I trent’anni dell’apoteosi finale dei Queen: ‘Innuendo’

Il 04/02/2021, di .

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I trent’anni dell’apoteosi finale dei Queen: ‘Innuendo’

Con l’arrivo degli anni Novanta, si apre un’altra decade di cambiamenti. Dal punto di vista storico/politico, una tra le prime date da salvare è il 3 ottobre 1990, quando la Germania è ufficialmente riunificata in seguito alla caduta del Muro di Berlino, avvenuta poco meno di un anno prima. Dal punto di vista umano, purtroppo a crollare è anche lo stato di salute di Mercury, vittima di una malattia (l’AIDS) il cui impatto ad oggi è, fortunatamente, in continuo calo. Dal punto di vista musicale, il ventiquattro settembre 1991 i Nirvana consegnano al mondo ‘Nevermind’ e il Grunge diventa portabandiera dell’intero decennio.
I Queen, cronologicamente parlando, anticipano questa rivoluzione giovanile con un prodotto che ne evolve ulteriormente il proprio processo, intriso di variopinte scie Glam Rock già testate nel corso delle due decadi precedenti. Come da video ufficiale, la title-track apre un sipario chiuso degnamente dal brano di coda, quel ‘The Show Must Go On’ che, quasi profeticamente, da titolo ci porta dritti a quello spettacolo “realizzato in Paradiso” di quattro anni dopo ed a quanto, discutibilmente, la band farà successivamente. Ma torniamo al sipario aperto dal primo singolo estratto ‘Innuendo’: i confronti con la sorella ‘Bohemian Rhapsody’ si sono sprecati nel corso degli anni, data la somiglianza tra i due capolavori nella volontà di rappresentare un’insieme di più idee. ‘Innuendo’ si distingue per uno stile gotico gargantuesco, potente nella voce di Mercury, autoritario nelle chitarre di May e capace di mostrare la sua estrosità e di librarsi in volo grazie ad un assolo di chitarra in tipico stile Flamenco ad opera di Stephen James Howe degli Yes, seguito dallo stesso interpretato dalla Red Special di May. Nel mezzo, Mercury ci invita a mostrarci per quelli che siamo, togliendoci ogni maschera che la società ci impone. I toni cupi dettati soprattutto dalle tastiere proseguono nel secondo singolo estratto ‘I’m Going Slightly Mad’: qui la voce è abile nel mantenere un delicato equilibrio al brano, donandogli la doverosa pazzia di cui canta. Avesse trattato di altro, ‘I’m Going Slightly Mad’ avrebbe rischiato di risultare noioso. Invece, il fatto che racconti una conseguenza della malattia del cantante, lo rende un brano geniale. Per questo motivo il video della canzone mostra due facce: se da una parte appare come un tentativo riuscito di mostrare pazzia in modo simpatico, strappandoci più di un sorriso, dall’altro è ahinoi testimonianza della malattia di Mercury, mostrandone tutti i segni su volto e fisico. La cavalcante ‘Headlong’, terzo singolo estratto, personalmente appare come la tenebrosa sorella di ‘Breakthru’ (dal precedente ‘The Miracle’ di due anni prima), di ugual qualità. A tratti May anticipa ciò che, più pesantemente, troveremo in ‘The Hitman’. A tal proposito, le interessanti soluzioni del ricciolo chitarrista originario di Twickenham si fanno sentire nel successivo ‘I Can’t Live With You’ e sfrecciano assieme al resto della band in ‘Ride The Wild Wind’: come nel 1986 ‘One Vision’ descrive, in suoni, l’adrenalina del film ‘Aquila D’Acciaio’, credo che nessuno avrebbe obiettato se questo brano avesse descritto l’alta velocità di film dell’epoca come, ad esempio, ‘Giorni Di Tuono’ (1990), date (anche) le auto che si sentono correre ogni tanto. ‘All God’s People’ è un canto Gospel a tinte Rock: a farlo da padrone sembrerebbero essere tutti… O nessuno. La chitarra va e viene, così come i cori, e ad un certo punto (01:48) Mercury sembra più esibirsi in veste solista, seguendo l’istinto, che cantare assecondando lo spirito del brano, il quale avrebbe potuto perdere d’interesse se non avesse avuto tutti questi variegati accorgimenti. Al contrario, il quarto singolo estratto ‘These Are The Days Of Our Lives’ si fa amare e ricordare per una costante coerenza nella struttura. E’ inoltre l’ultima testimonianza video di Mercury il quale, visibilmente più statico rispetto a ‘I’m Going Slightly Mad’, con quel conclusivo “I Still Love You” rivolto alla telecamera tocca il cuore di tutti noi, in quello che è il suo saluto definitivo. E se ‘Delilah’, canzone tributo ad uno dei suoi tanti animali domestici, è l’unico riempitivo dell’album, la toccante ed operistica ‘Don’t Try So Hard’, che in alcuni punti sembra richiamare ‘Who Wants To Live Forever’, rispecchia l’aspetto camaleontico di ‘Innuendo’, capace di cambiare colore senza però disorientare l’ascoltatore con melodie alle volte vivaci, alle volte epiche, alle volte cupe e dense. Incredibili in questo brano le vette che Mercury riesce a toccare, ennesima testimonianza della sua inarrivabile dote. ‘The Hitman’, personalmente, sembra chiudere un’immaginaria trilogia di brani Hard Rock/Hair Metal iniziata con ‘Princess Of The Universe’ (da ‘Kind Of Magic’ [1986]) e proseguita con ‘I Want It All’ (da ‘The Miracle’ [1989]). Nello specifico, del quartetto questo è forse il brano che più si avvicina a sonorità Metal: tutt’ora non sfigurerebbe, ad esempio, in un album dei Whitesnake. ‘Bijou’ è, come da traduzione, un gioiello della Red Special di May, abile nel diramare con l’appoggio delle tastiere un soffice tappeto di note dolce come una cena a lume di candela ed intimo come il più elegante letto a baldacchino, eterna dimora di due innamorati. Nei quaranta secondi a disposizione, sempre con il solo aiuto delle tastiere, dalle corde vocali di Mercury ne esce la dovuta dedica d’amore. La conclusiva ‘The Show Must Go On’, ennesimo capolavoro di questo disco nonchè quinto ed ultimo singolo estratto, non è un saluto, una resa di fronte alla morte, bensì l’ulteriore reazione e desiderio a voler andare avanti, a voler vivere. Perché questo è ‘Innuendo’, anche dopo trent’anni: è la vita che ci prende per mano, nonostante tutto. E’ uno sguardo al Paradiso. E’, modificandone leggermente il testo del suo ultimo brano, una favola di ieri che crescerà ma non morirà mai. E assieme a ‘Blackstar’ di Bowie, resta il miglior saluto con il quale una rockstar si sia congedata dal mondo terrestre per raggiungere quello che le spetta, tra gli immortali.

Hammer Fact:
– La copertina è un’illustrazione del caricaturista francese Jean-Ignace-Isidore Gérard, noto come Grandville. Nello specifico il disegno è inserito nell’opera ‘L’Autre Monde’ del 1844, e la prima volta che venne utilizzato come cover di un album fu nel 1976 dalla band Luna Sea per il proprio, omonimo, disco. Altre illustrazioni di Grandville vennero usate per i singoli estratti da ‘Innuendo’.

– A causa del fragile stato di salute del cantante, l’uscita dell’album venne posticipata di due/tre mesi: inizialmente era prevista per novembre/dicembre del 1990.

– Battendo ‘Bohemian Rhapsody’ di poco più di mezzo minuto, ‘Innuendo’ è il singolo più lungo della band. Purtroppo non venne mai suonato in sede live dalla formazione “classica”: ricordiamo che l’ultima data dal vivo dei Queen con Mercury alla voce risale al nove agosto 1986 a Knebworth. Verso la fine degli anni novanta il brano entrò nelle case degli italiani, quando fece da colonna sonora allo spot del celebre Scotch Whisky Ballantine’s Finest.

Line-Up:
Freddie Mercury: vocals, keyboards
Brian May: guitars, keyboards, backing vocals
John Deacon: bass, keyboards
Roger Taylor: drums, keyboards, backing vocals

Tracklist:
01. Innuendo
02. I’m Going Slightly Mad
03. Headlong
04. I Can’t Live With You
05. Don’t Try So Hard
06. Ride The Wild Wind
07. All God’s People
08. These Are The Days Of Our Lives
09. Delilah
10. The Hitman
11. Bijou
12. The Show Must Go On

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