Compie vent’anni ‘Puritanical Euphoric Misanthropia’, la svolta dei Dimmu Borgir

Il 20/03/2021, di .

In: .

Compie vent’anni ‘Puritanical Euphoric Misanthropia’, la svolta dei Dimmu Borgir

I Dimmu Borgir.
Un nome a cui si associa inevitabilmente la Norvegia nei suoi freddi scenari, un sound sempre in evoluzione e al passo con i tempi, opere monumentali e tanti, ma tanti, strumenti musicali valorizzati in ogni loro timbro.
Vent’anni fa usciva il famosissimo full-length ‘Puritanical Euphoric Misanthropia’: un disco che può essere concepito di sicuro come un grande punto di svolta nella carriera della band.
I Dimmu Borgir, dall’islandese “Fortezza Oscura” (e se avete modo di visitare questa meravigliosa isola sappiate che esiste proprio una formazione vulcanica che nella leggenda segnerebbe l’ingresso dell’Inferno), sono una band che si forma nel cuore della Norvegia nel 1993: Silenoz (Sven Atle Kopperud) alla chitarra e voce , Shagrath (Stian Tomt Thoresen)  alla batteria e successivamente alla voce e Tjoldav (Ian Kenneth Åkesson) alla chitarra.
Ai tre successivamente si aggiungono in modo definitivo Mustis alla tastiera, Vortex e Galder: i cambi di formazione saranno davvero tanti nel corso del tempo, le collaborazioni con musicisti famosi ancora di più, ma il fenomeno Dimmu Borgir convince talmente tanto nel suo black symphonic, lontano dall’old school del momento, che il contratto con la Nuclear Blast non tarda ad arrivare.
Dopo il colossale ‘Stormblåst’ e il successivo ‘Enthrone Darkness Triumphant’, la band non ci mette molto per regalarci il magnifico ‘Puritanical Euphoric Misanthropia’ nel 2001, un lavoro che, dopo le buone premesse del passato, ha portato il loro black metal sinfonico ad un altro livello.
Il livello di chi ormai non ha più nulla da chiedere, poco da dimostrare o qualcosa da seguire.
Anzi, i Dimmu Borgir diventano la band melodica del sound estremo che detta legge e propone quel qualcosa di così diverso nel saturo panorama black che non può che piacere.
Lo stesso Silenoz ha spiegato a Metal Hammer il significato dell’album partendo dallo stesso titolo: in queste 12 canzoni si racchiude la loro visione del genere umano, spinto sempre di più verso un’attitudine misantropica condizionato dall’euforia con cui la classe religiosa limita la propria esistenza alla sopravvivenza.
Una Weltanschauung bella impegnativa da concepire, ma la cosa certa è che a tutti coloro che pensano che l’album abbia rovinato per la sua diversità il black metal, Silenoz ha risposto di ascoltare anche musica pop nel tempo libero.
Un messaggio molto più chiaro con l’intento di invitare i fan ad abbandonare un paraocchi musicale con cui si fa la gara su chi sia più estremo.
Il disco si avvale della partecipazione della Gothenburg Opera Orchestra, che tradisce la volontà da parte dei sei di concepire qualcosa di complesso, accurato e sensazionale: i Dimmu Borgir hanno letteralmente osato con questo progetto, lasciando l’ascoltatore a bocca aperta in quasi un’ora di viaggio spirituale.
Un intro lento, ombroso, intervallato da barlumi di speranza ma interrotto bruscamente da ‘Blessings Upon The Throne Of Tyranny’ con cui ha inizio in maniera epica l’album. Il blast beat è cattivissimo, e il connubio mistico con le tastiere (come con i tanti altri strumenti che rendono il sinfonico) è perfettamente riuscito (vedi ‘Hybrid Stigmata’ e ‘Architecture Of A Genocidal Nature’).
Le due chicche dell’album che vengono molte volte riproposte live? ‘Puritania’ e ‘Kings Of The Carnival Creation’ di certo, due capolavori senza tempo che accendono il pubblico sin dalle prime note.
Piccola riflessione. Ci si lamenta sempre di ascoltare le stesse cose quanto si è abitudinari nel criticare un qualcosa che non sia sufficientemente estremo. Personalmente quest’ opera l’ho apprezzata eccome, e non vedo l’ora di essere nuovamente stupita da una band che in trent’anni non ha fatto altro che regalare emozioni uniche. Ed alla domanda avanzata dai vari delusi fanatici del genere “perché?”, io vi rispondo semplicemente con un “perché no?”.

Hammer Fact:

– Ennesimo album dal titolo composto da tre parole: Silenoz ha semplicemente spiegato che, al di là del numero simbolico, i Dimmu Borgir riescono a esprimere l’essenza di un album in tre parole e i testi in una.

– Twisted Sister?: cresciuti a pane e rock and roll, i nostri ragazzi norvegesi volevano omaggiare in qualche modo una delle band più influenti degli anni ottanta. E poiché era di moda allora fare cover dei Judas, perché non scegliere ‘Burn In Hell’ dei coloratissimi Twisted Sister?

– Primo album non solo ad aver come ospite una vera e propria orchestra, ma anche ad avere nella line-up ufficiale alla batteria Nicholas Barker, alla chitarra Galder, ed al basso ICS Vortex. Silenoz dichiarerà in seguito di aver voluto dare vita ad una vera e propria orchestra con questa nuova formazione.

Line-up:
Shagrath: vocals
Erkekjetter Silenoz: guitars
Galder: guitars
ICS Vortex: bass
Mustis: keys, synth
Nicholas Barker: drums

Tracklist
01. Fear And Wonder (Intro)
02. Blessings Upon The Throne Of Tyranny
03. Kings of the Carnival Creation
04. Hybrid Stigmata – The Apostasy
05. Architecture Of A Genocidal Nature
06. Puritania
07. IndoctriNation
08. The Maelstrom Mephisto
09. Absolute Sole Right
10. Sympozium
11. Perfection Or Vanity
12. Devil’s Path
13. Burn In Hell (Twisted Sister cover)

Ascolta il disco su Spotify

Leggi di più su: Dimmu Borgir.