Compie vent’anni ‘The Dark Ride’, il lato oscuro degli Helloween
Il 30/10/2020, di Francesco Faniello.
In: The Birthday Party.
Sono poche le band che possono dire di aver schierato non una, ma due formazioni classiche nel corso della loro carriera. Una di queste sono gli Helloween, passati da un decennio all’altro dallo stellare quintetto responsabile del rilascio dei due Keepers a un combo altrettanto solido e amato con l’ingresso di Andi Deris alla voce e Uli Kusch dietro le pelli – e con Roland Grapow da tempo nel ruolo che fu di Kai Hansen. Una credibilità costruita disco dopo disco e senza inseguire i fasti degli anni Ottanta, cercando anzi di ricollocare il ruolo delle Zucche amburghesi negli anni Novanta, grazie anche all’onda lunga del ritorno in auge del power metal nella seconda metà del decennio, un fenomeno che Weikath e soci riuscirono a cavalcare un po’ come avevano già fatto i gruppi storici degli anni ’70 con l’esplosione della NWOBHM.
Dopo un paio di dischi di assoluto valore come ‘Master Of The Rings’, ‘The Time Of The Oath’ e ‘Better Than Raw’, gli Helloween uscirono all’alba del nuovo millennio con questo ‘The Dark Ride’: nomen omen, dato che viene riconosciuto come uno degli album più oscuri della loro intera discografia, a partire dal riffing pesantissimo di ‘Escalation 666’ e ‘Mirror Mirror’ fino alla lunga suite costituita dalla title track, corale e solenne ma basata sulle consuete incursioni di twin guitars e sulla naturale irriverenza del gruppo, con Deris a officiare il rito. Se poi scaviamo a fondo le gemme non mancano, a partire dall’anthemica ‘We Damn The Night’ passando per l’invocazione di ‘Immortal’, per non parlare dei due singoli trascinanti, ‘Mr. Torture’ e soprattutto ‘If I Could Fly’, pomo della discordia per alcuni, naturale erede degli episodi più melodici del passato per altri: non una ballad nello stile di ‘A Tale That Wasn’t Right’ o ‘Forever And One’, ma un mid tempo sostenuto dall’efficace refrain di pianoforte, per una formula che il female fronted gothic metal porterà alle masse in gran quantità proprio in quegli anni.
Parliamo di un album dunque collocato a ragione nel quadrilatero del “secondo classicismo” helloweeniano, in cui non mancano episodi minori come l’incedere un po’ scontato di ‘Salvation’ oppure ‘All Over The Nation’, non esattamente la diretta erede dei grandi affreschi power metal collocati storicamente in apertura dei dischi delle Zucche.
Molto lo fa anche la produzione, che accanto a Charlie Bauerfeind vede impegnato quel Roy Z che era stato tra i registi della rinascita dickinsoniana, nonché chitarrista della Tribe of Gypsies che lo aveva accompagnato negli ultimi dischi solisti: un suono cupo che ha un indiscutibile fascino pur non esaltando al meglio la naturale brillantezza della formula degli Helloween, le cui trombe torneranno infatti a squillare nella produzione del successivo ‘Rabbit Don’t Come Easy’, un album paradossalmente helloweeniano al 100% ma privo di quel quid che solo l’apporto di Grapow e Kusch era riuscito a dare alla band, un approccio nuovo che ebbe il merito di non tentare neanche di avvicinarsi al sacro canone istituito da Hansen e Kiske. E così, a fine tour i futuri fondatori dei Masterplan furono licenziati via mail da Michael Weikath, che evidentemente mal sopportava la presenza di troppi elementi di spicco nella band, preferendo assicurare a sé quel ruolo che aveva storicamente diviso con Kai Hansen sin dagli albori e che ora veniva messo in discussione dalla presenza di altre personalità “ingombranti”. Resta l’amaro in bocca di molti fan che avrebbero visto perfettamente a proprio agio i due defezionari sul carrozzone dei Pumpkins United, soprattutto perché Uli Kusch era stato accolto come il vero erede del compianto Ingo Schwichtenberg, anni addietro…
Hammer Fact:
– Il brano ‘Do You Feel Good’ presente sul successivo ‘Rabbit Don’t Come Easy’ era stato scritto da Michael Weikath proprio nelle session di ‘The Dark Ride’.
– Nonostante l’amarezza per la cacciata dalla band, Roland Grapow avrebbe successivamente dichiarato che ‘The Dark Ride’ resta uno dei suoi dischi preferiti, anche e soprattutto per l’importanza che riveste nella sua formazione musicale.
Line-Up:
Andi Deris: vocals
Michael Weikath: guitars
Roland Grapow: guitars
Markus Grosskopf: bass
Uli Kusch: drums
Tracklist:
01. Beyond The Portal
02. Mr. Torture
03. All Over The Nation
04. Escalation 666
05. Mirror Mirror
06. If I Could Fly
07. Salvation
08. The Departed (Sun Is Going Down)
09. I Live For Your Pain
10. We Damn The Night
11. Immortal
12. The Dark Ride
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