Vent’anni fa, l’omonimo emoverso dei 30 Seconds To Mars
Il 27/08/2022, di Gianfranco Monese.
In: The Birthday Party.
A guardarli oggi, dopo cinque album in studio, una carriera stellare, tra cui un Golden Globe ed un Premio Oscar da parte di Jared (meritatissimi per il ruolo d’attore non protagonista in ‘Dallas Buyers Club’ [2013]), mai si direbbe che, vent’anni fa, i fratelli Leto furono capaci di un album tanto valevole da rimanere, stilisticamente parlando, una meteora, nonchè il meno considerato dell’intera discografia dei 30 Seconds To Mars. Eppure è successo. Correva l’anno 2002, e l’allora quartetto (ai due fratelli si aggiunsero Solon Bixler alla chitarra e Matt Wachter al basso, tastiere e sintetizzatori), ottenuto un lungimirante contratto con la Virgin Records, chiama in cabina due pezzi da novanta come Bob Ezrin e Brian Virtue. E le influenze di questi due produttori si fanno sentire: ad oggi è, infatti, impossibile catalogare l’omonimo lavoro sotto un genere specifico. Si potrebbe dire, invece, che è un mix tra post grunge (non a caso la band supportò in tour i Puddle Of Mudd ancor prima dell’uscita del disco), rock alternativo e moderno (A Perfect Circle e Tool), ma anche emo. E’ su questo filone, infatti, che dal successivo ‘A Beautiful Lie’ (2005) la band si muoverà rappresentando, assieme a My Chemical Romance ed altri, uno dei più fulgidi esempi di quella che viene considerata la terza ondata del sottogenere in questione: l’emo-pop.
Come scritto, ’30 Seconds To Mars’ varia tra più generi ed influenze: essenziale (anche qui) lo “spaziale” Bowie, dato che a partire dal nome, per proseguire poi con la frase-tributo “this is the life on Mars” da ‘Buddha For Mary’, è proprio nello spazio che la band viaggia, tra un rock sperimentale alla Pink Floyd (ecco l’importanza di Ezrin), condito di elementi alternative metal già precedentemente citati: sotto questo punto di vista fondamentale, oltre ad Ezrin (che ha lavorato, tra i tanti, anche con Kiss, Alice Cooper, Lou Reed, Peter Gabriel, Hanoi Rocks, Kula Shaker e Jane’s Addiction) è l’apporto di Virtue, già al lavoro con band come Korn e Coal Chamber (e nell’imminente futuro Jane’s Addiction, Deftones, Audioslave, oltre ai Nostri fino al terzo ‘This Is War’ [2009]).
Nel raccontare il male di vivere terreno, condizionato (anche) da continue imposizioni, i testi rendono il lavoro un concept, in una costante allusione intergalattica (“…I’ve been to Jupiter, and I’ve fallen through the air, I used to live out on the moon, but now I’m back here down on earth…” [‘Fallen’]). Le musiche sono notevoli: chitarre e synth, spesso viaggiando a braccetto, sono imperiosi, mentre la voce di Leto è tutto tranne che acerba, a differenza di quanto si può ascoltare su album d’esordio di molti suoi colleghi poi passati alla storia, in grado quindi di “recitare” (chiedo all’attore di passarmi il termine) tutto il malessere dei testi. I primi due brani della tracklist, nonchè singoli, ‘Capricorn (A Brand New Name)’ e ‘Edge Of The Earth’, delineano quanto scritto sinora, tra sfoghi post grunge, sintetizzatori ed un Shannon Leto spesso offuscato dalla luce del fratello-attore, ma che già qui dimostra tutta la sua bravura dietro le pelli, anche elettroniche. ‘Fallen’ danza tra Deftones e A Perfect Circle, mentre ‘Oblivion’ riporta più insistentemente in musica quel rapporto tra chitarre e synth descritto poco fa. Si potrebbe proseguire nell’illustrare brano per brano, dall’introspettiva ‘Buddha For Mary’ all’incrocio tra Depeche Mode e Duran Duran di ‘Echelon’, all’immediatezza Punk di ‘The Mission’, tanto quel che traspare, nello scorrere del minutaggio è, appunto, un disco onesto, che si muove su coordinate precise e, per l’epoca, contemporanee. Ma che purtroppo, non avranno seguito.
Si narra, infatti, che nonostante le scarse vendite dell’album, dovute probabilmente ad un’insufficiente promozione, è con la partecipazione, nell’ottobre del 2002, a Campus Invasion per MTV America, che al gruppo le porte di un possibile successo sembrerebbero pian piano aprirsi. Dal successivo ‘A Beatiful Lie’ si racconterà di una storia fatta di maggior visibilità, di affermazione, di singoli da classifica (una curiosità numerica, a tal proposito: ad oggi, sul canale YouTube, il singolo ‘A Beautiful Lie’ è a quota 75 milioni di visualizzazioni, mentre ‘Capricorn (A Brand New Name)’ è a 7,5 milioni), ma anche di un cammino che vedrà i 30 Seconds To Mars, album dopo album, sempre più inclini al Pop e meno genuini rispetto a questo esordio, che personalmente rimane una mosca bianca da recuperare: vent’anni dopo, siete ancora in tempo.
Hammer Fact:
– Lasciati i 30 Seconds To Mars nel marzo del 2007, appena un mese dopo il bassista Matt Wachter si unì ad un’altra band Emo/Alternative Rock: gli Angels & Airwaves del cofondatore dei Blink 182 Tom DeLonge. Dopo tre album in studio (‘I-Empire’ [2007], ‘Love’ [2010] e ‘Love: Part Two’ [2011]), il suo rapporto con il gruppo si chiuderà nel 2014.
– Con voto 3/5, eccovi la recensione apparsa sul numero di Metal Hammer di settembre 2002: “Rock metal moderno, suono di astronauti alla deriva, in una sensazione d’impatto imminente dettata anche dal nome della band (e dell’album). Debutto ragionato, in linea con quel metal moderno e ben strutturato che ci hanno regalato anche gli A Perfect Circle nel loro ‘Mer De Noms’. I 30 Seconds To Mars sono quello che passa nella mente di un astronauta nel momento in cui decide di staccare ogni collegamento con la navicella madre e andarsene alla deriva nello spazio, in un mix colossale di resa, disperazione e malinconia. Usando toste chitarre filtrate, ritmo massiccio e la voce di Jared Leto (che part-time fa anche l’attore ad Hollywood; ‘Panic Room’ è uno dei suoi film recenti), la band californiana regala un gran lavoro di rock-metal moderno, ricco sia di armonie ruggenti che di testi profondamente tormentati. Ed anche se il gruppo reclama come uniche influenze valide quelle che vanno dai Floyd agli Zeppelin, la realtà è che il suono che esce fuori da questo primo disco dei 30 Seconds To Mars è tremendamente vicino a quanto ci hanno dato in questi ultimi anni anche A Perfect Circle, Tool ed il visionario Marilyn Manson del sottovalutato ‘Mechanical Animals’. Dodici tracce per raccontare con parole lucide di frustrazioni e dolore di vivere, a confezionare però con queste uno dei lavori più interessanti nella musica dura attualmente in circolazione. Considerando poi che a supportare la band c’è una label come la Virgin, che ha offerto loro un lungo contratto, è facile pronosticare che l’album avrà anche un discreto successo.”
Line-Up:
Jared Leto: vocals, guitars
Shannon Leto: drums, percussions
Solon Bixler: guitars
Matt Wachter: bass, keyboards, synthesizers
Tracklist:
01. Capricorn (A Brand New name)
02. Edge Of The Earth
03. Fallen
04. Oblivion
05. Buddha For Mary
06. Echelon
07. Welcome To The Universe
08. The Mission
09. End Of The Beginning
10. 93 Million Miles
11. Year Zero (seguita dalla ghost track ‘The Struggle’)
Ascolta il disco su Spotify