‘Ace Of Spades’ – La grande bellezza estrema festeggia quarant’anni

Il 08/11/2020, di .

‘Ace Of Spades’ – La grande bellezza estrema festeggia quarant’anni

Quarant’anni sul “groppone”, e non sentirli affatto. Potremmo sintetizzare così il succo, denso e corposo, intriso nella più sana voglia di far male, di un album colossale qual è ‘Ace Of Spades’, oggi come quarant’anni addietro una pietra miliare non solo dei Motörhead stessi, ma di tutta una scuola di pensiero votata all’estremo che, all’imbocco degli Eighties, cercava una nuova valvola di sfogo, la fiammata punk, improvvisa e devastante, andava ormai spegnendosi… La definizione di “proto-thrash” forse è un po’ azzardata per il monumentale quarto album del three-piece inglese, ma non ci va neppure troppo distante nell’inquadrare sia le coordinate stilistiche, ma soprattutto il momento storico, che pareva soffrire di un “vuoto di potere”, dove ad essere vacante era appunto il ruolo guida, mancando l’intervento di colui che doveva indicar la strada maestra. Lemmy, dell’onere e dell’onore di essere uno dei precursori di un movimento piuttosto che un altro, se n’è sempre fregato, saggiamente, non gradiva etichette o catalogazioni, poiché per lui era tutto semplice rock’n’roll, ma il passo fondamentale, la chiave di volta del suo universo musicale era farlo suonando al massimo del volume possibile, quasi più un fatto attitudinale che artistico. E di questo gliene siamo eternamente grati, i Motörhead erano e restano una band irripetibile, ineguagliabile sì per la propria veemenza esecutiva, ma anche per un controllo che ha sempre mantenuto a pieno regime il motore, con dalla sua una bravura compositiva non sempre ampiamente lodata, dato che in cabina di regia Lemmy sapeva il fatto suo. Seppur legatissimo al sottovalutato ‘Overkill’, riconosco infine il ruolo fondamentale di ‘Ace Of Spades’, autentico affresco fonico in cui la brutalità non è mai fine a se stessa, ma anzi strutturata con una perizia tecnica e un gusto d’altri tempi, le canzoni contenute sono la perfetta colonna sonora per ogni headbanger che si rispetti… Lanciate i dadi, si aprono le scommesse, il gioco d’azzardo parte dall’opener, la celeberrima title-track, tra i pezzi metal più amati e copiati di sempre, alla rocciosa ‘Shoot You In The Back’ con un “Fast” Eddie Clarke in gran spolvero, da ‘(We Are) The Road Crew’, omaggio alla tribù Motörhead che con il suo ipnotico e sincopato giro iniziale ha stregato intere generazioni, alla frenesia di ‘Jailbait’ e alla “punky” ‘The Hammer’, per infine cedere di schianto sotto i colpi dell’anthem ‘The Chase Is Better Than The Catch’, in cui è forse sublimata l’essenza stessa dell’intero ‘Ace Of Spades’, bensì non solo furia iconoclasta, ma anche tanta sagacia tattica. Arduo trovare un manifesto sonoro tanto sfrontato e orgoglioso, la cui grande bellezza estrema non è stata ancora replicata.

Hammer Fact:

– Della serie: a volte ritornano. Vic Maile, il produttore che si piazzò dietro la consolle dei Jackson’s Studios di Rickmansworth per la lavorazione di ‘Ace Of Spades’, era uno abituato alle grandi produzioni, avendo lavorato in passato con nomi altisonanti del rock’n’roll tipo Jimi Hendrix, Led Zeppelin, Eric Clapton, The Kinks, Fleetwood Mac, una lista di enorme prestigio che, tra gli altri, comprendeva pure gli Hawkwind, band in cui militava appunto Lemmy, il quale rimase colpito sia dalla bravura che dal senso dell’umorismo di Vic, uno che, a detta sua, sapeva tenergli testa pure sotto il profilo dialettico, il che non era roba da poco. Dell’intensità trasmessa su ‘Ace Of Spades’ abbiam già detto, ma i Motörhead, entusiasti del risultato ottenuto, vollero replicare l’esperienza reclutandolo seduta stante anche per la produzione del successivo ‘No Sleep ‘Til Hammersmith’, il leggendario live album del 1981 che consacrò la band definitivamente. Eh no, quei tre furfanti non potevano lasciarsi scappare uno come Vic Maile, produttore che, quasi in sordina, nel 1970 fu parzialmente responsabile delle registrazioni dell’esplosivo ‘Live At Leeds’ dei The Who, tanto per ribadire la caratura del soggetto…

– L’iconica copertina di ‘Ace Of Spades’ ritrae l’irrequieto trio, abbigliato in classica tenuta “western” con tanto di cappelli, stivali da cowboy e con armi e munizioni in bella mostra, in uno scenario che fa immaginare i tre immersi nel lontano e affascinante West americano, ma trattasi di un “bluff”, divertente e riuscito perfettamente. Quella storica photo-session, che si può dire fece epoca, si tenne invece poco fuori Londra, esattamente a Barnet, sobborgo londinese nel quale esisteva una antica cava di pietra arenaria, l’ideale per ricercare paesaggi brulli e “lunari”, come ci insegna la tradizione. Anche in questo, incise il genio del grande Sergio Leone, papà degli “spaghetti western” e fenomenale nello scovare le “location” più adatte al di fuori dai confini statunitensi, una politica che, sfruttando l’ingegno, fece scuola. E non solo presso i suoi colleghi del mondo della celluloide, a quanto pare…

Line-Up:
Lemmy Kilmister: vocals, bass
“Fast” Eddie Clarke: guitars
Phil “Philty Animal” Taylor: drums

Tracklist:
01. Ace of Spades
02. Love Me Like A Reptile
03. Shoot You In the Back
04. Live To Win
05. Fast and Loose
06. (We Are) The Road Crew
07. Fire Fire
08. Jailbait
09. Dance
10. Bite the Bullet
11. The Chase Is Better Than the Catch
12. The Hammer

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