My Dying Bride – I trent’anni di ‘As The Flower Withers’

Il 22/05/2022, di .

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My Dying Bride – I trent’anni di ‘As The Flower Withers’

Oggi siamo abituati a sonorità di ogni tipo, non c’è quasi più nulla che ci sorprenda, addirittura c’è chi sostiene da tempo che il rock sia morto e probabilmente intende il “nuovo” rock, quello ancora capace di creare opere permeate di originalità e conseguentemente meravigliare l’ascoltatore. In effetti non è semplice inventare nuovi suoni o nuovi stili, ma se torniamo indietro nel tempo possiamo riscoprire importanti tesori che al proprio interno celano non soltanto dell’ottima musica ma anche della pura innovazione. È il caso di ‘As The Flower Withers’, l’esordio discografico dei My Dying Bride su etichetta Peaceville, reduci dalla Demo ‘Toward The Sinister’ del 1990, dal singolo ‘God Is Alone’ del 1991 e dall’EP ‘Symphonaire Infernus Et Spera Empyrium’ dello stesso anno. ‘As The Flower Withers’ arriva nel 1992, quando nel mondo impera un nuovo genere chiamato Grunge esploso in buona parte grazie ad un album epocale come ‘Nevermind’ dei Nirvana. Sonorità ribelli ai limiti del punk che nella cupa e fredda Inghilterra non erano ben viste da alcune band intente a muovere i primi passi nel panorama metal agli antipodi rispetto a quella musica proveniente dagli States. Parlo degli Anathema che l’anno dopo avrebbero partorito lo splenido ‘Serenades’ e dei Paradise Lost, prossimi a pubblicare il terzo album ‘Shades Of God’, band sorelle di sangue dei My Dying Bride, ognuna con proprie peculiarità, ma comunque all’interno di quello che potremmo definire Death/Doom Metal, comune alle tre band con piccole differenze l’una e le altre.

In particolare i My Dying Bride differiscono dagli altri per un massiccio utilizzo del violino, strumento classico fino ad allora totalmente slegato dalla scena metal. Sarà proprio questo strumento a caratterizzare le sonorità di ‘As The Flower Withers’, all’interno del quale una vena di romanticismo gotico riporta ad una pluralità di sensazioni al limite del decadentismo, in cui il violino disegna e a tratti intarsia scenari pittorici venati da una tragicità e drammaticità simil-teatrale. A partire dal Monicker si intuisce di essere dinnanzi ad un prodotto che riporterà ad una atmosfera oscura, cupa, angosciante. “La mia sposa morente” è una dichiarazione di intenti. Si fa sul serio, si oltrepassa la linea reale dei pensieri e delle emozioni e si scava in profondità l’animo umano, e qui si ha la percezione venga trafitto da una lama affilata composta da drammi e angosce. Ciò accade soprattutto grazie alle note sofferte del violino, strumento che da qui in poi diventerà il marchio di fabbrica dei My Dying Bride e di numerose altre band nate sull’onda del Death/Doom.

Tutte queste sensazioni vengono confermate con l’ascolto dell’album che si sviluppa attraverso sette composizioni per un totale di quasi cinquanta minuti di musica. L’opener ‘Silent Dance’ è uno strumentale che ci introduce alle trame atmosferiche del gruppo attraverso una evocativa seppur oscura melodia in cui il violino detta già le regole del gioco; è un crescendo, seppur breve, a dare un senso all’intera release. Sembra vogliano farci rilassare deliziandoci con una soave melodia prima che la lugubre potenza dei successivi brani ci avvolga, ci catturi e ci conduca dentro una spirale discendente di dolore. Segue ‘Sear Me’, dal ritmo lento e ossessivo con una linea di chitarra ripetuta per tutti i nove minuti di durata mescolato al funereo growl di Stainthorpe che è importante sottolinearlo, in questa sede è ancora prepotentemente legato ad un cantato greve, soffocante, molto profondo. Negli album a venire affinerà le sue doti riuscendo a modulare e plasmare la sua voce su toni più accondiscendenti e talvolta meno oscuri ma certamente più interpretativi all’interno dei brani. Ma in questa sede il cantato doveva inevitabilmente essere oscuro, pesante e malinconico. ‘Sear Me’ prosegue con qualche accelerazione verso la metà poi torna alle lentezze tipiche del Doom. ‘The Forever People’ ha trame sonore più elaborate e veloci, pur sempre pervase da alcuni rallentamenti per non farci dimenticare di essere al cospetto di composizioni che devono, anzi vogliono ricondurre l’ascoltatore a temi tristi e cupi. Il brano supera di poco i quattro minuti, al contrario di ‘The Bitterness and the Bereavement’ che torna ad assestarsi su un minutaggio meno contenuto. Qui il violino dà il meglio di sé imbastendo una melodia decadente e lancinante, in cui è ancora il growl di Stainthorpe ad inserirsi con lenta violenza per insinuarsi nella mente e nel cuore e giù, cattivo, come un pugno nello stomaco. Composizioni dolorose che nulla fanno per lenire la sofferenza, anzi la accentuano volontariamente. ‘Vast Choirs’ parte diritta come un fuso su un ritmo Death in cui Stainthorpe si inserisce con una risata sardonica prima di un brusco rallentamento in cui le chitarre affondano come artigli sul tappeto sonoro intessuto dalla perfetta commistione tra basso e batteria. Accelerazioni e rallentamenti si alternano lungo tutto il brano e sul finale un breve e curioso guitar solo dallo stile vicino al Thrash metal sorretto dall’incedere deciso della seconda chitarra a fare da tappeto. Soltanto pochi secondi e si torna sulla canonica via del cantato ossessivo di Stainthorpe a ricordarci in quali territori ci stiamo aggirando. ‘The Return of the Beautiful’ gioca su un ritmo molto lento in cui la melodia tracciata dal violino sembra rapirci dentro un loop dal quale non ci si può liberare; quando entra la chitarra il brano acquista un maggiore respiro pur sempre avvolto da toni funerei e lugubri. Si tratta del brano più lungo dell’album, oltre dodici minuti di alternanze sonore tra le due parti principali, una in cui il violino detta la melodia e l’altra in cui è la chitarra ad accompagnare il cantato. Una lunga litania che però sul finale esplode con tutta la violenza possibile fino all’ultimo rallentamento prima della sua conclusione. ‘Erotic Literature’ è l’ultima del lotto, presente nella versione in Compact Disc ma non in quella in vinile. Ritmica d’apertura veloce, si tratta di sano Death metal senza fronzoli, nel primo minuto si respirano gli stilemi classici del genere senza troppi orpelli. Non v’è traccia di violino in questo brano che se pur breve rispetto al precedente spicca per incisività e compattezza, come se la band avesse voluto lasciare aperta la porta del Death classico senza quegli ingredienti che hanno reso maestoso tutto il resto dell’album. Ritroveremo il violino nell’album successivo, non dubitate. Per quanto riguarda la parte testuale i brani presentano liriche scritte dal vocalist Aaron Stainthorpe dal sapore gotico in cui il tormento e la sofferenza avvolgono l’intricato substrato musicale prodotto dal gruppo. Solitudine e perdita di persone amate, alcuni richiami alla religione in cui spicca la figura del nuovo Cristo, dottrina universale. Un concentrato di liriche dentro a un contesto neoromantico dai tratti poetici che ritroveremo anche in molte composizioni in futuro.

‘As The Flower Withers’ di fatto è l’invenzione di un nuovo genere, o per meglio dire la commistione di due differenti generi perfettamente amalgamata; per essere un esordio è senza ombra di dubbio un capolavoro nonostante la produzione grezza e sporca. Volutamente o meno non abbiamo certezza, ma è certo che una diversa produzione, più pulita e limpida non avrebbe reso giustizia a questo straordinario album. E se il successivo ‘Turn Loose The Swans’ affinerà la composizione delle canzoni a partire dall’amalgama dei suoni, fino alla stessa produzione ed ottimizzerà al meglio l’uso del violino fino a rendere l’ascolto più scorrevole e piacevole, è comunque in questa sede che i My Dying Bride danno il meglio di sé, poiché dentro ‘As The Flower Withers’ c’era già tutto e c’è ancora tutto quello che la band britannica ha poi proposto negli anni a venire. Suoni glaciali ed asciutti, melodie suadenti e drammatiche e teatralità da vendere, in cui ogni singolo strumento contribuisce come un perfetto incastro alla costruzione dell’opera scomponendo e ricomponendo con nuove soluzioni sonore gli album della nutrita discografia del gruppo, avvicinando in alcuni casi anche un certo tipo di elettronica, pur sempre sapientemente calibrata all’interno di un genere ed uno stile perfettamente riconoscibile. Inutile dilungarsi ulteriormente, è chiaro che qui fosse già presente la formula vincente dei My Dying Bride, saccheggiata negli anni da molte, troppe band, e che forse neppure la band stessa è stata mai più in grado di replicare in maniera tanto sapiente, precisa, organizzata e puntuale.

In definitiva ‘As The Flower Withers’ è un grande album il cui pregio, in primis, è quello di lasciarsi piacevolmente ascoltare ancora oggi senza mostrare alcun cedimento. E quando accade un fatto del genere significa che ci troviamo di fronte a qualcosa di epocale, oltre che di perfettamente riuscito.

Hammer Fact:
Molti brani di ‘As The Flower Withers’ sono stati pubblicati in forme differenti su vari album, ma qui segnalo i più importanti:
-‘The Bitterness and the Bereavement’, già evoluzione di una demo precedente, è stata ripubblicata come singolo nel 1993 con il titolo ‘Unreleased Bitterness’. Questa versione si può trovare nel volume uno della raccolta ‘Meisterwerk’ uscito nel 2000 e nella ristampa in edizione Digipack di ‘As The Flower Withers’ del 2004.
-‘Sear Me’ è cantata in Latino ed è stata parzialmente ripresa con una durata inferiore di circa due minuti con il titolo ‘Sear Me MCMXCIII’ per soli voce, piano e violino nell’album ‘Turn Loose The Swans’ del 1993 e come traccia finale nell’album ‘The Light At The End Of The World’ del 1999, questa volta semplicemente intitolata ‘Sear Me IIIe più vicina per stile all’originale del 1991. In questa sede la durata è scesa intorno ai cinque minuti.
-Il violino è suonato da Martin Powell, che in questa release viene accreditato come musicista aggiunto. Entrerà a far parte della band dal successivo ‘Turn Loose The Swans’ fino all’album ‘Like Gods Of The Sun’.

Line-Up:

Aaron Stainthorpe: Vocals
Andrew Craighan: Guitar
Calvin Robertshaw: Guitar
Adrian Jackson: Bass
Rick Miah: Drums
Martin Powell: Violin

Tracklist:

01. Silent Dance
02. Sear Me
03. The Forever People
04. The Bitterness and the Bereavement
05. Vast Choirs
06. The Return of the Beautiful
07. Erotic Literature (Bonus track Cd version)

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