If you listen to fools… i quarant’anni di ‘Mob Rules’

Il 04/11/2021, di .

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If you listen to fools… i quarant’anni di ‘Mob Rules’

Il 1980 aveva visto i Black Sabbath tornare protagonisti dello scenario metallico con un processo di rinnovamento che molti (a partire dall’onnipresente manager Don Arden) ritenevano insperato, specie con l’abbandono di un frontman come Ozzy Osbourne. Eppure, l’ingresso del folletto Ronald James Padavona, un passato remoto come crooner doo-wop e un passato prossimo alla corte di Ritchie Blackmore, rivitalizzò il Sabba Nero ridefinendone le coordinate e portandolo al passo coi tempi, fino a rappresentare un credibile punto di riferimento per la nascente NWOBHM. Il risultato fu un disco come ‘Heaven And Hell’, innegabilmente l’episodio più importante dei Sabbath senza Ozzy, superiore persino agli ultimissimi dischi allora realizzati con la formazione originale. Tuttavia, le già travagliate vicende che avevano portato alla rinascita della band dopo il fatidico 1978 erano destinate a ripetersi, con l’abbandono di Bill Ward nel bel mezzo del tour promozionale e l’arrivo di Vinnie Appice, allora noto solo come fratello minore del leggendario Carmine che era stato motore di Vanilla Fudge e Cactus. Con il fratello, Vinnie condivideva la capacità di sviluppare uno stile di drumming immediatamente riconoscibile, che nel suo caso avrebbe influenzato il metal ottantiano rivelandosi perfetto per la nuova direzione che la band stava intraprendendo. Finito il tour, era tempo di pensare a un follow-up: il risultato è ‘Mob Rules’, un lavoro che non tradì affatto le aspettative delle nuove schiere di fans, né di quelle che erano rimaste fedeli a Iommi e soci.
Lo diciamo subito: se è l’importanza di ‘Heaven And Hell’ è indiscussa, ‘Mob Rules’ appare addirittura più rappresentativo di questa formazione e di quanto la stessa produrrà nelle sue future incarnazioni. In riferimento all’indiscusso consolidamento del sound del quartetto, alcuni lo ritengono persino migliore del suo mastodontico predecessore; certo è che il drumming di Appice perfeziona la formula, anche per via del fatto che siamo abituati ad associare la voce di Ronnie James Dio ai primi classici della sua carriera solista, che lo vedevano ancora una volta il batterista americano dietro le pelli. Se l’opener ‘Turn Up The Night’ fa un po’ il verso a ‘Neon Knights’ (ed è stata purtroppo esclusa dalle scalette dal vivo proprio per questo motivo), la successiva ‘Voodoo’ e il suo riffing secco sembrano appunto anticipare quanto ascolteremo sin da ‘Holy Diver’, con un Dio sugli scudi, graffiante e incisivo al punto giusto. Non va però dimenticato che il magico folletto era anche il cantastorie dei migliori Rainbow, un elemento che riemerge in tutta la sua potenza su ‘The Sign of the Southern Cross’, in cui il singer ci guida negli oscuri meandri dal sapore lovecraftiano in cui si dipana questo indiscusso classico, suggellato da un lavoro chitarristico da incorniciare, sia negli arpeggi iniziali che negli assoli, per non parlare del riffing come al solito eccellente.
Se anche voi pensate che ‘Falling Off the Edge of the World’ sia in qualche modo speculare rispetto al succitato misterioso racconto della Croce del Sud, non potrete non convenire sul fatto che siamo dinanzi a uno dei punti più alti dell’estetica di Ronnnie James Dio in particolare e dei Black Sabbath in generale: la nostalgia per un passato mitologico mai vissuto diventa la dichiarazione di intenti di un’intera carriera, mentre Iommi guida il riffing in maniera magistrale, sorretto da un Butler mai così prominente come in questo disco e dal solido e roccioso Appice. E chissà che la prominenza di Geezer Butler non dipenda dall’operato del produttore Martin Birch, forte di un passato con Deep Purple e Rainbow nonché da poco approdato alla corte della Vergine di Ferro, di cui diverrà uno dei simboli. Di sicuro, l’importanza conferita al basso di Harris non è seconda a quella riservata per il sornione Geezer, qui libero dal classico compito di paroliere ma pur sempre solidamente al timone della sezione ritmica del Sabba Nero. Certo, la title track di questo disco è arcinota e sarebbe restata in posizione strategica in scaletta persino all’epoca degli Heaven And Hell, ma ciò che stupisce è la ricchezza di contenuti che anima gli episodi “minori” (se così si possono definire), come la rocciosa ‘Country Girl’ impreziosita da un break evocativo, il riffing iconico di ‘Slipping Away’ che – neanche a dirlo – influenzerà tanto del rock a venire, e soprattutto l’elegia finale ‘Over and Over’, con il suo refrain ostinato e al contempo perfetto per chiudere un disco di questo calibro.
Il resto, come si suol dire, è Storia: a partire dall’ambizioso progetto di ‘Live Evil’, funestato dalla guerra di ego che metterà prematuramente la parola fine a quello che può essere definito il Mark II dei Black Sabbath, passando per la reunion dei primi anni ’90 naufragata a causa del famigerato slot di supporto al ‘No More Tours’ di Ozzy Osbourne, fino alla nascita degli Heaven And Hell nel nuovo millennio, un progetto giunto a conclusione a causa della scomparsa del leggendario Ronnie James Dio. Ecco, tutti gli spin-off di ‘Mob Rules’ hanno una costante: la formazione con Appice dietro le pelli e la capacità di stare al passo coi tempi, in qualsiasi decennio si siano realizzati. Nell’immediato futuro, il disco rappresentò invece un punto di svolta per tutti i protagonisti: l’ultimo successo internazionale prima di una lunga traversata nel deserto per Iommi e Butler, il trampolino di lancio e la pietra di paragone per la carriera solista di Dio (sebbene il progetto omonimo sia stata una band a tutti gli effetti, almeno nei primissimi anni), assieme al fido Appice.

Hammer Fact:
– ‘The Mob Rules’ è inclusa nella soundtrack del film di animazione del 1981 ‘Heavy Metal’ (il cui nome è ispirato all’omonima rivista a fumetti degli anni Settanta), nel corso di una scena di battaglia collocata verso la fine. Assieme ai Black Sabbath, la colonna sonora vede la partecipazione di altri act in voga all’epoca, come Blue Oyster Cult, Cheap Trick Nazareth e Trust.

– Probabilmente fu il ‘Mob Rules Tour’ a codificare la tipica interpretazione goticheggiante dei classici del Sabba Nero da parte di Ronnie James Dio; a giocare una parte importante fu di sicuro il drumming più “quadrato” di Appice rispetto al classico tocco jazzato di Ward, apprezzabile in uno dei bootleg più noti del tour precedente, ‘Heaven And Hell in Hartford’. Tra le testimonianze più note di questa line-up dal vivo emerge – oltre al Live Evil – anche il ‘Live at Hammersmith Odeon’, che raccoglie tre concerti svoltisi tra la fine del 1981 e l’inizio del 1982, uscito per la prima volta nel 2007 e successivamente incluso nella ristampa deluxe di ‘Mob Rules’ nel 2010.

Line-Up:
Ronnie James Dio: vocals
Tony Iommi: guitar
Geezer Butler: bass
Vinnie Appice: drums

Tracklist:
01. Turn Up The Night
02. Voodoo
03. The Sign of the Southern Cross
04. E5150
05. The Mob Rules
06. Country Girl
07. Slipping Away
08. Falling Off the Edge of the World
09. Over and Over

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