Jonathan Garofoli (Naer Mataron/Azrath-11) – I dieci dischi che mi hanno cambiato la vita

Il 14/07/2020, di .

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Jonathan Garofoli (Naer Mataron/Azrath-11) – I dieci dischi che mi hanno cambiato la vita

Torniamo oggi a presentare i dieci dischi che hanno cambiato la vita di un musicista. In questa puntata, l’ospite è Jonathan “A.D.D.” Garofoli, batterista attualmente tra le fila dei greci Naer Mataron e dei nostrani Kurgaall, oltre a essere mente del progetto lovecraftiano Azrath-11. Tra le passate collaborazioni live, ricordiamo quelle con Melechesh e Ancient. Buona lettura!

Death – ‘Human’ (1991)

Ricordo che lo comprai in formato cassetta, un’autentica rivelazione! Unico, creativo e spietato, Chuck qui diede i natali alla sua creatura più feroce e ambiziosa. Attorniato dalla crème de la crème dei migliori musicisti su piazza che non necessitano di menzione. Un grande plauso va al mitico batterista Sean Reinert (Cynic) fautore di una prova spettacolare, infarcita da incredibili evoluzioni e innovazioni che mi spinsero a diventare un batterista e consacrare il mio amore per lo strumento.

Morbid Angel – ‘Covenant’ (1993)

Un sound sulfureo e furioso, oscuro e maestoso. All’epoca vidi la premiere del videoclip ‘God Of Emptiness’ su MTV HeadBangers Ball, fu un fulmine a ciel sereno che mi lasciò un profondo segno nell’anima. Il suo refrain melmoso, magniloquente e con quell’unico tocco di tetra cerimoniosità che mi stregò.

Sepultura – ‘Arise’ (1991)

Ero solo un ragazzino, con tanta voglia di suonare e di violenza sonora! Dopo ‘Beneath The Remains’ questo fu il disco che rimase per mesi nel mio stereo, facendomi passare pomeriggi interi a scapocchiare senza sosta, e fu anche la ragione per cui formai la mia prima band Thrash Metal alle scuole medie.

Slayer – ‘Divine Intervention’ (1994)

Citare i grandi classici sarebbe stato un pochino come sparare sulla Croce Rossa, infatti ho deciso di menzionare proprio questo album per la sua unicità. Il più violento, con un songwriting intricato, velenoso e intelligente, il battesimo di Paul Bostaph dietro le pelli che sfoderò una performance agghiacciante (oserei definirlo il suo ‘Reign In Blood’) e una band ispirata,fresca e convinta.

Malevolent Creation – ‘In Cold Blood’ (1997)

Suonavo la batteria da più o meno un anno, ascoltavo già da molto tempo i mostri sacri del Death Metal e la ferocia sullo strumento era la mia missione di vita. Dopo un fenomenale ‘Eternal’, uscì questo disco che gettò indissolubilmente le fondamenta per il moderno Brutal Death Metal, l’ensemble sputava fuoco e fiamme a velocità, che all’epoca erano (e sono tutt’ora) inaudite, sorretti da un leggendario Derek Roddy alle pelli, che non solo sfoderava velocità e tecnica ma anche gran gusto e groove.

Cynic – ‘Focus’ (1993)

All’epoca della sua uscita, spaccò letteralmente in due fazioni gli appassionati del genere.
Chi lo detestò per la sua “particolarità” (forse troppo avanguardistica e pionieristica) chi invece lo adorò, e io fui uno di quelli della seconda fazione!
Un platter che ancor oggi si erge sopra la mediocrità e stantia sterilità che imperversava a quei tempi, la matrice Technical Thrash si sposava perfettamente agli inserti Fusion ,che assieme creavano mirabolanti atmosfere!

Mayhem – ‘Wolf Slair Abyss’ (1997)

Li diedero per defunti (qualcuno nel vero senso della parola!), seppelliti dai loro stessi misfatti e deliri, silentemente fecero ritorno, rinnovati, ma con la medesima furia iconoclasta e nera che li contraddistingueva.
‘Wolf Slair Abyss’ fu uno di quegli EP che mi fece amare ardentemente il Black Metal, quello vero, trascendentale, politicamente scorretto e scomodo, dove il suo incedere gelido e furente, scandiva il ritmo di una lenta e inesorabile agonia.

Emperor – ‘Anthems To Welkin At Dusk’ (1997)

Una vera gemma del Symphonic Black Metal, prodigio compositivo e spirituale, quintessenza dell’energia che, nell’epoca d’oro del genere, imperava sulle lande norvegesi.
Lo acquistai e ascoltai per sei mesi, ogni giorno, per scoprirne le sfumature, per respirarne l’aura maestosa, per assimilarne la sua intrinseca magnificenza.

Nile – ‘Black Seeds Of Vengeance’ (2000)

Rilasciato all’inizio del Nuovo millennio, figlio glorioso dei grandi maestri della decade che li precedette, un platter nero come la pece e annichilente. Ammantato da un alone di ritualismo di millenni passati ma mai dimenticati, ‘Black Seeds Of Vengeance’ fu un disco che esercitò in me un fascino irresistibile, dove tutti gli elementi che cercavo si fondevano in un caleidoscopico vortice di acrimoniosa oscurità.

Fear Factory – ‘Demanufacture’ (1995)

Volente o nolente, ‘Demanufacture’ riscrisse i canoni di un certo tipo di Metal della sua epoca.
Fece della incessante e meccanica semplicità suo vessillo, delle gelide ma mastodontiche chitarre ed il drumming, roboticamente calibrato e preciso, suo marchio di fabbrica (infatti, Fear FACTORY!). Smussati gli spigoli Grind Core delle precedenti release, i Fear Factory coniarono un sound distinguibile e intrigantemente unico, scevro di assoli e orpelli, perfetta colonna sonora per film come ‘Blade Runner’ e il primo ‘Terminator’, in cui i cyborg e la cibernetica la facevano da padroni assoluti!

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