5 (+1) curiosità che forse non sapete su… Ronnie James Dio
Il 10/07/2020, di Francesco Faniello.
In: The Birthday Party.
Ronnie James Dio, pseudonimo di Ronald James Padavona (Portsmouth, 10 luglio 1942 – Houston, 16 maggio 2010) è stato a detta di tutti uno dei più grandi cantanti della storia del rock e del metal. Voce di Rainbow, Black Sabbath, Elf, Heaven & Helle e dei suoi Dio, ha inciso pezzi rimasti nella storia della nostra musica. Andiamo a scoprire 5 (+1) curiosità sul vocalist italoamericano che forse non tutti conoscete.
We Are The (Rock And Roll) Children
Tutto il mondo si ricorda di USA For Africa e ‘We Are The World’, buona parte dei filobritannici non fa fatica a richiamare Band Aid (anche se la loro ‘Do They Know It’s Christmas?’ era decisamente inferiore all’arcinoto pezzo a stelle e strisce), ma quanti sanno che lo scintillante mondo del metal anni Ottanta ebbe il suo inno di beneficenza? L’idea venne proprio in casa Dio, per la precisione a opera dei suoi sodali Jimmy Bain e Vivian Campbell che – ospiti in una trasmissione a tema – si resero conto del pochissimo spazio concesso all’hard’n’heavy nei progetti selezionati per il Live Aid, nonostante l’esplosione commerciale del genere in quegli anni. Così, il bassista, il chitarrista e il nostro folletto dall’ugola d’oro si misero al lavoro su una song che fungesse da traino per un disco di supporto alla lotta contro la carestia in Africa, nell’ambito del progetto Hear ‘N Aid: nacque ‘Stars’, un pezzo che (al di là dei lodevoli intenti) rappresenta la migliore fotografia della scena di quegli anni, con un cast “stellare” (è il caso di dirlo) che vantava la crème del virtuosismo chitarristico di quegli anni per una serie di assoli di quasi tre minuti – Malmsteen, Lynch, lo stesso Campbell e il futuro pupillo Goldy, oltre alla coppia Murray/Smith nel ritornello – insieme al gotha delle ugole d’oro borchiate, tra cui Rob Halford, Don Dokken e Geoff Tate. Oltre allo stesso Ronnie James Dio, che apre le danze con la sua invocazione da pelle d’oca “Who cries for the children? I do…”.
Non uno, non due, ma… tre album iconici. Più le collaborazioni
La storia dell’hard rock e dell’heavy metal è costellata di album seminali, spesso inanellati di seguito da una o più band in un periodo di grazie dal punto di vista artistico. Il caso di Ronnie James Dio è peculiare, poiché il singer americano ha prestato la sua voce su tre dischi considerati fondamentali nell’evoluzione del genere, benché a opera di tre band distinte: ‘Rising’ dei Rainbow, ‘Heaven And Hell’ dei Black Sabbath e ‘Holy Diver’ dei “suoi” Dio. Pur con alti e bassi, il resto della discografia che lo vede dietro il microfono nei tre progetti citati non è ovviamente da meno, e a questo vanno aggiunte le tante collaborazioni avvenute nel corso degli anni, tra cui Dog Eat Dog (con un estratto dello ‘Star Spangled Banner’ nella loro ‘Games’!), Queensryche (impersona il Dr. X su ‘Operation Mindcrime: II’), la Butterfly Ball di Roger Glover (che lo vedrà poi dal vivo con i Deep Purple nel 1999, nel corso della riedizione del loro concerto con l’orchestra), nonché l’indimenticabile cameo su Tenacious D e il Plettro del Destino di Jack Black, in cui interpreta se stesso dinanzi a un giovane JB in adorazione. Come lui stesso affermò in alcune interviste, gli sarebbe piaciuto incontrare Pavarotti e collaborare con lui, un desiderio che non stupisce, data la tipica timbrica del Nostro e i suoi primi anni trascorsi ad ascoltare Mario Lanza, da buon italo / americano. Una fortuna che toccherà a Gillan, come scopriremo in mondovisione nel 2003…
Mr. Misery
Anche se il nome di Ronnie James Dio ha iniziato a risuonare nelle orecchie (e negli stereo) degli aficionados con la sua entrata nei Rainbow, la sua carriera era iniziata parecchi anni prima, nel variegato mondo del rockabilly e del doo-wop imperante a fine anni Cinquanta. The Vegas Kings, Ronnie And The Rumblers e Ronnie Dio And The Prophets alcuni dei nomi in cui ha militato prima degli Elf, suonando il basso e cantando, sfruttando per la sua tecnica vocale quanto appreso nello studio della tromba. Curiosamente, negli anni Sessanta, Ronnie Dio And The Prophets registreranno una versione in italiano della loro ‘Mr. Misery’, secondo una pratica comunissima in quegli anni: è possibile reperire facilmente su YouTube ‘Che tristezza senza te’, accreditata appunto al nostro Ronnie Padavona, qui alle prese con la lingua dei suoi avi con un approccio tipico dell’accentazione italo / americana della East Coast. C’è da dire che Dio non parlava volentieri dei suoi trascorsi precedenti agli anni ‘70, preferendo narrare del suo incontro con i due chitarristi più influenti della sua “svolta” hard’n’heavy, Ritchie Blackmore e Tony Iommi. Come è noto, nel primo caso gli Elf erano di spalla ai Deep Purple e Blackmore trovò in Dio la voce perfetta per realizzare il suo progetto di coverizzare ‘Black Sheep Of The Family’ dei Quatermass, inviso ai restanti Purple: da un singolo, si ritrovarono a scrivere un intero disco e Blackmore abbandonò senza tanti rimpianti la band madre per fondare i Rainbow. Nel secondo caso, galeotta fu la primissima jam: dopo essersi incontrati al Rainbow (!), Iommi e Dio si ritrovarono nello studio losangelino del chitarrista inglese e fu lì che nacque il loro primo pezzo, l’epica ‘Children of the Sea’, pezzo trainante del nuovo corso dei Black Sabbath.
Non avrai altro Dio al di fuori di me
Non si diventa la voce del metal senza un approccio caparbio, volitivo e anche spigoloso nei confronti dei propri compagni di viaggio. D’altronde, il primo divorzio artistico illustre fu quello con Blackmore, quando fu chiaro che il Man In Black avrebbe voluto che il Nostro scrivesse dei testi d’amore per sfondare nel mercato a stelle e strisce: neanche il tempo di essere fuori dalla band, e già l’Arcobaleno risuonava di ‘(I Wanna Love You) All Night Long’ e ‘Love’s No Friend Of Mine’. Con i Black Sabbath le cose andarono diversamente, e le divergenze avevano già il sapore della guerra di ego: il potere dei senatori Iommi e Butler impossibile da scalfire nel 1982, la leggenda per cui Dio avrebbe nottetempo ritoccato i volumi della voce sul ‘Live Evil’, che gli valse la definizione di “little Hitler” a opera dei due fondatori dei Black Sabbath. E poi, dieci anni dopo, il gran rifiuto di aprire i concerti di “fine carriera” del suo arcinemico Ozzy Osbourne (“non suonerò di supporto a un pagliaccio!”) e nel mezzo la lunga faida con Vivian Campbell, con parole poco lusinghiere per le scelte artistiche del funambolico chitarrista (finito nei Whitesnake e poi nei Def Leppard). Tuttavia, i suoi meriti come talent scout sono innegabili, dall’aver portato con sé nella sua carriera solista i vecchi compari Bain e Appice, all’aver scoperto e “lanciato” una serie di chitarristi come Jake E. Lee, lo stesso Campbell e Craig Goldy, scoperto sin dai tempi dei Rough Cutt; sarà per quello che dopo la sua scomparsa sono nati ben due progetti di tributo, a vario titolo: i Last in Line (composti originariamente dalla line-up classica dei Dio) e i Dio Disciples (con tanti degli strumentisti che si sono succeduti negli anni al suo fianco, insieme a Tim “Ripper” Owens alla voce).
Dietro un grande uomo…
Si sa, è un luogo comune quello per cui dietro a un grande uomo ci sarebbe sempre una grande donna. Ma Wendy Gaxiola rientra quasi alla perfezione nel vecchio adagio, sebbene il matrimonio con Ronnie sia durato relativamente poco tempo, con i due che avrebbero comunque continuato ad avere ottimi rapporti personali e soprattutto professionale. Curiosamente, nella storia dei Black Sabbath la signora Wendy Dio ha due contraltari di tutto rispetto in Sharon Osbourne e Gloria Butler (che fantastico biopic sarebbe, un lungometraggio sulle donne alla guida del Sabba Nero?), sebbene il suo operato sia indiscutibilmente legato alla carriera solista di Ronnie James Dio: direttrice esecutiva del progetto Hear ‘N Aid, manager del cantante e di vari altri gruppi legati all’esplosione commerciale del metal negli anni ‘80, grande avversaria di Campbell e dei Last In Line, ideatrice del controverso ologramma portato on stage dai Dio Disciples in occasione del tour ‘Dio Returns’. Le malelingue dicono persino che ci sarebbe lei dietro il mancato rilascio del visto a Tony Martin per partecipare ai concerti di Costa Mesa in supporto a Ozzy nel 1993, ma non ci risultano sue affiliazioni all’FBI. Una cosa è certa: possiamo ascoltarne la voce su ‘Evil Eyes’, in occasione dei tipici gorgheggi anni ‘80 presenti nel finale in fade out…
La Storia siamo noi
Tutti conoscono i minimi dettagli degli anni di studio di Bruce Dickinson, ma quanto si sa degli studi di Ronnie James Dio? Iscritto alla University of Buffalo e al Cortland State College – entrambi nello Stato di New York – seguì lì i corsi di Storia e Inglese, sicuramente un’influenza primaria sul tipico approccio testuale sviluppato dalla futura voce del metal. Dalla wildeiana ‘Self Portrait’ alla biblica ‘Stargazer’, passando per le antiche leggende di ‘Gates Of Babylon’ e ‘Egypt (The Chains Are On)’, fino all’ambientazione medievale di ‘Falling Off The Edge Of The World’ e alle intuizioni originali e delicatissime presenti su ‘Temple Of The King’, ‘Heaven And Hell’, ‘One Night In The City’ e ‘All The Fools Sailed Away’. Quel che è certo è che la fantasia dell’affabile folletto ha emozionato generazioni di seguaci e influenzato schiere di successori, stregati dalle tematiche di cappa e spada, dai draghi e dall’ambiguità di Murray, la mascotte dei primi dischi solisti; un universo così fantasioso e sognante che pare che Iommi e Butler abbiano messo in chiaro sin dalle prime sessioni di ‘Dehumanizer’ che gli anni Novanta andavano affrontati con un approccio futuristico, lasciando alle spalle tutto l’armamentario “sword and sorcery”. Detto fatto: così nasceranno le incredibili ‘Computer God’, ‘TV Crimes’ e ‘Master Of Insanity’, secondo un filone che il Nostro si porterà dietro anche per i successivi dischi solisti ‘Strange Highways’ e ‘Angry Machines’. Eppure, la sospensione temporale tra mitologia e modernità era già presente su una delle allitterazioni più potenti mai concepite, marchiata a fuoco in uno dei suoi capolavori e consegnata all’immortalità: “Phantom figures free forever out of shadows shining ever-bright… Neon Knights!”