I ventuno anni di ‘No World Order’, ultimo tassello di quattro dischi eccelsi
Il 10/09/2022, di Gianfranco Monese.
In: The Birthday Party.
Personalmente, per analizzare ‘No World Order’ bisogna fare un passo indietro di quattro anni, a quel ‘Somewhere Out In Space’ che se da un lato mantiene alto il livello qualitativo dei Gamma Ray cominciato con ‘Land Of The Free’ (1995), dall’altro mostra una formazione che risulterà finalmente stabile, ovvero quella classica composta da Hansen, Richter, Schlächter e Zimmerman. Infatti, quasi a celebrarne la coesione, oltre al successivo ‘Powerplant’ (1999), l’anno prima del disco che qui riesaminiamo la band darà alle stampe il suo primo best of ‘Blast From The Past’, dimostrazione che, qualora nel 2000 qualcuno non l’avesse ancora capito, i Gamma Ray erano un’entità a sè, e che Hansen, nonostante un passato qualitativamente ineccepibile negli Helloween, ancora una volta ce l’aveva fatta. ‘No World Order’ giunge quindi dopo anni che vedono il gruppo primeggiare in ambito Power Metal, anticipato da aspettative chiaramente alte da parte di fan e stampa. E se non si vuol giudicare un disco dalla copertina (nonostante questa sia, a detta di chi scrive, la più bella dell’intera discografia del quartetto), partendo quindi scettici, collegandosi all’intro ‘Induction’ (il cui testo rimanda al significato di ‘No World Order’, di cui il primo Hammer fact sottostante), ci pensa ‘Dethrone Tyranny’ a non deludere le aspettative, con il classico “all right” di Hansen a dare inizio alle danze, doppia grancassa ad elicottero e ritornelli in grado di stamparsi in testa già dopo il primo ascolto.
Una goccia nel deserto? Assolutamente no, perchè con la successiva, priestiana, ‘The Heart Of The Unicorn’, la band non abbassa nè ritmo nè qualità, per quello che è forse il brano manifesto dell’album. ‘Heaven Or Hell’ è “l’happy song”, più scanzonata ma comunque vincente: interessanti le parti strumentali e, nello specifico, i fraseggi delle due chitarre (da 02:32 a 03:16). La quasi titletrack ‘New World Order’, pur con qualche richiamo, nella seconda parte (02:55), al brano ‘I Want Out’ degli Helloween, è comunque pregevole, mentre ‘Damn The Machine’ e ‘Fire Below’, candidandosi a canzoni più oscure del lotto, confermano il confronto fatto da Hansen nell’intervista per Metal Hammer (numero di agosto 2001), tra questo lavoro ed il precedente ‘Powerplant’ (“…In fondo si tratta sempre di album dei Gamma Ray, ed i trademark ci sono su entrambi i lavori, ma il feeling generale dei due dischi è assolutamente diverso, ‘Powerplant’ era più leggero e più strutturato, ‘No World Order’ è più compatto e pesante. Più metal…”). A dimostrazione di quanto appena riportato, la dichiarazione di guerra al mondo alieno di ‘Solid’ non conosce tentennamenti e marcia spedita verso la vittoria, quasi sfiorando lo Speed: brano tra i più riusciti del disco, pur praticamente senza cambi di tempo o particolarità menzionate altrove. E quando, arrivati a tre canzoni dalla conclusione dell’album, si pensa che il quartetto si stia per rilassare, è un piacere venir smentiti dalla semplice, ma efficace, ‘Follow Me’, impreziosita da un assolo di basso. ‘Eagle’, secondo me tra i (pochi, anzi pochissimi) riempitivi, ci trascina alla notevole semi ballad ‘Lake Of Tears’, degna conclusione dell’ennesimo qualitativo lavoro di una band che, a detta di chi scrive, tolto il successivo ‘Majestic’ (2005), tornerà all’altezza del suo blasonato nome con ‘Land Of The Free II’ (2007).
Ma tornando al 2001 ed al disco qui analizzato, se appena undici mesi prima gli Helloween di ‘The Dark Ride’ (che se volete approfondire, qui trovate un articolo di Francesco Faniello per il ventennale), pur regalando un prodotto personalmente valido, non accontentarono tutti, traballando anche a livello di formazione (si legga il terzo Hammer fact sottostante), con ‘No World Order’ i Gamma Ray spinsero nuovamente sull’acceleratore, centrando il definitivo sorpasso sui cugini, coronato dalla pubblicazione, due anni dopo, del secondo live album ‘Skeletons In The Closet’. Un sorpasso dettato, come scritto fin dall’inizio, da nessun cambio di line up, da un gruppo quindi sempre più affiatato e, come il disco stesso, compatto. A distanza di ventun’anni, infatti, non si può negare che tanta qualità venne donata a noi fruitori grazie all’unione longeva di quattro persone che, complice anche questa release, furono in grado di issare la bandiera dei Gamma Ray tra quelle principali del Power Metal mondiale.
Hammer Fact:
– Perchè il disco si chiama ‘No World Order’? Intervistato, assieme a Schlächter, da Sandro Buti per Metal Hammer (numero di agosto 2001), Hansen rispose così: “Effettivamente c’è un tema di fondo, che è molto legato a quello che sta succedendo in questo periodo in giro per il mondo. Stiamo davvero vivendo in un nuovo ordine mondiale, deciso non più e non solo dalla classe politica ma sempre più dalle grandi aziende e dai loro interessi economici. A dire il vero tutto parte da un libro che io ho letto un pò di tempo fa e che parla dell’ordine degli Illuminati, una setta segreta che è presente da secoli nel mondo conosciuto e che ne influenza scelte ed accadimenti. Una specie di massoneria, insomma, solo insospettabile e ancora più inserita nella società ad ogni livello, dalla vita quotidiana fino ai piani alti della politica e della finanza… Scopo di questa società segreta era quello di instaurare un ‘nuovo ordine mondiale’ nel quale non ci sarebbe stato spazio per nazioni, famiglie od altri gruppi, ma solo per uno stato globale retto dalle leggi del profitto e governato dagli Illuminati stessi… Scopo di tutto sarebbe stato il potere, o meglio il raggiungimento del potere, e tutto sarebbe stato subordinato a questo. Se ci pensi alcune cose oggi non sono poi così lontane da quanto prevedeva questo libro, o meglio ci si sta davvero avviando verso un ‘nuovo ordine’ in grado di governare tutto il mondo, anche senza il supporto degli stati nazionali ma semplicemente sul potere economico. Il titolo dell’album nasce da questo, dal fatto che a noi questo ordine non piace poi tanto, per questo è ‘No World Order’, è come se dicessimo a questo nuovo ordine, no grazie.”
– Dopo l’esibizione di sabato nove giugno 2001 al Palavobis di Milano per la quinta edizione del Gods Of Metal (seconda volta per il quartetto dopo quella del 1998), ad ottobre la band passò nuovamente su suolo italico per la promozione dell’album. Con Vanishing Point e Sonata Arctica in apertura, i Nostri si esibirono il quattordici ottobre al Vidia di Cesena, il quindici al Tenax di Firenze ed il sedici al Supermarket di Torino.
– Nel numero di Metal Hammer di settembre 2001, mese d’uscita di ‘No World Order’, in un ultim’ora piazzata come prima notizia nelle Hammer News, si informavano i lettori riguardo la dipartita del chitarrista Roland Grapow e del batterista (ed ex Gamma Ray) Uli Kusch dalla band “cugina” Helloween. Come riportato sulla rivista, l’annuncio fu dato attraverso il sito ufficiale del gruppo tramite un post del Webmaster il quale, inoltre, scrisse che “…E’ fuori discussione che sia Kai Hansen a rimpiazzare Roland Grapow, e lo stesso vale per Michael Kiske. Non ci sarà alcun tipo di reunion.” Riletta oggi, non possiamo evitare di ridere sotto i baffi.
Line-Up:
Kai Hansen: vocals, guitars
Henjo Richter: guitars, keyboards
Dirk Schlächter: bass, keyboards
Daniel Zimmerman: drums
Tracklist:
01. Induction
02. Dethrone Tyranny
03. The Heart Of The Unicorn
04. Heaven Or Hell
05. New World Order
06. Damn The Machine
07. Solid
08. Fire Below
09. Follow Me
10. Eagle
11. Lake Of Tears
Ascolta il disco su Spotify