Metal Cinema (18) – Operazione Paura (1966)

Il 21/07/2020, di .

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Metal Cinema (18) – Operazione Paura (1966)

Lo scettico e risoluto medico legale Paul Eswai (Giacomo Rossi Stuart) viene inviato in un paesino sperduto per effettuare l’autopsia sul cadavere di una donna morta in circostanze misteriose. Scoprirà che dietro l’omertà, la paura e le superstizioni degli abitanti di quel luogo incombe una reale e terribile maledizione: il vendicativo fantasma di Melissa Graps, una bambina morta vent’anni prima, ha il potere di indurre al suicidio tutti i malcapitati ai quali appare.

Dopo ‘La maschera del Demonio’, ‘I tre volti della paura’ e ‘La frusta e il corpo’, Mario Bava continua a riscrivere le regole del gotico (e più in generale dell’horror) con assoluta padronanza stilistica, e mette in scena un’inquietante storia di fantasmi, i cui elementi orrifici più iconici (bambina mortifera con la palla in primis) verranno in seguito ripresi e omaggiati – più o meno dichiaratamente – innumerevoli volte fino ai giorni nostri (basti pensare al segmento Toby Dammit di Fellini in Tre passi nel delirio del ’68, alle gemelline di Shining o al recente Crimson Peak di Guillermo del Toro).
Magistrale come sempre è la capacità del regista di costruire un’atmosfera unica e avvolgente – anche con un budget risicatissimo come in questo caso – grazie alla sperimentazione cromatica (con particolare predilezione per le tonalità verdi, blu e ocracee), all’evocativa efficacia delle scenografie (assai suggestivi sono gli esterni girati nel borgo semidiroccato di Faleria, nel viterbese) e ai maestosi movimenti di macchina, con un ampio uso di piani sequenza, zoom e soggettive “metafisiche” (geniale e visionaria quella di Melissa sull’altalena, che dondola su un lugubre cimitero avvolto dalla nebbia).

Dopo ‘La maschera del Demonio’, ‘I tre volti della paura’ e ‘La frusta e il corpo’, Mario Bava continua a riscrivere le regole del gotico (e più in generale dell’horror) con assoluta padronanza stilistica..

Il raffinato e irrealistico impianto estetico però, se da un lato trasmette allo spettatore quel rassicurante “calore” tipico del genere gotico, dall’altro viene svuotato da una costruzione innovativa e minimale della paura, tutta giocata sulle attese e sull’ambiguità tra fantastico e psicologico: il risultato è un costante senso di perturbante angoscia, che raggiunge l’apoteosi nella straordinaria sequenza onirica in cui il protagonista si ritrova a inseguire il suo doppio malefico attraverso una lunga serie di stanze identiche (che Lynch abbia voluto omaggiare proprio Bava nel finale della seconda stagione di ‘Twin Peaks’?). Una buona dose d’inquietudine la si deve anche ad alcune trovate sonore (il desolante e continuo soffio del vento, l’improvviso suono delle campane senza che nessuno le abbia azionate, il rimbalzo della palla, la risata di Melissa che precede ogni suicidio) e alle spettrali musiche (attribuite a Carlo Rustichelli, anche se si tratta per lo più di brani d’archivio di vari compositori), tra le quali spicca un’ipnotica melodia di carillon insidiata da un fraseggio di basso cupo e straniante. Notevole inoltre la prova di tutto il cast: Rossi Stuart è un eroe gotico perfetto, il piccolo Valerio Valeri buca lo schermo col suo sguardo raggelante (un bel colpo di casting quello di far interpretare la mefistofelica Melissa ad un bambino) ed Erika Blanc infonde il suo consueto e innegabile carisma.

Operazione paura, distribuito negli Stati Uniti col più efficace titolo ‘Kill, Baby… Kill!’ e passato quasi inosservato alla sua uscita (complice anche il fallimento della casa di produzione), ha saputo guadagnarsi col tempo lo status di capolavoro assoluto del gotico all’italiana e del cinema horror. E oggi, a distanza di più di 50 anni, non ha perso un briciolo del suo fascino, segno che la poetica e lo stile del maestro Mario Bava serbavano in sé il seme di un’indiscutibile modernità cinematografica, anticipando e influenzando di fatto il lavoro futuro di centinaia di cineasti sparsi per il mondo.