5 curiosità che forse non sapete su… David Coverdale
Il 22/09/2020, di Francesco Faniello.
In: The Birthday Party.
David Coverdale è nato a Saltburn-by-the-Sea (Inghilterra). Noto per essere stato il sostituto di Ian Gillan nei Deep Purple, ha registrato con loro i seminali ‘Burn’ e Stormbringer’ nel 1974 e ‘Come Taste The Band’ nel 1975. Dopo lo scioglimento dei Purple, ha fondato i Whitesnake, portandoli al successo prima nel Vecchio Continente e poi Oltreoceano. Eppure, non tutti sanno che…
Take Me With You
Le strade dei Deep Purple e di David Coverdale si erano già incrociate nel 1969, poco dopo l’ingresso di Gillan e Glover nel gruppo. Fu però nel 1973 che Jon Lord si ricordò di quel singer dalla voce calda e bluesy, ora attivo nel Nord dell’Inghilterra tra una cover band e una registrazione di inediti che lo stesso David si affrettò a spedire al management della band come provino per sostituire Gillan. Ecco dunque che, dopo una decisiva session di sei ore per testare il nuovo arrivato in coppia con la vecchia volpe Hughes, proprio Edwards e Coletta decisero di prenderlo sotto la loro ala protettiva: via gli occhiali ragazzo, e soprattutto fai qualcosa per quei brufoli e quei chili di troppo. Insomma, basta mangiare schifezze e sotto con la dieta, perché la band più rumorosa del mondo ti attende sul palco…
Young Blood
Il tandem vocale che fondava il Mark III era costruito sul contrasto tra il caldo blues bianco di cui era espressione David Coverdale, e lo stile funk / soul tendente al nero propugnato da Glenn Hughes; una miscela che emerge con forza nelle tracce di ‘Burn’ e ‘Stormbringer’, nonché nella nuova versione a due voci di ‘Smoke On The Water’ presente sia sul ‘Live In London’ che sull’esibizione al ‘California Jam’ del 1974. Eppure, è possibile ascoltare Coverdale da solo in ben due pezzi di quel periodo, ‘Mistreated’ e ‘Soldier of Fortune’; quest’ultima molto amata dal singer, tanto da essere inserita nella scaletta dell’acustico con Vandenberg ‘Starkers In Tokio’, unico estratto dei Deep Purple in una scaletta che pesca a piene mani dai successi del Serpente Bianco. A ‘Mistreated’ è invece legata una delle celebri frecciatine di Ritchie Blackmore, stavolta indirizzata proprio al Nostro: in occasione della pubblicazione di ‘Straight Between The Eyes’ dei suoi Rainbow, il chitarrista non mancò di sottolineare che il brano ‘Miss Mistreated’ aveva nel titolo un ‘Miss’ a chiare lettere, in modo che “nessuno” avrebbe potuto avanzare diritti su di essa o equivocarne la genesi. In ogni caso, ‘Mistreated’ (l’originale!) vanta varie versioni a opera degli spin-off dei Purple: quella di ‘On Stage’ dei Rainbow e quella di ‘Live… In The Heart Of The City’ dei Whitesnake (e ovviamente troverà posto anche nel ‘Purple Album’), oltre a essere uno dei cavalli di battaglia dell’Hughes solista e a venire persino inclusa da Ronnie James Dio nel suo ‘Inferno: Last In Live’.
Sweet Mistreater
Il music business è così, almeno per i più fortunati: un attimo prima sei in lacrime per la fine ingloriosa del gruppo che ti ha dato fama e onori, un attimo dopo sei di nuovo in pista con i Whitesnake, riempi l’Hammersmith di Londra e ti chiedi come fare a sfondare nel mercato americano. Naturale che i grandi della chitarra ti mettano gli occhi addosso, cercando di accaparrarsi un sicuro asso del microfono. Tony Iommi in primis: “Vuoi diventare il cantante del Black Sabbath?” “Aspetta, aspetta… mi piacerebbe, ma ora ho i Whitesnake che girano alla grande! Perché non me l’avete chiesto prima?” “Perché prima ce l’avevamo, un cantante!”; e poi, il wunderkind Michael Schenker, che gli chiese di unirsi agli MSG. Il buon David commentò così: “Gli chiesi a mia volta di entrare nei Whitesnake: saremmo stati un vero supergruppo. Ma ovviamente declinò, e il mio era un modo come un altro per dirgli di no”.
Come An’ Get It
Che ci siano in giro due versioni di ‘Slide It In’, lo sanno tutti i fan dei Whitesnake. Quella originale, uscita per il mercato inglese e prodotta per l’ultima volta da Martin Birch, vede all’opera l’ultimo scampolo della formazione storica, con Moody e Lord ad accompagnare il leader insieme ai nuovi innesti Galley, Hodgkinson e Powell; quella americana vede invece l’ingresso di Sykes alla chitarra e il ritorno di Murray al basso, insieme a un remix a opera di Keith Olson che sarà uno dei biglietti da visita per il primo vero successo a stelle e strisce della band. Un deciso cambio di stile sottolineato anche da un rimescolamento della tracklist, con la title-track in evidenza per l’edizione di Oltreoceano, a sfavore della più classica ‘Gambler’, nonché da un episodio scatenante che decretò la fine della lunga collaborazione tra il singer e Micky Moody: quest’ultimo venne infatti messo in forte imbarazzo dinanzi a John Sykes, con Coverdale che continuava a dirgli “non dare mai più le spalle al pubblico, non è un atteggiamento per niente professionale!”, mentre in contemporanea corteggiava artisticamente il biondo virtuoso, allora accasato con i Thin Lizzy per quella che sarebbe stata l’ultima incarnazione del favoloso complesso del povero Lynott. Così, ai Whitesnake andò il funambolico chitarrista che potremo apprezzare anche sui solchi dell’omonimo album uscito nel 1987, mentre con Moody fuori (e Lord intento a veleggiare verso la reunion dei Deep Purple) finiva la gloriosa era “britannica” del Serpente Bianco.
Cover version
“Cantami o Diva, del biondo Robert Plant, l’ira funesta”… in fondo, la guerra di Troia fu uno scontro tra tre primedonne molto speciali – le dee Era, Atena e Afrodite – e il periodo a cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta non poteva essere da meno; soprattutto dopo la pubblicazione e il successo di ‘Whitesnake’ che conteneva (è il caso di dirlo!) il pomo della discordia ‘Still Of The Night’, considerato dal biondo singer dei Led Zeppelin poco più che un mash-up tra l’invocazione iniziale di ‘Black Dog’ e la parte centrale di ‘Whole Lotta Love’. Come se non bastasse, in una pausa dei rispettivi progetti, Jimmy Page e David Coverdale ne avviarono proprio uno insieme, responsabile del rilascio dell’album ‘Coverdale-Page’ uscito nel 1993, un lavoro davvero degno di nota e che schiera un singolo formidabile come “Take Me For A Little While’, tra le cose migliori prodotte dal chitarrista dopo l’uscita dalla band madre. Eppure, possiamo immaginare la reazione di Robert Plant: già offeso per quello che definì “uno scempio” (riferendosi al succitato brano del Serpente Bianco), reagì allibito alla collaborazione tra il suo axeman storico e colui che definì causticamente “David Cover-version”, reo com’era di aver portato in tour col suo ex sodale i classici del Dirigibile, l’odiata ‘Still Of The Night’ e un pezzo come ‘Shake My Tree’, opener del disco in questione e con un riffing fortemente reminiscente di ‘Nobody’s Fault but Mine’. Curiosamente, questo stesso brano fu inserito in scaletta nel tour del 1995 della rediviva accoppiata Page / Plant, cosicché questa volta fu il buon Robert a trovarsi a cantare (egregiamente, va detto) un brano dell’arcinemico. Neanche Gillan si era spinto a tanto…