Stone Temple Pilots, dove va il fiume? I trent’anni di ‘Core’
Il 29/09/2022, di Alessandro Ebuli.
In: The Birthday Party.
Quando nel 1991 i Nirvana di ‘Nevermind’ esportavano il Grunge in tutto il globo, gli Stone Temple Pilots si apprestavano a pubblicare il primo album. La band si era formata nel 1986 con il nome di Mighty Joe Young e in seguito al primo contratto discografico con la Atlantic Records cambiano nome e iniziano a lavorare alacremente con lunghe sedute di composizione e registrazione per quello che sei anni dopo la formazione del gruppo risulterà essere il debutto ufficiale.
‘Core’, pubblicato il 29 settembre 1992, è dunque figlio di una lenta gestazione e questo si rispecchia in sonorità non propriamente in linea con il suono Grunge di quell’anno. Come è noto la pubblicazione di ‘Nevermind’ aveva scatenato una incontenibile Nirvanamania che di riflesso aveva dato modo a numerose band di emergere, anche e forse in primis alla luce del fatto che le etichette discografiche avevano fiutato odore di enormi guadagni a dispetto di una notevole mole di materiale spesso non artisticamente valida. Non è assolutamente il caso di ‘Core’, un disco permeato di sofferenza e oscurità, un album non compreso nell’immediatezza della sua pubblicazione, ma riscoperto – a giusta ragione – negli anni a venire.
All’interno di ‘Core’ troviamo brani dal forte piglio Rock classico, con sonorità non legate al Grunge in senso stretto; c’è però da tenere conto di un fatto assolutamente non trascurabile, ovvero le influenze che nel mondo del Rock americano hanno gettato le basi per quello che il Grunge ha raccolto. Tutto nasce dall’Hardcore Punk di fine anni Settanta e nelle evoluzioni di gruppi precursori negli eightes come i Green River in cui militavano grandi nomi quali Mark Arm e Steve Turner fondatori dei Mudhoney; poi Jeff Ament e Stone Gossard, prima nei Mother Love Bone e successivamente al loro scioglimento membri dei Temple Of The Dog oltre che fondatori dei Pearl Jam, ma anche Bruce Fairweather futuro membro sia dei Mother Love Bone che dei Love Battery. Ciò che i Green River hanno lasciato discograficamente non è moltissimo – un album e un paio di Ep -, ma sono stati una fondamentale pedina per il futuro di quello che sarebbe diventato il Grunge, una importante rete per tutto il movimento musicale di base Seattle, e il loro suono è stato metabolizzato dagli Stone Temple Pilots e centrifugato in questo straordinario album d’esordio.
Un disco, ‘Core’, che presenta brani di carattere come l’opener ‘Dead & Bloated’ in cui è forte l’impatto Hard Rock nelle corde dei musicisti, anche nello stile vocale di Scott Weiland che rimanda proprio a certi vocalist di matrice Southern Rock; ‘Sex Type Thing’ spinge invece su trame sonore più ruvide, figlie legittime del Grunge dell’epoca, qui se vogliamo sono più chiari echi diretti di Soundgarden, Alice In Chains e Pearl Jam, che l’anno prima avevano pubblicato rispettivamente ‘Badmotorfinger’, ‘Facelift’, ‘Ten’, un trittico di album epocali. Ma i Nostri lasciano pesantemente la loro impronta – trademark che ritroveremo negli album successivi – e mettono nei solchi del vinile brani dalla forte personalità. ‘Wicked Garden’ ha sonorità dal forte impatto, un groove coinvolgente in cui spicca l’alternanza tra chitarra e voce, ‘No Memory’, della durata di poco più di un minuto, fa da Intro a ‘Sin’, un brano che come ‘Wicked Garden’ gioca su una ritmica decisa, incalzante, e a dispetto del testo denso di sofferenza appare più arioso e scanzonato; ‘Naked Sunday’ è un Hard Rock piuttosto nervoso in cui troviamo un massiccio utilizzo di filtri per la voce di Weiland che vorrei ricordare usava spesso un megafono durante i concerti e probabilmente anche in studio, evidente nella registrazione su questo brano in particolare. Ad esempio anche in apertura di ‘Dead & Bloated’ si sente una voce flirtata dal megafono. Si continua con ‘Creep’, uno slow tempo che negli anni è divenuto il pezzo più famoso del gruppo, uno tra i più apprezzati e ascoltati in radio, per continuare con ‘Piece Of Pie’, altro brano muscolare dal refrain perfetto, con frequenti stop & go nonostante si tratti di un mid-tempo. ‘Plush’ è un’altra tra le canzoni famose della band; c’è da dire che su tutti i brani la sezione ritmica a cura di Robert DeLeo al basso ed Eric Kretz alla batteria è pulsante e millimetrica, la chitarra di Dean DeLeo è un’ascia in grado di costruire voli pindarici meravigliosi, ma su tutto è la prestazione di Weiland a rendere straordinario ogni passaggio, ogni melodia, ogni strofa.
La sua voce nel cantare di storture, sofferenze, delusioni, tanti affondi e poche risalite ci delizia con una prestazione canora che negli anni che verranno sarà parzialmente rovinata da abusi di droghe di ogni tipo e da una vita trascorsa a entrare e uscire dal carcere. Ma nel 1992 tutto appare ancora luminoso e patinato. ‘Wet My Bed’ è un breve recitato che funge da intro a ‘Crackerman’, altro caposaldo del gruppo e probabilmente uno dei brani meglio riusciti di ‘Core’. Ritmica sostenuta, chitarra nervosa, voce alternata tra parti clean e altre filtrate. Un brano carro armato, dritto come un pugno nello stomaco. Chiude la release ‘Where The River Goes’, che sia nelle sonorità sia nel testo vuole essere una sorta di abbandono al proprio destino (I could hide in the calm/of the eye of the storm/and never blow away). Un brano lungo più di otto minuti, in netto contrasto con la durata contenuta delle canzoni di quell’epoca, quantomeno relativamente al sound di Seattle. Nella parte centrale uno spazio musicalmente più atmosferico in cui la voce di Weiland sembra voglia accompagnarci dolcemente dentro lo splendido guitar-riff di Dean DeLeo.
‘Core’ è un album ricco di estro, coraggioso nell’appoggiarsi ai suoni delle band del passato ma con la giusta dose di originalità, pur non essendo un disco rivoluzionario. Sicuramente imparagonabile ai grandi classici pubblicati dai gruppi più blasonati di quel periodo e già citati in precedenza, ‘Core’ trova comunque il suo spazio e lo fa superando di gran lunga molte uscite discografiche di quegli anni, alcune molto valide, altre assolutamente prescindibili. Ecco, facendo un excursus temporale in quel della Seattle a cavallo dei decenni Ottanta e Novanta direi che l’esordio degli Stone Temple Pilots si pone come un album fondamentale per comprendere i vari livelli artistici del cosiddetto Grunge, che più che genere a se stante è stato un coacervo di band unite nel e dal sacro fuoco del Rock’n Roll, con le dovute variabili del caso e con differenti sfumature tra un gruppo e l’altro. Ecco, gli Stone Temple Pilots hanno trovato la loro dimensione, plasmato a loro piacimento una propria forma e sono divenuti riconoscibili tra i grandi, divenendo grandi loro stessi.
Celebrare un album è sempre un momento nostalgico, lo è ancora di più quando uno dei musicisti è passato a miglior vita. Scott Weiland non ha condotto un’esistenza morigerata, ma ha saputo regalarci grandi emozioni e momenti di pura arte. Per nostra fortuna la musica resta per sempre. A trent’anni dalla sua immissione sul mercato è giunto il momento di riscoprire questa perla.
Hammer Fact:
-Scott Weiland vince nel 1993 un Grammy Award come migliore cantante Rock emergente.
-il brano Plush vince nel 1994 un Grammy Award come migliore performance Rock in occasione della 36ma edizione degli American Music Award.
-gli Stone Temple Pilots furono i precursori degli MTv Unplugged. Registrarono il loro spettacolo acustico nel 1993 prima di quelli più famosi di Alice In Chains e Nirvana ma decisero di non pubblicarlo mai ufficialmente, pur trattandosi di un ottimo prodotto contenente particolari versioni di brani riarrangiati per l’occasione. Tra le canzoni presenti troviamo ‘Big Empty’, eseguita per la prima volta dal vivo e ‘Andy Warhol’, cover del brano di David Bowie. Esistono varie versioni di questa esibizione pubblicate come Bootleg in formato Compact Disc, ma in quanto Bootleg purtroppo non di qualità ottimale.
-Paola Maugeri nel suo libro ‘Rock e resilienza’ pubblicato nel 2018 racconta un curioso aneddoto circa l’incontro con Scott Weiland a Milano nel 1994. In seguito ad una intervista condotta per Videomusic dalla giornalista, durante la quale Weiland la invitò al concerto che gli Stone Temple Pilots avrebbero tenuto al Forum di Assago alcuni mesi dopo, il cantante fece recapitare nell’appartamento della Maugeri mille margherite accompagnate da un biglietto nel quale la invitava a raggiungerlo presso un noto albergo della città nel quale alloggiava. Lei non lo fece, ma lo chiamò al telefono e parlarono per una notte intera raccontandosi reciprocamente i dolori, le sofferenze, le ambizioni. Paola andò poi al concerto al Forum il 18 novembre 1994 in compagnia del suo fidanzato. Appena la band salì sul palco, acclamati a gran voce dal pubblico, Weiland si avvicinò al microfono ed esordì con queste parole: “Paula, are you here?”. Seguì un silenzio tombale che parve durare un’eternità, poi la giornalista uscì sulle note del primo brano in scaletta.
Line-Up:
Scott Weiland: Vocals
Dean DeLeo: Guitar
Robert DeLeo: Bass
Eric Kretz: Drums
Tracklist:
01. Dead & Bloated
02. Sex Type Thing
03. Wicked Garden
04. No Memory
05. Sin
06. Naked Sunday
07. Creep
08. Piece Of Pie
09. Plush
10. Wet My Bed
11. Crackerman
12. Where The River Goes
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