Alexi Laiho – In memory of
Il 05/01/2021, di Gianfranco Monese.
In: Speciali Monografici.
Se il 2020 è stato un anno nefasto, questo 2021 non si presenta bene. A lasciarci appena quattro giorni dopo l’augurio di un nuovo anno con la speranza che per tutti sia, con le dovute tempistiche, almeno dignitoso, è Markku Uula Aleksi Laiho, per tutti Alexi Laiho (soprannominato “Wildchild”, come da canzone presente su ‘The Last Command’, secondo album dei W.A.S.P.), cofondatore, cantante e chitarrista dei Children Of Bodom, di recente “tramutati” nei Bodom After Midnight.
Sin da quanto offerto nell’album di debutto ‘Something Wild’ (1997), la band si è sempre differenziata dalle varie proposte Death Metal per una ricerca metodica mirata a regalare un’offerta principalmente di Death Metal melodico, ma contaminata da venature Power, Black e Thrash Metal (ed in ogni copertina, l’immancabile immagine della morte con la falce). Se, infatti, i primi due lavori della band brillano per originalità e freschezza pur restando di chiara impronta Death/Symphonic Black Metal, con il terzo ‘Follow The Reaper’ la band raggiungerà il culmine del suo variegato genere, offrendo pur sempre un lavoro immediato, il cui trademark denota una costante sfida tra riff, duelli e calvalcate da parte delle due chitarre e melodie sinistre di tastiera. Alla consueta velocità dei suoi assoli di chitarra la voce di Laiho, nei primi due album attenta a flirtare con musiche più cupe e gotiche, dal terzo lavoro prende vie più grezze, dando l’impressione di essere a proprio agio con tutti i generi che i COB mescolano nella loro proposta e anticipando ciò che avverrà nel lavoro successivo. In un’intervista per Metal Hammer Italia (numero di aprile 2003), al nostro Fabio Magliano egli si mostrò sorpreso dall’accoglienza ricevuta per ‘Follow The Reaper’:
“È stata una piacevole sorpresa anche per noi! Ha ampiamente bissato il successo dei due lavori che lo avevano preceduto e ha spinto i Children Of Bodom ad un livello ancora superiore e tutto questo è fantastico.”
Per tutto il resto, se volete approfondire ‘Follow The Reaper’, troverete uno speciale del sottoscritto pubblicato per il ventennale il trenta ottobre scorso.
A partire da ‘Hate Crew Deathroll’ (2003) le chitarre sembrano prevalere per la prima volta sulle maligne tastiere di Wirman in un lavoro decisamente più grezzo che sposterà l’evoluzione della band verso lidi Death/Power Metal, senza stravolgere il proprio trademark e colpendo nel segno mantenendone inalterata l’istantaneità dei lavori precedenti (e successivi). Per Laiho, la produzione è la migliore avuta fin qui, a differenza di ‘Follow The Reaper’, nel quale è reputata troppo pulita. Con l’uscita del 2003, la band raggiungerà l’obiettivo di suonare negli States. Sempre dall’intervista dell’aprile 2003, per Laiho questo lavoro:
“È il fedele ritratto di quelli che sono oggi i Children Of Bodom. Rispetto all’album precedente ‘Hate Crew Deathroll’ ha un approccio molto più “in your face” con la musica, le canzoni sono molto più dirette ed hanno sicuramente un taglio più aggressivo rispetto a quelle contenute in ‘Follow The Reaper’. È un disco che spacca sotto molti punti di vista!”
Prima di passare all’album successivo, occorre aprire una parentesi su più di un progetto che coinvolse il cantante/chitarrista. Il più significativo, che lo vide protagonista non solo dal punto di vista musicale, ma anche sentimentale, furono i Sinergy. Autrice di tre album (‘Beware The Heavens’ (1999), ‘To Hell And Back’ (2000) e ‘Suicide By My Side’ (2002)), la band ebbe nelle proprie fila membri di Arch Enemy, In Flames, Nightwish, To/Die/For, nonchè alla chitarra, oltre a Laiho, Roope Latvala, chitarrista ritmico dei Children Of Bodom dal 2003, e alla voce Kimberly Goss (ex Dimmu Borgir), sposa di Laiho dal febbraio del 2002. Purtroppo, sia la band che il matrimonio si scioglieranno nel 2004. Progetto dalle pochissime pretese fu invece quello dei Kylahullut, band Punk creata assieme a Tonmi Lillman (ex To/Die/For) e Vesku Jokinen (Klamydia), descritta così dal chitarrista al nostro Fabio Magliano: “Non è nulla di serio, è una band Punk messa su insieme con due altri miei amici giusto per divertirci, fare un po’ di casino e bere qualcosa insieme. Nulla di più.”
Tornando in casa Children Of Bodom, la qualità non mostrerà cedimenti nel successivo ‘Are You Dead Yet?’ (2005), un album che, come Laiho affermerà sempre al nostro Fabio Magliano “…è molto più diretto rispetto al precedente. […] Si presenta più estremo ed aggressivo, abbiamo puntato maggiormente sull’aspetto più selvaggio del nostro sound ed abbiamo cercato di fondere ancora meglio la rabbia con la melodia.” Se il primo singolo estratto ‘In Your Face’, come da titolo, mantiene un’immediatezza sempre cara ai COB, per il fondatore da apprezzare sono anche brani come ‘Bastards Of Bodom’, “…capaci di uscire alla distanza”. Purtroppo i successivi ‘Blooddrunk’ (2008) e ‘Relentless Reckless Forever’ (2011), inframmezzati dalla raccolta di cover, con quattro inediti, ‘Skeletons In The Closet’ (2009), mostrano una certa ripetitività nella proposta del quintetto di Espoo, ma è con ‘Halo Of Blood’ (2013) che la band denota una netta ripresa, nonché uno sguardo verso i primi tre album e, quindi, un riavvicinamento a sonorità Symphonic Black Metal, con soluzioni tra le più estreme mai tentate prima (la title-track). Così scrisse il nostro Dario Cattaneo all’epoca: “…Qui l’elemento di novità risulta riconoscibile nel tentativo di esplorare le frange più estreme del sound della band, spostando il tiro dei pezzi più veloci verso soluzioni ancora più furiose, al limite del Black, al contempo rallentando in maniera imprevista altri momenti, sfiorando nella peculiare ‘Dead Man’s Hand On You’ ritmiche e sonorità quasi Doom.”
Sarà, forse, questo l’ultimo album davvero convincente. I successivi ‘I Worship Chaos’ (2015) e ‘Hexed’ (2019) non risulteranno, secondo fan e critica, altrettanto validi. Ma su un totale di dieci album, qualche passo falso è più che umano, e non intacca di certo il rispetto, la qualità e la classe che i Children Of Bodom hanno saputo prendersi e regalarci. Ciò che conta, in questo momento di lutto, è omaggiare una persona e una band che personalmente parlando hanno saputo offrirci una proposta che tutt’oggi reputo tra le più originali nel panorama Metal. A tal proposito, desidero lasciarvi con la risposta che il bassista Henkka Seppala diede al nostro Dario Cattaneo nel 2013:
“È qualcosa che sentiamo spesso, alla fine. Ci sentiamo dire che in alcune band nuove c’è qualcosa di noi nella loro musica, ma, ascoltandole, noi ci troviamo quelle stesse influenze che agli inizi ispiravano la nostra, di musica. Noi abbiamo sempre cercato solo di suonare una musica che fosse veramente nostra, mai di inventare qualcosa di nuovo.”