5 curiosità che forse non sapete su… Geezer Butler

Il 17/07/2020, di .

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5 curiosità che forse non sapete su… Geezer Butler

Terence Michael Joseph Butler, meglio noto come Geezer Butler, è nato a Birmingham il 17 luglio 1949. Bassista e compositore, tutti noi lo conosciamo per la sua militanza nei Black Sabbath e nella reincarnazione alternativa, gli Heaven And Hell. Ma c’è molto, molto di più…

Bassically

In origine chitarrista ritmico nei Rare Breed, in cui militava insieme a John “Ozzy” Osbourne, il futuro ispiratore di una schiera infinita di percussori delle quattro corde provò a restare alla sei corde anche nei Polka Tulk Blues Band, che poi sarebbero diventati gli Earth e poi Black Sabbath; fu però subito chiaro che Tony Iommi non aveva intenzione di condividere il suo ruolo, e così il buon Geezer iniziò a usare le sole tre corde basse della sua Telecaster, restando al contempo folgorato dalla tecnica di Jack Bruce dei Cream e apponendo la sua caratteristica firma sin da ‘N.I.B.’, presente sul primo album dei Black Sabbath, la cui arcinota introduzione viene denominata ‘Bassically’ nell’edizione americana del disco…

Revolution in their mind

Se la Summer Of Love aveva rappresentato l’atto finale degli anni Sessanta, lasciando spazio a un decennio plumbeo di cui i Black Sabbath sono tuttora la migliore sintesi, Geezer Butler rappresenta l’ultimo “figlio dei fiori” tra i quattro di Birmingham, pur vestito di nero come gli altri: pacifista, vegetariano e poi vegano, suoi sono i testi più rappresentativi delle metafore apocalittiche della band madre: ‘Children Of The Grave’, ‘Into The Void’, ‘Sabbath Bloody Sabbath’ e… ‘Black Sabbath’, il cui titolo (insieme al monicker, ovviamente) viene dal celebre horror di Mario Bava ‘I tre volti della paura’, interpretato da Boris Karloff e conosciuto nel mondo angloamericano proprio come ‘Black Sabbath’!

Lord of this world, ma anche dell’altro, ovvero: tra i due litiganti…

Dopo che il Madman ebbe terminato il tour di ‘Never Say Die!’, lasciando definitivamente il Sabba Nero per poi far progressivamente ritorno all’ovile, fu Iommi a tenere in piedi la baracca, come tutti sanno. Un compito condiviso con Butler per una serie di dischi (alcuni fondamentali, altri meno), ma non per tutti. Già indeciso se proseguire sin dalla fine degli anni ‘70, il talentuoso bassista abbandonò la nave definitivamente dopo la reunion di epoca Live Aid, alla vigilia degli anni più bui per i Black Sabbath sul fronte commerciale. Per approdare dove? Alla corte del Madman, ovviamente: giunto a registrazioni terminate di ‘No Rest For The Wicked’, fece comunque in tempo a partecipare al videoclip di ‘Miracle Man’, al Moscow Peace Festival e a comparire sull’EP dal vivo ‘Just Say Ozzy’, per poi fare ancora capolino a casa Osbourne in occasione di ‘Ozzmosis’: suo l’inconfondibile tocco su ‘Perry Mason’…

La fabbrica della paura

I più attenti ricorderanno che la produzione solista di Geezer Butler ha al suo attivo (sotto il monicker G//Z/R) un album fondamentale dal titolo ‘Plastic Planet’, con alla voce nientepopodimeno che Burton C. Bell dei Fear Factory – se non la conoscete, è tempo di ascoltare ‘Catatonic Eclipse’ a tutto volume! A questo si aggiungono altri due episodi solisti: ‘Black Science’ (a nome Geezer) e ‘Ohmwork’ (a nome GZR). Per la verità, i suoi intenti solistici hanno radici anche precedenti, con la Geezer Butler Band nata negli anni Ottanta, dissolta senza alcuna registrazione ufficiale, ma con un’eredità di tutto rispetto: le tracks ‘Master Of Insanity’ e ‘Computer God’ (che per la verità conserva solo il titolo dell’originale), poi apparse su ‘Dehumanizer’ del 1992, il disco del ritorno della line-up sabbathiana di ‘Mob Rules’.

The Writ

Oltre ad aver rappresentato l’anima colta e pacifista dei Sabbath, il buon Geezer ha svolto le primissime funzioni di organizzazione economica della band per via dei suoi studi di ragioneria; tempo dopo, lo stesso compito verrà svolta dalla sua seconda moglie Gloria Butler (che sarà manager tra gli altri degli Heaven And Hell). Tra le decisioni prese anche successivamente (sotto l’egida di Don Arden), resta famigerata quella delle dimensioni dei blocchi che riproducevano Stonehenge per il tour di ‘Born Again’ del 1983: il Nostro dichiarerà che lo stage set enorme e impossibile da trasportare fu il risultato di un’incomprensione tra il sistema imperiale britannico e il sistema metrico decimale (Butler avrebbe espresso le misure “in piedi”, i progettisti avrebbero capito “in metri”, col risultato di avere un numero imprecisato di colonne alte quasi quattro metri), mentre Gillan si lasciò sfuggire il commento per cui avrebbe inteso il bassista dichiarare che le colonne dovevano essere “lifesize”, a dimensioni reali. Un argomento perfetto da parodiare su ‘This Is Spinal Tap’, che uscì proprio l’anno dopo…

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