La classifica dei dischi dei Lacuna Coil secondo Metal Hammer Italia
Il 24/02/2021, di Alessandro Ebuli.
In: Hammer Chart.
Scrivere la classifica dei migliori dischi di un singolo artista o di una band è un po’ il sogno di ogni scriba, specie di quelli come me che si occupano di musica e vivrebbero di classifiche, elenchi, i migliori dieci, i peggiori dieci, i dischi da isola deserta, quelli da portare in auto, quelli da ascoltare in cuffia e chi più ne ha più ne metta. La parte più difficoltosa di questo compito, che preferisco chiamare elenco argomentato – è restare il più distaccato possibile dalle sensazioni e dalle emozioni che ci (mi, in questa sede) legano a quel disco o quella canzone, vuoi perché parte di un percorso personale o perché legate ad un particolare momento della vita di ognuno di noi. In fondo è esattamente questo genere di sensazioni che ci permettono di amare un’opera piuttosto di un’altra, che persone con gusti differenti dai nostri al contrario riescono difficilmente a digerire per una moltitudine di motivi più o meno condivisibili. In questa sede mi ergerò a classificatore dei dischi dei Lacuna Coil, band con ormai più di vent’anni di carriera ed una nutrita discografia alle spalle. E’ necessario vi racconti la loro storia? Non credo, se siete qui evidentemente conoscete a menadito la loro ascesa al successo, quindi non mi dilungo ulteriormente e andrò a stilare l’elenco in questione che, beninteso Signore e Signori, mi è costato non poca fatica per le emozioni ed i ricordi che alcuni tra questi dischi suscitano in me. Sappiate che il mio album preferito di questa band non è tra quelli sul podio, e ciò sia sufficiente a dichiarare la mia oggettività in merito. Per completezza d’informazione, ho deciso di prendere in esame esclusivamente gli album studio, tralasciando volontariamente i due live ‘Visual Karma’ del 2006, ‘The 119 Show – Live In London’ del 2019, la raccolta ‘Manifesto Of Lacuna Coil’ del 2009 e ‘The Presence Of The Past’ del 2016 – cofanetto comprendente tutta la discografia fino a ‘Delirium’ – ed introducendo il presente articolo con i primi due EP che non saranno parte integrante della classifica, ma che hanno avuto e tutt’ora hanno a loro modo un ruolo importante all’interno della discografia dei Lacuna Coil.
10. Lacuna Coil EP (1997) e Half Life EP (2000)
L’omonimo primo EP anticipa quella che sarà la direzione stilistica che il gruppo milanese avrebbe deciso di intraprendere fin dai primi passi nel mondo della musica. È composto da sei brani ancora troppo acerbi a causa della giovane età dei musicisti coinvolti, ma riesce a catturare l’ascoltatore grazie a valide melodie e curiose soluzioni di alternanza tra il cantato pulito di Cristina e quello di Andrea, ancora lontano dal growl più marcato dei tempi recenti. In questa prima pubblicazione c’è già tutto l’impasto sonoro che ritroveremo negli album a venire, di certo fino a ‘Comalies’ del 2002. Da segnalare sicuramente ‘Soul Into Hades’ e la ballad ‘Falling’, i due brani migliori del lotto. Entrambe verranno riprese nel tour per il ventennale della band e inserite nel live ‘The 119 Show – Live In London’ del 2019. Con ‘Karmacode’ del 2006 lo stile subirà un lieve cambiamento, una inevitabile evoluzione che porterà a sonorità più elaborate grazie anche a produzioni più convincenti. L’attività live di quel periodo riesce a dare visibilità alla band nei primi passi della propria carriera; la line-up è ancora in fase di assestamento, infatti qui accanto a Cristina Scabbia, Andrea Ferro e Marco Coti Zelati troviamo Raffaele Zagaria e Claudio Leo alle chitarre e Leonardo Forti alla batteria. Questa formazione non durerà molto, come avremo modo di vedere più avanti, e già nel secondo EP ‘Half Life’ del 2000 la formazione sarà quella definitiva e più longeva per i Coils, che rimarrà stabile fino al 2014. ‘Half Life’ risulta essere più a fuoco del precedente omonimo Ep nonostante sia presente un brano in meno nella tracklist. È presente ‘Senzafine’, una tra le canzoni più amate in assoluto dai fan della prima ora e brano che ritroveremo l’anno successivo nell’album ‘Unleashed Memories’. ‘Half Life’ da un lato viene maggiormente apprezzato rispetto al suo fratello maggiore – complice il fatto di essere stato pubblicato successivamente all’album di inediti ‘In A Reverie’ – e perché anticipatore del già citato ‘Unleashed Memories’ che saprà mostrare al mondo intero di cosa siano capaci i Lacuna Coil. I due EPverranno ristampati nel 2005 in una unica confezione comprendente una tracklist invariata rispetto alle due uscite originali, ma con un artwork rinnovato ispirato alla copertina di ‘Comalies’.
9. ‘Shallow Life’ (2009)
‘Shallow Life’ viene pubblicato nel 2009, tre anni dopo ‘Karmacode’, un album che per i Lacuna Coil ha significato molto in termini di successo. Purtroppo, come sovente accade alle band che pestano sull’acceleratore per anni, peraltro con prove di un discreto spessore, questo album segna un momento di cedimento nell’attività del gruppo. L’approccio è meno istintivo delle precedenti prove e se da una lato alcuni brani spiccano per bellezza e stile come ‘Spellbound’ ‘Not Enough’ e ‘Survive’ con le loro melodie coinvolgenti, altri risplendono meno di propria luce e in un certo qual modo risultano privi di quel mordente al quale i Lacuna Coil ci avevano abituati. ‘I Won’t Tell You’ e ‘I Like It’, per esempio, nonostante il successo ottenuto come singoli apripista della release non reggono il passo con altri brani molto più riusciti dei precedenti album, o ancora ‘The Maze’, ‘The Pain’ e ‘Unchained’ che si lasciano ascoltare, ma nel complesso risultano essere sottotono. Da segnalare la splendida ballad ‘Wide Awake’ dalla melodia sognante. L’edizione speciale dell’album comprende un secondo cd con alcune versioni acustiche, b-sides e rarità, esibizioni live.
8. ‘In A Reverie’ (1999)
‘In A Reverie’ è ufficialmente il primo album dei Lacuna Coil pubblicato a cavallo dei due EP. Promette bene fin dalle prime note di ‘Circle’, nel quale possiamo individuare tutti gli elementi che caratterizzeranno lo stile futuro della band pur senza particolari colpi di genio a stravolgere l’ascolto. Come già anticipato nella descrizione dei due EP la voce di Andrea è ancora lontana dall’utilizzo di quel growl che troveremo copioso negli ultimi due dischi in carriera (‘Delirium’ e ‘Black Anima’) e lo sviluppo delle soluzioni ritmiche e melodiche sono più o meno quelle che resteranno invariate – ben inteso, non si tratta di un elemento negativo – almeno fino a al 2002. Tutto ‘In A Reverie’ scorre piacevolmente, con alcuni particolari guizzi in ‘Honeymoon Suite’, ‘My Wings’ e ‘Vein Of Glass’, mentre risultano un po’ troppo plastici gli altri brani, su tutti ‘Stately Lover’, ‘To Myself To Turned’ e ‘Falling Again’, ma non dobbiamo dimenticare di essere pur sempre di fronte all’esordio di una band che in questa sede vede l’ingresso dei nuovi elementi (Cristiano Migliore e Marco Biazzi alle chitarre e Cristiano Mozzati alla batteria) a completare una line-up che rimarrà stabile per ben quindici anni e che saprà dare dimostrazione – come vedremo anche nell’immediato futuro – delle proprie capacità tecniche e compositive.
7. ‘Delirium’ (2016)
‘Delirium’ è il primo album con una line-up per metà rinnovata. Emanuele Biazzi (Chitarra), Cristiano Migliore (Chitarra) e Cristiano Mozzati (Batteria) lasciano il gruppo nel 2014 e il futuro della band pare vacillare. Vengono sostituiti dallo statunitense Ryan Blake Folden dietro le pelli e da Diego Cavallotti alla chitarra, con una formazione assestata su cinque elementi anziché sei, come di consueto. La gestazione del nuovo album non dura molto, probabilmente il gruppo cerca di ritrovare una stabilità ed acquisire un necessario (ri)compattemento, e nel 2016 viene pubblicato ‘Delirium’, che mostra fin dalle prime note una potenza sonora e un tiro nuovi per la band. ‘The House Of Shame’ è di diritto il manifesto della nuova formazione che spinge verso il death metal senza preoccuparsi di stupire il proprio pubblico. Suoni taglienti, doppia cassa elaborata e un growl arrabbiatissimo di Andrea Ferro sono i nuovi segni distintivi dei Lacuna Coil. ‘Blood, Tears, Dust’, ‘You Love Me ‘Cause I Hate You’, ‘Ghost In The Myth’, ‘Ultima Ratio’ sono brani di alto livello che si sorreggono su sonorità piuttosto dure e il concept di fondo del disco ispirato al tema della follia rende l’ascolto claustrofobico. Un buon album che però non convince completamente, pare quasi che premere sull’acceleratore e dare un taglio più death metal ad alcuni dei brani in scaletta sia merito (o colpa?) del nuovo entrato ‘Folden’ alla batteria, e tale sterzata sia stata utile per dare modo al gruppo di ritrovare la bussola dopo l’improvvisa defezione di ben tre dei sei musicisti. La potenza sonora di ‘Delirium’ è gioco forza il contraltare per le canzoni meno riuscite dell’album, in una sorta di naturale bilanciamento tra le parti. Nell’edizione speciale è presente la cover di ‘Live To Tell’ di Madonna, splendido brano che in questa veste – a differenza di cover famose inserite nelle tracklists di altri album – perde un po’ di quell’aura che possedeva nella versione originale. In definitiva ‘Delirium’ è un disco che lascia interdetti nonostante la presenza di validi brani in scaletta e che segna un passo interlocutorio nel nuovo corso dei Lacuna Coil.
6. ‘Black Anima’ (2019)
‘Black Anima’ segna un ulteriore cambio tra le fila della band. Dopo solo un album – ‘Delirium’ del 2016, Ryan Blake Folden lascia la band che si ritrova nuovamente senza un batterista. Il tempo di riprendersi da questa nuova defezione che viene ingaggiato il giovane Richard Meiz, proveniente dai Genus Ordinis Dei. Preciso come il suo predecessore, entra a capo chino e contribuisce soltanto in parte alla realizzazione del nuovo album. ‘Black Anima’ non risente troppo del nuovo cambio di formazione, al contrario sembra procedere su binari già diritti e ben tracciati. Anche ‘Black Anima’ può essere considerato un concept album nel quale questa volta, dopo la follia di ‘Delirium’, si va ad esplorare la parte più oscura della propria mente. Vicende personali di Cristina Scabbia pare abbiano influito sulla stesura dei testi, e se il risultato è evidentemente oscuro è altresì riuscito. Brani come ‘Layers Of Time’, ‘Apocalypse’, ‘Save Me’, ‘Reckless’, ‘Under The Surface’, la title-track ‘Black Anima’ e la sinfonica ‘Veneficium’ sono purezza e impatto, laddove il tipico sound dei Lacuna Coil viene qui imbastito con arrangiamenti più dark, a tratti accostabili a quelli di un altro album, ‘Unleashed Memories’ del 2001. Sicuramente, ‘Black Anima’ non sarà ricordato come il capolavoro dei Coils, ma certamente riesce a mettere in evidenza la presenza di Diego Cavallotti alla chitarra, ora completamente a proprio agio nel gruppo. È chiaro a tutti che la ditta Scabbia-Ferro-Zelati è divenuta ormai la triade oligarchica del gruppo, e ciò va visto come un segnale inequivocabile per il futuro. ‘Black Anima’ va guardato e ascoltato nell’ottica di un album di transizione che probabilmente soltanto tra qualche anno potrà essere valutato nella sua completezza.
5. ‘Dark Adrenaline’ (2012)
A tre anni di distanza dal mezzo passo falso di ‘Shallow Life’, i Coils tornano in pista col nuovo, freschissimo e oscuro già dal titolo ‘Dark Adrenaline’, disco che senza mezzi termini intende riportare la band ai livelli raggiunti in passato e se possibile raggiungere vette ancora più alte. L’apertura dell’album è affidata a ‘Trip The Darkness’ – singolo apripista della release – che anticipa le rinnovate sonorità della band e presenta tematiche oscure che da qui in poi troveremo sempre più spesso nelle liriche. Una delle novità di ‘Dark Adrenaline’ consiste in una maggiore alternanza che in passato tra le voci maschile e femminile; l’altra novità è la voce di Cristina, notevolmente migliorata rispetto al passato. Nelle interviste dell’epoca, Cristina Scabbia dichiarava di avere preso lezioni da un insegnante di canto e se da un lato la cosa può sorprendere è bene ricordare che al pari di un valido produttore, che può essere capace di captare e sviluppare al meglio le potenzialità di un artista o di una band per quanto riguarda i suoni che lo stesso artista desidera ottenere, dall’altro lato un insegnante di canto può essere in grado di dare ad un vocalist la possibilità di sviluppare al massimo le proprie capacità, e nel caso di Cristina in ‘Dark Adrenaline’ il risultato è riuscito perfettamente ed è evidente. In questa release sono molti i brani da citare perché ben riusciti: la già citata ‘Trip The Darkness’, ‘Kill The Light’, ‘Give Me Something More’, ‘Upside Down’, ‘I Don’t believe In Tomorrow’, ‘Intoxicated’, fino alla cover dei R.E.M. ‘Losing My Religion’. Menzione particolare va alla conclusiva ‘My Spirit’ dedicata al compianto Peter Steele dei Type ‘O Negative, scomparso due anni prima e caro amico di tutti i membri della band.
4. ‘Karmacode’ (2006)
Fino all’ultimo momento sono stato dubbioso riguardo la posizione in classifica da assegnare ‘Karmacode’, che si è giocato il quarto posto con ‘Dark Adrenaline’. Fermo restando che questo è un elenco più o meno condivisibile e di conseguenza contestabile, dettato principalmente dalle impressioni da parte di chi scrive in merito alle sensazioni che questi album possono aver fatto scaturire, è innegabile che alcuni di loro abbiano un valore – questo sì, incontestabile – all’interno dell’intera discografia presa qui in esame. Pur sempre senza avere la pretesa di insegnare nulla a nessuno e risultare quindi enciclopedici, ‘Karmacode’ nasconde al suo interno ambizioni e voglia di stupire il pubblico attraverso tredici nuove canzoni. Anzitutto questo album esce a distanza di ben quattro anni dal precedente ‘Comalies’, una pausa lunga che mai più si ripeterà tra un album e l’altro nella carriera del gruppo. ‘Our Truth’, ‘Fragile’, ‘To The Edge’, ‘Closer’ sono i brani di punta dell’album, nei quali l’immediatezza la fa da padrona, sempre ben allineata e coperta da melodie accattivanti e mai stucchevoli sorrette da validi arrangiamenti. Ottimi anche ‘Within Me’, ‘Fragments Of Faith’ e ‘In Visible Light’, e in ultimo step va segnalata la cover d’eccezione di ‘Enjoy The Silence’ dei britannici Depeche Mode, divenuta nel tempo un immancabile Anthem in sede live. Non hanno inventato nulla di nuovo con ‘Karmacode’, a tratti le affinità con ‘Comalies’ non sono neppure troppo celate (si ascolti ‘Daylight Dancer’ in primis), ma questo disco li consacra al grande pubblico e li fa uscire da quel limbo in cui stazionavano da tempo – più o meno da qualche anno, quando i singoli ‘Heaven’s A Lie’ e ‘Swamped’ avevano garantito alla band una discreta visibilità. ‘Karmacode’ dunque vince su ‘Dark Adrenaline’ per il pregio di essere stato l’album apripista della seconda fase della crescita dei Lacuna Coil. A conferma di ciò, dal tour di questo album verrà tratto un Dvd live pubblicato nel 2008 con il titolo ‘Visual Karma’.
3. ‘Unleashed Memories’ (2001)
Intervallato dal secondo EP ‘Half Life’, ‘Unleashed Memories’ è il secondo full-lenght pubblicato dai Lacuna Coil. Siamo nel nuovo millennio e le porte del successo stanno per aprirsi, ma il gruppo ancora non ne è consapevole. Lavorano con professionalità e abnegazione i Nostri sei musicisti, e ciò che prende forma in quel 2001 ancora lontano dai tragici eventi americani che avverranno l’undici settembre di quello stesso anno è un album zeppo di ottime canzoni e valide intuizioni, con un primo assaggio di quello che troveremo nel successivo ‘Comalies’, che uscirà l’anno successivo. È tangibile la volontà dei Coils di scrivere e registrare una grande quantità di musica, un’urgenza creativa difficile da arginare. Il prodotto di questa inarrestabile prolificità è un album raffinato che fa della profondità delle liriche il proprio manifesto; canzoni intense e complesse, nelle quali una non troppo celata sofferenza tende ad emergere e procede parallela al suono compresso di tutto l’album, a tratti opprimente, eppure straordinario. Il colore rosso dell’artwork rimanda a un sanguigno sguardo dentro se stessi e alla profondità del proprio essere. In tutti i testi si avverte una dolorosa necessità di combattere per qualcosa che rischia di sfuggire e alla quale si desidera aggrapparsi per restare a galla. In parte ritroveremo questi temi in ‘Black Anima’ del 2019 che riproporrà persino il colore rosso dell’artwork e che farà di ‘Save Me’ il messaggio dell’individuo che desidera salvarsi da se stesso, quando diciotto anni prima, in ‘Senzafine’, si domandava “Da adesso ormai che senso ha opporre resistenza a un destino segnato”. Una palese presa di coscienza della propria condizione di essere vivente. Un disco straordinario questo ‘Unleashed…’ con canzoni memorabili come ‘To Live Is To Hide’, ‘Purify’, ‘Senzafine’, (già contenuta in ‘Half Life’ EP), ‘1.19’ (intitolata con la data che santifica un importante evento per il gruppo, ma che a quanto pare non è stato ancora realmente svelato), ‘When A Dead Man Walks’, ‘Cold Heritage’, ‘Heir Of A Dying Day’ e ‘A Current Obsession’ (a detta di Maki (Marco Coti Zelati) la canzone che preferisce suonare in assoluto tra tutte. Di diritto sul podio.
2. ‘Comalies’ (2002)
‘Comalies’ è il terzo full-lenght del gruppo pubblicato a distanza di un solo anno dal precedente ‘Unleashed Memories’. Un disco che dimostra la propria maturità con brani destinati a lasciare un’impronta profonda per il futuro dei Lacuna Coil, giunti ormai alla quinta pubblicazione in carriera, la quarta con una stabile line-up. Non devono dimostrare più nulla che non sia la propria professionalità e infatti le due tracce poste in apertura ‘Swamped’ e ‘Heaven’s A Lie’ mettono subito in evidenza la crescita artistica della band. È una esplicita dichiarazione di intenti, non si lasciano influenzare dalle mode dell’epoca – in quel periodo iniziano a nascere decine di band con female voice al comando, una clone dell’altra, e tutte facenti capo ad uno pseudo movimento (in realtà inesistente, ma creato come spesso accade da certa stampa) di gruppi ispirati in primis ai finlandesi Nightwish e, questo è un gran merito, proprio ai nostrani Lacuna Coil, che a quanto pare non si sentono invero ispiratori di nulla proprio perché impegnati a capo chino sulle proprie creazioni. E’ però un dato di fatto che negli anni a venire saranno davvero un punto fermo – lo sono ancora oggi – per numerosi gruppi dediti all’alternative metal dai tratti gotici e sinfonici. I brani più riusciti della release sono i due già citati, ma anche ‘Daylight Dancer’, ‘Self Deception’, ‘Tight Rope’, ‘Unspoken’, ‘The Prophet’s Said’, ‘Angel’s Punishment’ e la titletrack ‘Comalies’, cantata in parte in madrelingua. Un album che merita il podio e che si posiziona al secondo posto soltanto perché risulta ancora un po’ acerbo rispetto a ‘Broken Crown Halo’ per vari motivi, primo fra tutti la piena maturità che la band che raggiungerà soltanto alcuni anni dopo ‘Comalies’. Un disco che indipendentemente da questa classifica/elenco segna una svolta decisiva nella storia del gruppo.
1. ‘Broken Crown Halo’ (2014)
‘Broken Crown Halo’ è l’ultimo album dei Lacuna Coil con la formazione storica stabile dal 2000; dal successivo album la line-up si ridurrà a cinque elementi e lo stile si modificherà mettendo in evidenza alcune asprezze che iniziavano ad essere evidenziate in questa release. Ma andiamo con ordine. Anzitutto va detto che a ‘Broken Crown Halo’ spetta il primo posto perché rappresenta la piena e totale maturità della band; giunge a soli due anni da ‘Dark Adrenaline’ che già rappresentava una rinascita – se così vogliamo definirla – seguita al momento di lieve stanca segnato da ‘Shallow Life’. Inoltre, ‘Broken Crown Halo’ riesce a concentrare tutte le migliori sfumature dei precedenti album e delle pregresse esperienze della band riuscendo a centrifugare il tutto con classe e mestiere fino a rendere un risultato perfettamente omogeneizzato, calibrato, di spessore. ‘Nothing Stands In Our Way’ è l’opener di un album che è di per sé l’immagine di un gruppo conscio delle proprie capacità, un gruppo che non intende fermarsi davanti a nulla. È divenuta nel tempo l’inno dei fan, una canzone in grado di racchiudere nelle sue parole la volontà di non fermarsi e battersi davanti alle difficoltà della vita. Non soltanto, è divenuto nel tempo l’inno con il quale il popolo dei Coilers omaggia con la propria passione e la propria vicinanza la band a quella che sembra divenuta una famiglia allargata, complice anche la presenza più o meno attiva dei membri della band su numerosi canali social. C’è da ricordare che i Lacuna Coil, specie nei primi anni della loro carriera, non furono molto apprezzati in suolo italico e lo dimostra il fatto che i primi riconoscimenti giunsero dall’estero, in particolare da oltreoceano. In ‘Broken Crown Halo’ troviamo dunque un pugno di brani significativi, che lasciano il segno senza praticamente registrare alcun cedimento: ‘Zombies’, ‘Hostage To The Light’, ‘Victims’ (dedicata a tutte le vittime cadute inutilmente – e qui si potrebbe allargare il pensiero a tutte le vittime, quelle della guerra, della sofferenza interiore, degli abusi familiari), ‘Die & Rise’, ‘Infection’, ‘Cybersleep’ sono composizioni magistrali che se per un verso richiamano gli stilemi classici della band, per l’altro aprono ad un nuovo corso votato ad una maggiore incisività di fondo (quella che infatti riscontreremo nei successivi ‘Delirium’ e ‘Black Anima’), pur non dimenticando come scrivere delle ballad evocative ed emozionali. È il caso di ‘I Burn In You’ e ‘One Cold Day’, che posta in chusura del disco rimanda a ‘My Spirit’ – la traccia conclusiva del precedente album ‘Dark Adrenaline’ – per atmosfere e musicalità. ‘Broken Crown Halo’ allo stato attuale è l’album più omogeneo, armonico e compatto dell’intera discografia dei Lacuna Coil, il che non significa necessariamente che questo sia il più o meno bello del lotto – che sul concetto di bello e brutto hanno disquisito sufficientemente grandi pensatori e filosofi senza venire a capo del dilemma. Noi ascoltatori abbiamo la possibilità di fruire della musica della band, molta, varia, emozionante, e a ogni ascolto possiamo cercare e trovare nuove ed entusiasmanti sfumature che siano in grado di volta in volta di rivoluzionare questa classifica, mettendoci in gioco in prima persona attraverso la musica e le parole che i Lacuna Coil hanno creato per noi, ma prima di tutto per se stessi. E tanto basti per essere felici così.