5 (+1) curiosità che forse non sapete su… Paul Di’Anno
Il 17/05/2021, di Francesco Faniello.
In: The Birthday Party.
Paul Andrews è nato a Chingford, nell’East End di Londra (UK). Noto con il suo nome d’arte Paul Di’Anno, è stato il primo cantante degli Iron Maiden ad apparire in una pubblicazione ufficiale della band. In formazione dal 1977 al 1981, ha cantato sui primi due dischi della Vergine di Ferro restando nel cuore di moltissimi fan per via di uno stile diretto e senza fronzoli, perfetto per gli esordi di quel gruppo che sarebbe divenuto l’emblema stesso dell’heavy metal. Dopo la fine dell’esperienza con i Maiden, non sarebbe più riuscito a bissare lo stesso successo ottenuto in precedenza, presentandosi inizialmente con le formazioni più disparate (Di’Anno, Battlezone, Killers, solo per citarne alcune) e poi come solista accompagnato da varie tribute band che ripropongono i classici che lo hanno visto protagonista. Ma forse non tutti sanno che…
Beheaded in Japan
Derek Riggs sostiene sia stata solo una curiosa coincidenza: doveva realizzare la copertina per un EP live che testimoniasse il passaggio in Giappone degli Iron Maiden e se ne venne fuori con quest’idea di Eddie che regge la testa mozzata del frontman. Ovvio che Rod Smallwood abbia dato preventivamente di matto, dato che ‘Maiden Japan’ uscì il 14 settembre del 1981, quattro giorni dopo l’ultimo concerto di Di’Anno con i Maiden e con Dickinson praticamente già a bordo; le copie “incriminate” furono bruciate, ma l’EP fece in tempo a uscire in Brasile e Venezuela con quell’artwork piuttosto che con l’immagine universalmente nota di Eddie che brandisce una spada da samurai. Smallwood temeva che Di’Anno l’avrebbe presa male, e invece il corpulento singer reagì con filosofia una volta appreso l’episodio, dicendo “penso fosse un modo per dire ‘beh, ci abbiamo dato un taglio netto’. No, non mi ha dato troppo fastidio. Non ci ho nemmmeno pensato, se devo essere onesto”. In tutto ciò, si tratta di una testimonianza fantastica per essere l’epitaffio di Paul nei Maiden, con quattro pezzi (o cinque, a seconda delle edizioni) che fotografano esattamente l’energia sprigionata dai campioni della NWOBHM in quegli anni; qualche sovraincisione di chitarra, ma la voce è tutta dal vivo, e si sente…
Il lupo solitario
Nelle parole di Paul Birch della Heavy Metal Records, l’unico contatto – seppure alla lontana – mai avuto con i Maiden è stato la produzione del primissimo disco con Paul Di’Anno alla voce dopo l’uscita dal gruppo, l’omonimo e unico album denominato semplicemente ‘Di’Anno’; l’intenzione del singer era quella di mettere su una band dal nome Lonewolf, ma dovette abbandonare l’intento per un caso di omonimia. Il lavoro in oggetto si distingue per una lontananza siderale dal sound della Vergine di Ferro, e non nel senso che il singer aveva lasciato intendere nel corso della sua breve militanza con Harris e soci; tutti si sarebbero aspettati un album punk, per poi trovarsi davanti un disco pop/AOR senza particolari picchi, che avrebbe per di più dovuto chiamarsi ‘Two Swimmers & A Bag of Jockies’, un gioco di parole che richiama il tipico piatto inglese fish and chips! Come ciliegina sulla torta, il singer rifiutò di eseguire i pezzi dei primi due dischi degli Iron Maiden nel breve tour di supporto all’album, con la conseguente e immaginabile delusione dei pochi fan accorsi a vederlo dal vivo; a questo proposito, la VHS ‘Live at the Palace’ è la testimonianza dal vivo di questa meteora, con tanto di tributo agli Animals (o a Santa Esmeralda?).
Tutti insieme appassionatamente
Tra le cose più strane per un punk dell’East End di Londra, spesso fotografato in quegli anni con una T-shirt degli Agnostic Front, c’è sicuramente la militanza in un vero e proprio supergruppo, un concetto ben radicato nella simbologia di tutto ciò per cui il punk si era posto come punto di rottura, ma tant’è. Si tratta dei Gogmagog, “assemblati” dal dj Jonathan King nel 1985 con l’idea di registrare un EP per eseguire due pezzi scritti da lui (‘Living in a Fucking Time Warp’ e ‘It’s Illegal, It’s Immoral…’) assieme a quella che sarebbe divenuta la title-track, ‘I Will Be There’, che vede come autore il “prezzemolino” Russ Ballard. Un progetto di brevissima durata e di successo ancora minore, nei cui confronti sia Di’Anno che gli altri partecipanti avevano espresso da subito frustrazione per non poter contribuire con le proprie idee musicali – che, non ci riesce difficile immaginarlo, sarebbero state sicuramente superiori al risultato ottenuto. Alla batteria troviamo il fido Clive Burr, motore di quei dischi maideniani che avevano visto proprio Paul Di’Anno alla voce, mentre al basso compare Neil Murray, cuore pulsante del periodo hard/blues dei Whitesnake ma anche futuro protagonista dell’omonimo bestseller della band del 1987 (oltre ai suoi trascorsi con Gary Moore e con i Black Sabbath). E alle chitarre? Da un lato Pete Willis, fuori dai Def Leppard nel bel mezzo delle session di ‘Pyromania’, ossia poco prima che arrivassero i soldi veri; dall’altro Janick Gers, colto nel mezzo tra la fine della sua band NWOBHM (i White Spirits) e della sua collaborazione con Ian Gillan, e una manciata di anni prima di venire reclutato prima per ‘Tattoed Millionaire’ e poi per ‘No Prayer For The Dying’. Lo dicevano che la vita era fatta a scale…
Live at Last
Che il Giappone sia sempre stato un mercato per determinate sonorità, è cosa nota. Proprio dal Sol Levante è nata l’idea, a fine anni ’80, di celebrare il decennale della NWOBHM con un tour che sintetizzasse il sound di quel movimento in un’unica formazione; niente di più logico dunque che contattare i fratelli Troy dei Praying Mantis e proporre loro una serie di concerti con Di’Anno alla voce. Il Nostro pensò bene di contattare Dennis Stratton, e così furono i Praying Mantis con i due ospiti di lusso a portare dal vivo una scaletta tratta dal classico “Time Tells No Lies” assieme alle hit dei Lionheart di Stratton e ovviamente a una selezione tratta dai primi due dischi degli Irons. Il risutato è ‘Live at Last’, un disco imperdibile per chiunque ami quelle sonorità impreziosito da un Di’Anno in forma smagliante accolto da un boato del pubblico al suo ingresso in occasione di ‘Hot Tonight’ dei Lionheart, passando per ‘Running for Tomorrow’ e ‘Cheated’ dei Mantis e per classici che non hanno certo bisogno di presentazioni come ‘Murders in the Rue Morgue’, ‘Phantom of the Opera’ e ‘Running Free’. “I wanna try and make this the best live album ever”, dichiara Paul prima dell’esecuzione di ‘Wratchild’; voi intanto provate a immaginare chi è la vittima delle tre mantidi religiose in copertina…
Oppressed by society, fooled by the press
Probabilmente i Killers sono stati l’ultimo progetto del Nostro a ottenere una certa visibilità a livello sia di pubblico che di critica, prima che il Nostro iniziasse una serie di tour in cui avrebbe portato dal vivo quasi esclusivamente i classici di ‘Iron Maiden’ e ‘Killers’. Formati nel 1991 con membri di Battlezone, Tank e Raven, i Killers rilasciarono prima un album registrato dal vivo in Sud America e poi il debut in studio ‘Murder One’, che suonava un po’ come una versione modernizzata della NWOBHM, impreziosito da una cover di ‘Children Of The Revolution’ dei T-Rex. In pochi si sarebbero aspettati la svolta successiva, in qualche modo preconizzata dal celebre verso tratto da ‘Running Free’, “I spent the night in an LA jail”: Di’Anno fu arrestato proprio a Los Angeles per possesso di armi e droga, restando in cella per tre mesi, col giudice che lo definì “una minaccia per la società”. Nulla di più logico che il secondo (e ultimo) disco dei Killers venisse intitolato proprio ‘Menace To Society’, con un sound che incredibilmente avvicinava il progetto a gruppi come Pantera e Machine Head, conquistando la redazione tedesca di Metal Hammer a tal punto da essere nominato album dell’anno 1994!
All is calm, all is bright
La lista delle collaborazioni e partecipazioni di Di’Anno è davvero infinita, e potete trovarne svariati esempi in Rete. Si va dall’apparizione su ‘The Alliance of Hellhoundz’ dei Destruction fino a un’improbabile cover di ‘Symphony of Destruction’ dei Megadeth, dalla partecipazione agli Hollywood Monsters di Steph Honde fino alla collaborazione con Dennis Stratton per ‘The Original Iron Men’ e al progetto NWOBHM All Stars curato da Lea Hart e Chris O’Shaughnessy assieme a Biff Byford, Tino Troy, Paul Samson e Dennis Stratton. Tuttavia, è d’uopo mettere su almeno una volta all’anno questa sua particolarissima apparizione alla ZDF tedesca…