‘Revenge’ – compie trent’anni il volto più duro del Bacio all’alba degli Anni Novanta
Il 19/05/2022, di Francesco Faniello.
In: The Birthday Party.
C’è sempre quel disco, nella carriera di un gruppo, oltre il quale ti dici “sì, va bene… ma fin qui avevano osato, poi è tutto compitino”. Succede spesso, quando si parla di discografie lunghe, e il pubblico tende a dividersi, a polarizzarsi, a estremizzare e quant’altro. Ora, in genere sono id bocca buona, e anche per questo motivo per me quel confine per i Kiss è stabilito a ‘Revenge’. Non che dopo ‘Animalize’ ci fossero stati dei capolavori assoluti, intendiamoci: la tentazione è quella di fissare il paletto a ‘Lick It Up’, senza pensarci più di tanto. Però ‘Revenge’ è quel disco che vede i Kiss evolversi in territori credibili, spesso più duri di quanto l’ascoltatore medio sia pronto ad accettare, ma credibili. Non siamo al grunge furbo di ‘Carnival Of Souls’, e neanche al retrò studiato al millimetro dei 3 successivi. Evolversi, appunto: la fase Thayer/Singer ha spogliato i mercenari di qualsiasi diritto alla libera espressione, relegandoli al tocco, agli errori e all’atmosfera del 1977, punto. Mentre uno come Bruce Kulick era il chitarrista solista dei Kiss nel corso di un decennio abbondante in cui magari la band non ha brillato per composizioni memorabili, ma ha lasciato piena libertà di espressione alle “hired guns”. Che poi tanto “hired” non erano, se prendiamo uno come il povero Eric Carr, ma questa è un’altra storia, che si intreccia però direttamente con questo disco.
Tanto per dirne una, ‘Revenge’ è il disco dei tanti ritorni. Dedicato a Eric Carr, deceduto lo stesso giorno di Freddie Mercury, vede il debutto alla batteria di Eric Singer, che era uno di quei musicisti di Lita Ford confluiti nella famigerata incarnazione dei “Black Sabbath featuring Tony Iommi”, responsabile del rilascio di ‘Seventh Star’. Passato poi nei Badlands, galeotto fu il tour solista di Paul Stanley che lo vide in formazione assieme al futuro compagno d’armi Kulick. Che poi, sia su ‘Seventh Star’ che su ‘Revenge’ il Nostro figura con il suo classico capello biondo, una tonalità che avrebbe poi abbandonato “per contratto” in modo da impersonare fedelmente quel Gatto storicamente portato dietro le pelli da Peter Criss.
Altro ritorno, quello di Bob Ezrin, già dietro la consolle del pluripremiato ‘Destroyer’ ma anche del magnifico ‘Music from The Elder’ e perciò sulle prime inviso a Simmons: oltre all’apporto compositivo, sua la mano dietro un suono finalmente tornato al rombo dei bei tempi, senza molti degli orpelli glamster di ritorno che avevano caratterizzato molto del decennio precedente.
Ancora, a bussare alla porta del Bacio come compositore tornò per l’occasione il Guerriero Egizio, Mr. Vinnie Vincent. Accolto come un figliol prodigo e subito dopo rigettato per l’ennesimo episodio di lesa maestà, sua è la cofirma dietro ‘Unholy’, ‘Heart of Chrome’ e ‘I Just Wanna’.
A tornare, infine, sarà anche Eric Carr: prima nel video di ‘God Gave Rock’n’Roll To You II’ (non era più in grado di suonare, e dovette persino indossare una parrucca avendo perso i capelli per via delle cure), poi con il recupero postumo di ‘Carr Jam 1981’, registrazione di un assolo di batteria assieme a un riff registrato con Ace Frehley e poi comparso sul primo disco dei Frehley’s Comet col titolo ‘Breakout’.
Retroscena a parte, ‘Revenge’ appare un disco solido e “credibile”, anche a distanza di tempo: l’opener ‘Unholy’ è una sorta di ‘God Of Thunder’ aggiornata agli anni ’90, con le successive ‘Take it Off’ e ‘Tough Love’ che presentano una band fresca e compatta, che sfodera una durezza non sperimentata da tempo e che rimanda in qualche modo all’epoca di ‘Creatures of the Night’. Segno dei tempi è comunque la scelta di includere ‘God Gave Rock’n’Roll To You II’, versione del classico degli Argent realizzata apposta per il film metal-friendly ‘Bill & Ted’s Bogus Journey’ e impreziosita da un finale da predicatore che vede Stanley sicuro protagonista. E poi? A parte qualche episodio meno all’altezza come l’invocazione degna di Ernestina Freeman ‘Thou Shalt Not’, non vanno tralasciati il divertissement d’autore ‘Domino’ (imperdibile la versione unplugged di qualche anno dopo) e il lentone strappalacrime ‘Every Time I Look at You’, uno dei primi pezzi dei Kiss da me mai ascoltati, ovviamente trasmesso da quella fucina di conoscenza che era Planet Rock, su Stereorai. Come passa veloce il tempo, eh?
Hammer Fact:
– Nel 1994 uscì un album di tributo ai Kiss denominato ‘Kiss My Ass: Classic Kiss Regrooved’. In quell’occasione, classici a parte (con alcune chicche molto interessanti, come il contributo di Yoshiki degli X Japan), l’unico estratto recente fu proprio un pezzo tratto da ‘Revenge’, la versione tedesca di ‘Unholy’ a opera dei rockers berlinesi Die Ärzte. Oltre a godervi l’urlo primitivo di ‘Unheilich’, potrete apprezzare un mash-up con ‘I Was Made For Loving You’ degno dei Mighty Mighty Bosstones – neanche a dirlo, anche loro presenti nel disco.
– Negli stacchi di ‘Spit’ fa capolino un accenno all’inno statunitense da parte di Bruce Kulick, come proemio all’assolo di chitarra. La scelta sarà alla base dell’inclusione di una versione aggiornata dell’hendrixiana ‘Star Spangled Banner’ come finale dei concerti del tour promozionale, poi immortalata su ‘Alive III’, uscitò esattamente un anno dopo. Un disco dalla scaletta stellare, concluso dalla memorabile invocazione finale di Paul Stanley, che facciamo volentieri nostra: “Never stop rocking!”…
Line-Up:
Paul Stanley: rhythm guitar, vocals
Gene Simmons: bass, vocals
Bruce Kulick: lead guitar, backing vocals
Eric Singer: drums, backing vocals
Tracklist:
01. Unholy
02. Take it Off
03. Tough Love
04. Spit
05. God Gave Rock’n’Roll To You II
06. Domino
07. Heart of Chrome
08. Thou Shalt Not
09. Every Time I Look at You
10. Paralyzed
11. I Just Wanna
12. Carr Jam 1981
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