Vent’anni dopo, l’ultimo degli Stabbing Westward rimane un prezioso oggetto smarrito
Il 22/05/2021, di Gianfranco Monese.
In: The Birthday Party.
Di questa band, come di tante altre, credo che nessuno scriverà mai. Ma a noi di Metal Hammer Italia, vent’anni fa come oggi, piace scavare a fondo, per capire quelle che prima erano le aspettative oggi tramutate in obiettivi mancati. Se, nel citare Morandi come Zalone in ‘Cado Dalle Nubi’ (2009), “uno su mille ce la fa”, ed è palese che i grandi nomi nei vari articoli o copertine di riviste attirino più visualizzazioni (e like), o aumentino le vendite, perché mai nessuno deve spendere qualche minuto a scrivere dei vinti, di quei nomi sconosciuti che hanno cannato non tanto l’album quanto la proposta e/o le tempistiche, di quei dischi da noi acquistati inconsciamente (per i motivi più disparati, come l’attrazione verso la copertina), dei quali oggi si pensa di essere gli unici a livello nazionale a possederne una copia? Oggetti smarriti, per l’appunto, molto belli tra l’altro, che se scritti da gruppi più in auge venderebbero copie tutt’oggi. Non sottovalutati, peggio: come la formazione stessa, non considerati. Perché un disco sottovalutato riguarda quasi sicuramente band di una certa fama, della cui discografia non rappresenta un capolavoro, ma molte volte una sterzata che per alcuni, certamente non la massa, nella sua diversità è comunque piacevole. Per rendere l’idea due esempi, citando due dei gruppi più famosi in ambito Metal, potrebbero essere ‘Load’ dei Metallica (1996) e ‘The X Factor’ degli Iron Maiden (1995). Gli oggetti smarriti sono invece dischi molto validi (alle volte anche capolavori) di formazioni ai più sconosciute, che se solo avessero avuto più visibilità, o promozione, o fortuna (e questo vale in primis per le band, poi per gli album), chissà quanto avrebbero potuto dare al panorama musicale. Un esempio possono essere dischi e gruppi di qualità cancellati dall’avvento del Grunge, oppure questi Stabbing Westward, band nata nel 1985 nella terra dell’Illinois (più precisamente a Macomb), arrivata al debutto discografico sotto Columbia Records solo nove anni dopo con ‘Ungod’ e devota ad un Industrial Rock spesso accostato ai Nine Inch Nails (il batterista – fondatore, presente nei demo pre ‘Ungod’, fu Chris Vrenna), in grado di permetterle di aprire per band come Depeche Mode (era il tour del 1994 in supporto all’album ‘Songs Of Faith And Devotion’ ed in scaletta, tra le due band, ci furono pure i Primal Scream), Rage Against The Machine, Therapy?, Placebo, The Cult, Sex Pistols e Kiss, giusto per fare qualche nome. ‘Stabbing Westward’, quarto album dei Nostri, prende le distanze non solo da ‘Ungod’ ma anche dal terzo e precedente ‘Darkest Days’ del 1998, (nel mezzo la band pubblicò ‘Wither Blister Burn & Peel’ [1996]), puntando verso un Alternative Rock o Post Grunge, facendo al tempo stesso sapientemente l’occhiolino alle radio con semi ballad che sfiorano il Pop/Rock; non a caso nel numero di Metal Hammer di agosto 2001, il cantante Hall non ebbe alcun problema ad ammettere al nostro Fabio Magliano il suo “amore per gli U2, una delle nostre principali influenze nella realizzazione del nostro nuovo album.” Che siano anni di cambiamenti e di brutti presentimenti lo si nota anche dallo split dalla Columbia (questo è il primo ed unico album sotto la Koch Records) appena un giorno prima che la band partisse per le Hawaii per registrare l’album con un certo Bob Rock (‘Dr. Feelgood’ dei Mötley Crüe [1989] e l’omonimo dei Metallica [1991] tra i tanti). Tuttavia, non inganni la dichiarazione del cantante: il gruppo è riconducibile ad un proprio stile, e il disco risulta comunque variegato, in una differenza di suoni già palpabile nei primi due brani, uniti nel medesimo, triste, racconto di un rapporto ormai finito. Se infatti l’opener ‘So Far Away’, tra i migliori pezzi del lotto, risulta un ottimo brano Alternative governato da un malinconico refrain (ed effetto) di chitarra e dalla struggente e adirata voce di Hall (“…We need to find a way to break this silence that’s between us […] but every time that I touch you, you feel so far away, and every time that you need me, I feel so far away…”), la semi ballad ‘Perfect’, pur con degli ottimi arrangiamenti di chitarra, dimostra appieno l’affermazione riportata precedentemente da Hall, distaccandosi totalmente dalle produzioni passate della band. ‘I Remember’, altra semi ballad, nonostante grazie al suo terzo posto in scaletta ammorbidisca ulteriormente l’atmosfera del disco, tocca il cuore di tutti. La successiva ‘Wasted’ è un’altra perla del disco, tra melanconie chitarristiche care ai The Cure ed una voce che, nella sua disperazione, osa un pò di rabbia. Purtroppo ‘Happy’, impreziosito dalla marimba (suonata dal batterista Kubiszewski), è il brano più Pop del disco, ma fortunatamente resta un capitolo a sè, dato che con ‘The Only Thing’, dedicata alla moglie di Hall (“You are the air I breathe”), ed ‘Angel’ si ritorna nel campo dei generi citati fin dall’inizio, con suoni ed ambientazioni che si fondono in un mix tra Bush, Placebo e i The Verve di ‘The Rolling People’ (da ‘Urban Hymns’ [1997]). ‘Breathe You In’ per il sottoscritto è la ballad di ‘Stabbing Westward’, riuscitissima sia nelle atmosfere che nella mesta dolcezza del ritornello: dati il testo e i molti brani che la band ha concesso a film e videogiochi (a tal proposito si legga lo speciale sottostante “Hammer Fact”), ‘Breathe You In’ non avrebbe sfigurato in un film sul genere di ‘Cruel Intentions’ (1999). ‘High’, richiamando ai Goo Goo Dolls di ‘Lazy Eye’ (notevole brano presente nella colonna sonora di ‘Batman & Robin’ [1997]), è davvero considerevole, regalando un’ultima scarica di adrenalina prima che la conclusiva ‘Television’, i cui toni Industrial/Ambient vengono, dopo quasi tre minuti, sostituiti da un pregevole Alternative Rock, ponga la parola fine ad un piacevole lavoro.
Terminato l’ascolto, viene naturale chiedersi dove ‘Stabbing Westward’, pur rappresentando una sterzata (o la giusta maturazione) nella discografia del quartetto, avrebbe potuto portare l’omonimo gruppo. Perché chiaramente, non avendo le spalle coperte come band molto più famose, il fatto di aver scritto un album senza badare alle aspettative di nessuno comportò praticamente la fine degli S.W., dato che le vendite, Australia a parte, furono deludenti, tanto da indurre i quattro a sciogliersi nove mesi dopo la sua pubblicazione, il nove febbraio 2002, per poi riformarsi (ma solo per i live) nel 2016 per i trent’anni d’attività. Peccato, perché se penso che sempre del 2002 vidi i The Cure a Santa Lucia Di Piave, gli S.W. sarebbero potuti essere un’ottima band d’apertura (assieme al già presente Pietro De Cristofaro, che quella sera si comportò egregiamente). Tuttavia penso valga la pena, soprattutto oggi dove non si sa più dove sbattere la testa, ascoltare nuova musica e di qualità, seppur datata. Prendetevi, quindi, tutto il tempo e tutta la calma da dedicare agli Stabbing Westward, dopotutto siete già in ritardo di vent’anni, no?!
Hammer Fact:
– La recensione di ‘Stabbing Westward’, ad opera del nostro Fabio Magliano, apparve nel numero di Metal Hammer di agosto 2001. Con voto 4/6, ecco cosa scrisse: “Altamente considerati in patria, dove si sono rivelati con una serie di ottimi album e alcune partecipazioni a soundtrack di successo, pressochè considerati “di culto” in Europa, tornano gli Stabbing Westward con un omonimo lavoro che, rispetto al passato, fa segnalare un certo ammorbidimento di sound, una sorta di “commercializzazione” giunta però senza sfigurare quell’identità stilistica costruita da Chris Hall in anni di carriera e fortemente incentrata su un moderno rock a stelle e strisce dalla grande intensità e dal folgorante appeal. Veramente impossibile rimanere indifferenti di fronte all’opener ‘So Far Away’, irresistibile con il suo attacco in sordina destinato a esplodere nell’immediato refrain. E la stessa sorte toccherà poco dopo alla sofferta ‘Wasted’, un altro dei punti forti dell’album. Certo, non mancano i momenti più ruffiani e “da classifica”, come la semplice ‘Happy’ e la soffusa ‘Breathe You In’, sempre e comunque passaggi che denotano un certo gusto da parte del quartetto in questione. La colonna sonora ideale per lunghi viaggi in auto.”
– Sempre nel numero di Metal Hammer di agosto 2001 il nostro Fabio Magliano intervistò Christopher Hall. Alla domanda su che cosa un fan si sarebbe dovuto aspettare dal nuovo, omonimo, album, il cantante rispose: “Deve aspettarsi un album carico di sonorità nuove, di canzoni, di idee, di emozioni, di storie e di esperienze. Deve aspettarsi una band cresciuta musicalmente molto, negli ultimi tre anni. Deve aspettarsi onestà e passione. Deve aspettarsi una band che ha dato veramente molto per offrire il meglio di sé ai propri fan. E, sono sicuro, non resterà deluso.”
– Tra i brani della band presenti in varie colonne sonore vale la pena ricordare, dal debutto ‘Ungod’, ‘Nothing’ e ‘Lost’ (colonna sonora di ‘Johnny Mnemonic’ [1995]), oltre a ‘Violent Mood Swings (Thread Mix)’ (colonna sonora di ‘Clercks – Commessi’ [1994]). Dal successivo ‘Whiter Blister Burn & Peel’ ricordiamo ‘What Do I Have To Do’, presente sia nella colonna sonora di ‘Masterminds’ (1997) che nel ventunesimo episodio ‘Aria di Tempesta’ della serie TV ‘Smallville’ (2001). Da ‘Darkest Days’ toccò a ‘Torn Apart (Wink Remix)’ (colonna sonora di ‘Spawn’ [1997]), ‘Haunting Me’ (colonna sonora di ‘The Faculty’ [1998]) e ‘Save Yourself’ (colonna sonora di ‘Urban Legend’ [1998] e ‘Tekken: The Motion Picture’ [1998]). Altri brani sono ‘Dawn’ (colonna sonora di ‘Fuga Da Los Angeles’ [1996]), ‘So Wrong’ (colonna sonora di ‘La Sposa Di Chucky’ [1998]), e la cover dei New Order ‘Bizzarre Love Triangle’ (colonna sonora di ‘Non è Un’altra Stupida Commedia Americana’ [2001]). Per quanto concerne i videogiochi, dall’album ‘Darkest Days’ il brano ‘The Thing I Hate’ è presente su ‘Duke Nukem: Time To Kill’ (1998).
Line-Up:
Christopher Hall: vocals
Andrew Kubiszewski: drums, vibraphone, marimba, synthesizers, acoustic guitar
Jim Sellers: bass
Walter Hakus: keyboards, synthesizers, programming
Tracklist:
01. So Far Away
02. Perfect
03. I Remember
04. Wasted
05. Happy
06. The Only Thing
07. Angel
08. Breathe You In
09. High
10. Television