglect’, della disperata ‘Denial of Existence’ e dell’impegnata ‘Anti-Homophobe’. Uno di quei dischi entrati nell’immaginario collettivo come emblema stesso del concetto di “estremo” in musica, la cui importanza fa il paio con la provocatoria scorrettezza di ‘Speak English or Die’ degli Stormtroopers Of Death, con quel fantastico anello di congiunzione tra il nascente thrash metal, la tradizione NWOBHM e l’HCNY che su ‘Fistful Of Metal’ degli Anthrax e – perché no – con la furia tagliente e apocalittica di ‘Game Over’ dei Nuclear Assault. Tutti dischi – neanche a dirlo – in cui ha suonato Dan Lilker!
Hammer Fact:
– Il complicatissimo titolo ‘Extreme Conditions Demand Extreme Responses’ viene da un verso della band industrial Test Dept, ‘A Good Night Out’. L’argomento sono i famigerati scioperi dei minatori in Gran Bretagna a metà anni ’80, e a un certo punto viene urlata la frase “Extreme Conditions Demand Extreme Response!”, un particolare che non è sfuggito a Lewis e Lilker che l’hanno fatta propria. A margine, durante il primo tour giapponese della band, per spiegare il titolo del disco la band usò l’espressione “crazy music for crazy times”!
– Il videoclip di ‘Collateral Damage’ entrò nel Guinness Book of Records nel 2001 per il videoclip più corto di tutti i tempi: una manciata di secondi in cui sono compresse 48 immagini seguite da un’esplosione.
– Il nome di Kevin Sharp era già apparso tra i credits dei cori di un disco molto particolare, ‘Beethoven on Speed’ della virtuosa americana della sei corde The Great Kat. A suo modo, un altro disco “estremo”, con schegge come ‘Made in Japan’ e ‘Kat-Abuse’, per non parlare dei classici: ‘Flight of the Bumble-Bee’ e ‘Beethoven Mosh’!
Line-Up:
Kevin Sharp: vocals, power tools
Brent “Gurn” McCarthy: guitars
Dan Lilker: bass, vocals, sampling
Scott Lewis: drums
Tracklist:
01. P.S.P.I.
02. Birth of Ignorance
03. Stench of Profit
04. Ill-Neglect
05. Denial of Existence
06. Regression/Progression
07. Collateral Damage
08. Time
09. Walking Corpse
10. Monetary Gain
11. Wilt
12. H.O.P.E.
13. Blockhead
14. Anti-Homophobe
15. Unjust Compromise
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