‘Rude Awakening’ – i vent’anni del brusco risveglio dei fan in un mondo senza Megadeth

Il 19/03/2022, di .

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‘Rude Awakening’ – i vent’anni del brusco risveglio dei fan in un mondo senza Megadeth

Se mi chiedete “CD o DVD?” un po’ come si chiede “Beatles o Rolling Stones?” o magari “Little Tony o Bobby Solo?”, la mia risposta è invariabilmente “CD”. Sarà l’incapacità acuitasi negli anni di stare fisso davanti a uno schermo – a vedere un film o un live, poco importa – ma per me il live ufficiale è quello che gira in versione audio, laddove la versione in video ne costituisce un ampliamento. Un di più, insomma. Ecco, ‘Rude Awakening’ fa eccezione; non perché il doppio CD che rappresenta a tutti gli effetti il primo live ufficiale dei Megadeth non sia ricco e rappresentativo, quanto piuttosto perché l’ho “ascoltato” molto tempo dopo averne “visto” la versione in DVD, ovviamente per mezzo di un amico che la pensa in maniera diametralmente opposta alla mia sulla faccenda audio vs. video.
A parte che poi per chi è cresciuto in un certo modo negli anni ’90 il titolo ‘Rude Awakening’ fa venire in mente i Prong, la prima cosa che mi venne in mente all’uscita dell’agognato live del quartetto fu che… non avrebbero dovuto aspettare così tanto per farlo uscire. Nel senso che probabilmente percepivo che, per essere perfetto, un disco dal vivo dei Megadeth avrebbe dovuto essere suonato con la formazione classica: Mustaine / Ellefson / Friedman / Menza, per intenderci; un po’ come avviene sul mitico concerto dell’Hammersmith Odeon del 1992. Beh, vent’anni di tempo servono anche a questo: a ridimensionare i sogni di gioventù e a dare il giusto valore alle cose. Cosa che – a onor del vero – avevo già fatto: bisogna avere le orecchie foderate per non riconoscere l’incredibile impatto di questa lunga (e succosa) scaletta, che probabilmente ha un valore aggiunto in quanto tecnicamente è tratta dal tour di supporto di un disco non esattamente esaltante, quel ‘The World Needs A Hero’ di cui ci siamo occupati su queste stesse pagine. Come spesso capita, a un disco non eccelso (o per meglio dire, “interlocutorio”) corrisponde un tour con una scaletta interessante, e questo è proprio il caso: stante la scelta di aprire con ‘Dread and the Fugitive Mind’ e ‘Kill the King’ dal nuovo disco, il resto è una carrellata tra i grandi classici del thrash metal, dalla primitiva ‘Mechanix’ (introdotta dalla classica contrapposizione noi/loro riferita ai Metallica) alla fulminante ‘Wake Up Dead’, dalla tossicità acida degli estratti di ‘So Far, So Good… So What?’ ai successi stellari di ‘Rust in Peace’, ‘Countdown to Extinction’ e ‘Youthanasia’, fino a pezzi che diventeranno capisaldi delle loro scalette live, come ‘Trust’. Non mancano vere e proprie chicche: l’uno-due ‘Hangar 18’ / ‘Return to Hangar’, una versione eccellente di ‘Ashes in your Mouth’ (con un fenomenale DeGrasso), l’inclusione di ‘Angry Again’ (il loro inedito più bello, a parere di chi scrive), fino a una versione extended di ‘She-Wolf’ che ne amplia il duello chitarristico prima del finale maideniano e (perché no) alla solare ‘Almost Honest’, due facce della stessa medaglia tratte del divisivo ‘Cryptic Writings’. Per non parlare di ‘Holy Wars’, degna conclusione di una scaletta strepitosa che vede i veterani Mustaine ed Ellefson affiancati da un Pitrelli che porta a casa in modo personale ma efficace le intricate partiture del “golden standard” Marty Friedman, nonché dal roboante e già citato DeGrasso. E in quanto alla scelta di tempi per fare uscire un live, la differenza la fa sicuramente la buona performance vocale del fulvo leader (apparso un po’ in affanno sulla sola ‘Reckoning Day’, anche per via di una sezione ritmica particolarmente incalzante!), ed è un vero peccato che ‘Rude Awakening’ sia tutto sommato l’atto finale di questa line-up, nonché la fine di un certo modo di intendere i Megadeth, che include lo share paritario con Junior, il quale rientrerà in formazione nel 2010, ma con una fetta di “diritti” decisamente ridimensionata. Di lì a poco, infatti, Mustaine congelerà la band per via di un infortunio al braccio, avvierà un periodo di riabilitazione e tornerà in pista in una veste completamente rinnovata.

Hammer Fact:

– Per chi non lo avesse ancora intuito, l’ascolto dell’introduzione a ‘Devil’s Island’ ne svela incontrovertibilmente il contenuto: l’Isola del Diavolo è quella dove è ambientato ‘Papillon’, il film del 1973 con Steve McQueen e Dustin Hoffman che parla della detenzione nella Guyana francese.
– I piani originari della band erano di registrare un disco dal vivo in Argentina; i fatti dell’11 settembre 2001 però fecero ripiegare la scelta sul Rialto Theater di Tucson, in Arizona. Il secondo album dal vivo dei Megadeth tornerà sull’opzione originale, come è evidente sin dal titolo ‘That One Night: Live in Buenos Aires’.
– Di particolare interesse è il fatto che l’artwork di copertina sia a opera di Storm Thorgerson, arcinoto grafico autore di alcune delle copertine più enigmatiche della Storia, a partire dai lavori più noti dei Pink Floyd, passando per Led Zeppelin, Genesis, UFO, AC/DC fino addirittura ai Muse.

Line-Up:
Dave Mustaine: lead guitar, rhythm guitar, lead vocals
David Ellefson: bass, backing vocals
Jimmy DeGrasso: drums
Al Pitrelli: lead guitar, rhythm guitar, backing vocals

Tracklist:
Disc 1
01. Dread and the Fugitive Mind
02. Kill the King
03. Wake Up Dead
04. In My Darkest Hour
05. Angry Again
06. She-Wolf
07. Reckoning Day
08. Devil’s Island
09. Train of Consequences
10. A Tout le Monde
11. Burning Bridges
12. Hangar 18
13. Return to Hangar
14. Hook in Mouth

Disc 2
01. Almost Honest
02. 1,000 Times Goodbye
03. Mechanix
04. Tornado of Souls
05. Ashes in Your Mouth
06. Sweating Bullets
07. Trust
08. Symphony of Destruction
09. Peace Sells
10. Holy Wars… The Punishment Due

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