Rhapsody – Power Of The Dragonflame
Il 23/04/2022, di Alessandro Ebuli.
In: The Birthday Party.
Approcciarsi a dischi che hanno segnato la propria crescita musicale è un passatempo rilassante e divertente, soprattutto quando si va a raccontarne la crescita attraverso le decadi. ‘Power Of The Dragonflame’ dei Rhapsody festeggia oggi i suoi primi vent’anni e noi siamo qui a omaggiarlo.
Anzitutto va detto che la band si affaccia al nuovo millennio dopo la pubblicazione di tre album mastodontici: ‘Legendary Tales’, ‘Symphony Of Enchanted Lands’ e ‘Dawn Of Victory’ e ad un EP che odora di vero e proprio album, ‘Rain Of A Thousand Flames’, che certamente conoscete a menadito. Tutti dischi che vi avranno fatto sognare se siete appassionati di temi fantasy. Si tratta di opere che hanno portato il gruppo a guadagnarsi lo status di band di “culto”, di certo per il genere proposto, ma amata anche dai puristi del Power in senso stretto. Cosa aspettarsi dunque all’alba degli anni duemila dai friulani Rhapsody? Molti temevano in un calo qualitativo, altri in un ammorbidimento dei suoni, insomma si sarebbe pensato ad una virata stilistica dettata dalle alte aspettative e dalle basse probabilità di soddisfarle. Difficile superare i predecessori di questo nuovo ‘Power Of The Dragonflame’ e invece i Nostri si presentano con un disco straordinario e devastante, un concentrato di potenza e melodia, di tradizione e innovazione, un ottimo piatto da servire ai propri commensali. Ad oggi, e conoscendo tutti noi il futuro della band – il cambio del Monicker in ‘Rhapsody Of Fire’, l’abbandono di Luca Turilli e successivamente di Fabio Lione – si può affermare senza timore di sbagliare che ‘Power Of The Dragonflame’ sia l’ultimo grande album degno di nota del gruppo. Che non significa che i successivi non siano buoni dischi, tutt’altro, ma questa release rappresenta la perfetta chiusura di un percorso straordinario. Ma la carne al fuoco è tanta, il lavoro di arrangiamento e produzione è enorme e il prodotto è più che riuscito.
Questo album segna la conclusione della “Emerald Sword Saga” iniziata nel 1997 con ‘Legendary Tales’. La saga, che si sviluppa lungo i quattro album citati a inizio articolo e termina con ‘Power Of The Dragonflame’, affronta varie tematiche come l’eterna lotta tra il bene e il male all’interno delle quali il personaggio chiave, il “Guerriero di Ghiaccio”, andrà alla ricerca della leggendaria Spada di Smeraldo che userà per sconfiggere l’Oscuro Signore Akron. Senza bisogno di avventurarsi troppo a fondo nella storia – per la quale non sarebbe sufficiente un solo articolo e che in questa sede interessa marginalmente – basti sapere che in quest’ultimo capitolo il Guerriero di Ghiaccio si è ritirato nella città di Elgard nella quale viene accolto come un eroe nonostante le numerose perdite sul campo. Da qui una serie di traversie ampiamente esplicate per mezzo di liriche avvincenti ed elaborate che ci raccontano della caduta del Guerriero di Ghiaccio nelle paludi di Acheros, dentro alle quali verrà divorato da migliaia di serpenti marini non prima di avere trafitto con la Spada l’Oscuro Signore Akron. La conclusione della storia vedrà Dargor, altro personaggio fondamentale ai fini dello svolgimento della saga, conquistare la vittoria fino alla ricostruzione della città di Algalord. Dargor ricomparirà successivamente per la “Dark Secret Saga”, il sequel della “Emerald Sword Saga”.
Per quanto riguarda la parte più strettamente musicale, l’apertura del disco è affidata ‘In Tenebris’, un minuto e mezzo di introduzione a ‘Knightrider Of Doom’, un brano che fa da diretto collegamento agli album precedenti con un refrain sorretto da un coro solenne divenuto un must in sede live. A seguire la Titletrack, un concentrato di Power metal aggressivo ma al contempo epico dal ritmo serrato e diretto. Clima iniziale dal sapore folk con flauto violino, una melodia sognante e l’inserimento della voce magistrale di Fabio Lione, sempre ben calibrata in ogni situazione, ‘The March Of The Swordmaster’ è un mid-tempo che vuole rallentare il tiro del disco, del resto le bordate precedenti ci hanno sufficientemente spettinati, per poi condurci alla corte di un altro brano tra i più apprezzati dei Rhapsody – oltre che uno dei maggiormente epici della loro intera discografia: ‘When Demons Awake’. Si tratta di una cavalcata Power dai contorni oscuri; introdotta da un violino e da un coro operistico vede le chitarre a demolire ogni struttura Power classica e contestualmente ricostruirla grazie ad un tappeto sonoro devastante in cui la prova di Lione supera ogni aspettativa, arrivando a cantare in growl. Il lungo refrain è straordinario grazie al suo tono da opera lirica, al quale fa seguito una parte più Prog-oriented che sfocia nuovamente in cori operistici. Un tornado sonico di quasi sette minuti dal quale non è facile riprendersi, ma una volta proiettati dentro quel turbinio sarà davvero difficile uscirne immutati. ‘When Demons Awake’ è un brano che personalmente ad ogni riascolto dell’album amo sentire anche due volte di seguito -masochismo o goduria – scegliete voi, io opto per la seconda. ‘Agony Is My Name’ gioca sulle alternanze tra velocità ed epicità, con all’interno i soliti cori operistici ad accompagnare la voce di Lione; Power folk allo stato puro e sempre di classe sopraffina.
A questo punto la band decide di mollare gli ormeggi e cambiare stile pur restando fedele alla propria epicità. ‘Lamento Eroico’ è un esperimento – se così vogliamo definirlo – un concentrato di puro lirismo. Opera lirica? Cantautorato Power? Puro esercizio di stile? Mero azzardo? Forse tutto questo mescolato all’interno di un brano che rasenta la perfezione e che ad un primo ascolto pare non c’entrare nulla con il resto dell’album, complice anche il cantato in lingua madre; eppure ‘Lamento Eroico’ è una di quelle composizioni che nel tempo verrà ricordata dai fan come uno tra i momenti più epici – rapsodici, oserei dire – dei quali godere in sede live. In effetti sì, è una sorta di esperimento, ma cosa dire se non perfettamente riuscito? Superato il primo impatto con la lingua madre – che, va detto, con lo stile Fantasy cozza non poco – a seguito di più ascolti non si potrà che apprezzarne la purezza, ammesso che si gradiscano le incursioni in territori più consoni all’Opera in senso stretto.
Si continua con ‘Steelgods Of The Last Apocalypse’, ancora un Power veloce in cui violino e tastiere giocano una parte importante all’interno del brano che già intorno al minuto esplode in un refrain in cui la voce di Lione si mescola al coro operistico. Le atmosfere del brano sono altalenanti e solo a tratti Lione sfiora il growl. Nella parte finale il brano prende una piega progressive grazie alle tastiere per poi tornare sul solito refrain.
‘The Pride Of The Tyrant’ non lascia spazio per respirare, la chitarra e la doppia cassa Power partono spedite. Brano di buon livello se pure inferiore rispetto ai precedenti e meno importante nell’economia dell’album. Buona prova per Fabio Lione, soprattutto nella parte del refrain che si presenta melodicamente ben riuscito.
Ma il capolavoro di questa release non è ancora arrivato, Signore e Signori. Siete pronti? Bene, allora just push play! ‘Gargoyles, Angel Od Darkness’ è un brano di diciannove minuti diviso in tre differenti sezioni: ‘Angeli Di Pietra Mistica’, ‘Warlord’s Last Challenge’ e ‘…And The Legend Ends…’. Per raccontare nello specifico questo brano mastodonte sarebbe necessario un articolo a parte, per cui non mi addentrerò troppo nelle distinte sezioni. Basti sapere che i toni epici dei Rhapsody vengono qui mescolati sapientemente con il Power, con il Prog, con il Folk e l’Heavy metal più classico a formare un’opera che non sfigurerebbe neppure se fosse pubblicata come release a sé stante. Altre band avrebbero sicuramente approfittato di una composizione tanto elaborata da farne un EP e sfruttare l’onda dell’album appena pubblicato. Qui i Rhapsody rasentano la perfezione. Tutto è costruito nei minimi particolari: le chitarre, le tastiere, gli archi, i fiati e persino i cori sono studiati e calibrati in funzione di una puntuale, precisa, perfetta economia del brano, le atmosfere si alternano tra parti più ariose e folcloristiche ad altre più marcatamente Power, in cui la doppia cassa regge il peso di tanti elementi teatranti sul palcoscenico. Tutto qui odora di opera lirica, a partire dai fondamentali cori capaci di rendere una forte dose di epicità alla Suite al cui interno sono presenti anche alcune parti recitate.
La cover dell’album è opera dell’illustratore Marc Klinnert, che aveva collaborato per ‘Dawn Of Victory’ e ‘Rain Of A Thousand Flames’, oltre che per numerosi altri famosi album del panorama rock e metal. Inoltre, il disco è stato registrato nello studio di proprietà di Sasha Paeth (Avantasia).
In conclusione, un disco come ‘Power Of The Dragonflame’ non può lasciare indifferenti. Se i suoi predecessori hanno avuto l’onere e l’onore di iniziare una saga dalla trama complicata, con questo ultimo tassello i Rhapsody appongono il sigillo definitivo al primo scintillante lustro della loro carriera. Quando si festeggiano i compleanni di opere tanto articolate la domanda opportuna da porsi è se il disco in questione è stato in grado di invecchiare bene o meno. Ecco, io credo proprio che ‘Power Of The Dragonflame’ sia un prodotto fresco nonostante la sua veneranda età e considerando le uscite in ambito Power degli ultimi vent’anni mi sento di affermare che si tratti pur sempre di un disco che può giocarsela con tanti altri ben più giovani.
Vi invito a riscoprirlo e ad immergervi ancora una volta nella “Emerald Sword Saga”, avvincente come poche altre.
Hammer Fact:
-Alex Holzwarth appare nei crediti e nelle foto del booklet, ma di fatto non è lui a suonare la batteria nell’album. Non viene specificato il nome del vero batterista che però, come si apprende dalla storia della band, si tratta di Thunderforce, pseudonimo sotto il quale si nascondono uno o più non ben precisati musicisti che avrebbero suonato in diversi album sia sotto il nome di Rhapsody che di Rhapsody Of Fire. Molte sono state le speculazioni in merito a questo pseudonimo, tanto che qualcuno ha persino affermato che la band fosse sprovvista di un vero batterista e si affidasse ad una drum-machine. Fatto ovviamente sempre negato dai membri del gruppo.
-Patrice Guers appare nella sezione “Personal Thanks” all’interno del booklet, ma non suona nel disco e non appare nelle foto come gli altri membri del gruppo.
-La versione deluxe dell’album contenente CD e DVD, così come la versione in doppio Vinile Picture contengono una bonus track dal titolo “Rise from the Sea of Flames” della durata di 03:57 inserita prima della conclusiva suite “Gargoyles, Angels of Darkness”.
Il DVD contiene i videoclip tratti dalla Emerald Sword Saga:
01. Introduction
02. Rain of a Thousand Flames (Extended Version)
03. Epicus Furor – Emerald Sword
04. Wisdom of the Kings
05. Power of the Dragonflame
06. Holy Thunderforce
07. Final Credits
Line-Up
Fabio Lione: Lead, Backing & Opera Vocals
Luca Turilli: Lead & Rhythm Guitars
Alex Straropoli: Keyboards and Piano
Patrice Guers: Bass
Dominique Lerquin: Rhythm Guitar
Alex Holzwarth: Drums
Ascolta il disco su Spotify