Alessandro Del Vecchio – I miei 10 album fondamentali

Il 03/07/2020, di .

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Alessandro Del Vecchio – I miei 10 album fondamentali

Premettendo quanto non sia facile scegliere “solo” 10 dischi, vorrei fosse chiaro che mi servirebbe una lista di 100, 1000 dischi per riuscire a parlare di cosa mi ha influenzato o quali sono i miei album preferiti. Ho tentato di mettere i dischi che mi hanno fatto saltare dalla sedia e mi hanno segnato a livello emotivo, dandomi delle linee di quello che avrei voluto sentire da me come musicista e quello che avrei voluto ricercare nel processo produttivo. Questa per me è semplicemente una lista, non una classifica.

1. Queen – ‘A Night At The Opera’ (1975)


Esiste disco moderno più coraggioso, ricercato, senza limiti e generi? Mi viene davvero difficile trovare un paragone o qualcosa di più sublime. L’arte musicale portata oltre i livelli canonici, influenze di ogni tipo mischiate a una personalità fuori dal comune. Questo disco è estravaganza artistica pura, non un cedimento, magico in ogni aspetto, dalle performance alla resa sonora. Un capolavoro, una dichiarazione di intenti così forte che al solo parlarne mi vengono i brividi. Dei Queen avrei potuto mettere ogni disco e fare una lista solo con quelli. Genio puro e indiscutibilmente la band che rappresenta la musica ai più alti livelli, a mio modestissimo parere. Loro sono la band che mi ha acceso la fiamma, che mi ha fatto vedere la luce e cambiato la vita in maniera radicale.

2. Deep Purple – ‘Burn’ (1974)


Il mio primo incontro con i Deep Purple è stato la videocassetta di ‘California Jam’. Nell’era attuale, con internet che ci risolve ogni dubbio, a un ragazzino di 13 anni sembrava strano non riconoscere la voce di Ian Gillan come avevo visto nelle foto di Hard e dei vari giornali. Però vedo questo cantante fighissimo e mi dico ‘Wow, è chi è?’ Parte la band e mi sento male. Mai sentita così tanta furia. Non capisco niente. Canta David Coverdale e mi sento male, nel preritornello lancia una frase Glenn Hughes e mi sento pure peggio. Poi arriva il ritornello e quella combinazione letale di special, con tanto di urlo storico di Hughes e solo di Jon Lord. Non mi viene in mente una band con più attitudine di quel periodo dei Deep Purple. Il giorno dopo compro il disco ‘Burn’ ormai conscio di aver trovato due delle voci più belle del mondo e un disco con pezzi che segneranno la mia vita. Che disco, che pezzi, che voci, che produzione, che band infiammata. Tutti suonano e cantano sopra le righe, raffinati ma col coltello tra i denti. Jon Lord solidifica il suo stile ancora di più e splende in ogni brano. L’obbligato della title-track è un monumento alla bellezza musicale. Ironicamente, la sera stessa sogno di suonare con Paice e Hughes e svegliandomi sorrido pensando “nah, che bel sogno”. Poco più di dieci anni mi ritroverò con entrambi a suonare ‘Burn’, ‘Might Just Take Your Life’, ‘Mistreated’, ‘You Fool No One’ e ‘Sail Away’.

3. Toto – ‘IV’ (1982)

Sta diventando difficile descrivere questi dischi. I Toto sono una band che se ami, finisci in un circolo vizioso in cui riesci ad essere oggettivo sui singoli dischi. Amo ogni disco loro e ritengo Steve Lukather uno dei più grandi cantanti del mondo e “la” voce dei Toto. Avrei potuto scegliere ‘Tambu’, un disco meno conosciuto della band, ma altrettanto fondamentale per profondità musica. Ma ‘IV’ è ‘il’ disco, in assoluto è l’insieme di tutto quello che si dovrebbe fare. Grandissimi musicisti al servizio di pezzi iper melodici ma raffinati e complicati allo stesso tempo. È un disco da veri virtuosi, da quelli che non han bisogno di fare show-off, di quelli che scrivono grandissima musica e la eseguono con naturalezza e impregnando quelle note di rara bellezza. La band non ha bisogno di presentazioni, ma se un disco hai ‘Make Believe’ e la fortuna di avere Bobby Kimball a cantarla come se non ci fosse un domani, hai fatto bingo. Uno dei veri capolavori del XX secolo!

4. The Eagles – ‘Hotel California’ (1976)


Non posso trovare parole abbastanza importanti per palare di cosa rappresenta questo disco. Non c’è un pezzo debole e la band nell’intento di attaccare il music business finisce per diventarne padrone. Un coup d’état in piena regola. Le loro armonie vocali, gli arrangiamenti sopraffini, le melodie, le voci, le chitarre meravigliose di Joe Walsh e Don Felder. Il disco inizia con l’arpeggio più iconico della storia, secondo forse solo a quello di ‘Stairway To Heaven’. L’apice del disco arriva con ‘Wasted Time’. Uno dei pezzi più belli di sempre, un testo introspettivo e malinconico cantato da Don Henley con il suo timbro unico. Un disco pionieristico a livello produttivo e geniale a livello compositivo e il collettivo delle voci più belle del creato! Una band in assoluto stato di grazia che dichiara guerra al mondo intero sfornando uno dei dischi più venduti della storia.

5. Rainbow – ‘Rising’ (1976)

Immaginatemi ragazzino, quando compravi un disco non sapevi cosa prendevi. Lo prendevi per la copertina, perché da qualche parte avevi letto che per un periodo Ritchie Blackmore, Ronnie James Dio e Cozy Powell erano nella stessa band, perché, magari, uno dei tuoi artisti preferiti lo nominava spesso nelle interviste. Il 90% dei dischi li ho scoperti dalle interviste di altri musicisti. Loro ne parlavano e io li compravo a scatola chiusa. Con ‘Rising’ è successo così. Torno a casa con questo cd con questa copertina evocativa e non vedo l’ora di ascoltarlo in cuffia e perdermici. Il primo pezzo è ‘Tarot Woman’. Fermi tutti. Non avevo mai sentito una cosa del genere. Per quanto fossi avido di progressive rock, non avevo mai sentito un intro così epico di tastiere e quando parte la band è apocalisse. Non sapevo cosa fosse l’epic metal, ma in quel momento io ho pensato non esistesse niente di più epico, potente ed evocativo. Tutto il disco ha dei pezzi incredibili che segneranno la mia vita e il modo in cui facciamo musica oggi. ‘Stargazer’, con quell’intro, le melodie struggenti, parole che sanno di eternità in bocca a un Dio fuori gara. Disco assoluto!

6. Genesis – ‘Selling England By The Pound’ (1973)


Ho i brividi al solo pensiero della prima volta che ho sentito Peter Gabriel cantare “Can you tell me where my country lies”. Un inizio disco incredibile. Quando la voce e la musica creano l’infinito. Il disco è impossibile da comprendere. Capire come quei 5 pazzi abbiano potuto scrivere quei brani, con quegli arrangiamenti, suonarli con quella furia e delicatezza, è impossibile. Tony Banks è uno dei più grandi tastieristi della storia. L’intro di ‘Firth Of Firth’ è patrimonio dell’umanità, ‘The Cinema Show’ è stato saccheggiato da tutte le band di prog metal, ‘Dancing With The Moonlit Knight’ è ancora oggi all’avanguardia. Non ho mai capito perchè alcuni criticassero la produzione di questo disco. Io lo ritengo un gioiello sonico. Tutto suona così organico ed omogeneo e puoi sentire chiaramente ogni singolo arrangiamento e viaggiare all’interno di brani con soluzioni creative assolutamente fuori dal comune. È stato il mio disco preferito alle elementari, mentre gli altri ascoltavano Bimbo Mix io mi perdevo in viaggi lisergici con i Genesis.

7. Beatles – ‘1967 – 1970’ (1973)


Questa collezione ha segnato la mia vita. Non esistono genio maggiore a livello compositivo e produttivo dell’accoppiata The Beatles/George Martin. I dischi di quest’epoca della band sono dei gioielli artistici. Ascoltare questi brani ancora oggi è un viaggio. Riuscivano a creare delle ambientazioni sonore da veri visionari. La visione d’insieme del brano era sempre più larga del brano stesso e ancora oggi scopro dettagli nonostante possa pensare di conoscere questi brani a memoria. Questo è il disco che è stato suonato di più in casa durante la nostra infanzia. Ascoltarlo su un Hi-fi o in cuffia era un’immersione in mondi diversi, in realtà intoccabili da chiunque altro. Mi sembrava di viaggiare quando in brani come ‘Strawberry Fields Forever’ i suoni si spostavano nello stereo. Ascoltando quelle cose mi son detto “voglio fare quello che fa girare i suoni”. Son così finito a interessarmi di mix, perché volevo capire come facevano a creare quei suoni, quegli effetti.

8. Yngwie Malmsteen’s Rising Force – ‘Marching Out’ (1985)


Colpo di grazia. L’inizio di ‘I’ll See The Light Tonight’, quelle prime 8 note sono la più grande dichiarazione di infinità assoluta della storia del mondo. Chi critica Malmsteen non vuole guardare in faccia alla realtà che non è mai esistito uno come lui e mai esisterà. Questo disco ha tutto. Tecnica, pezzi, voce da morirci e una band di pazzi. È illegale suonare così. Il suono generale del disco è incredibile, la distorsione delle chitarre è boh, da un altro pianeta e Jeff Scott Soto canta come nessuno. Un vichingo portoricano che urla al mondo un capolavoro del metal con la voce più soul del pianeta. Il disco non ha un pezzo debole, una nota senza la massima intenzione. È solido, potente, evocativo.

9. Black Sabbath – ‘Heaven And Hell’ (1980)

Vabbè. Devo davvero scrivere di ‘Heaven And Hell’? servono le parole? Bastano le parole? No, ma ci provo. Per me è stato un pugno in faccia. Non conoscevo i Black Sabbath se non che di nome, forse. Ero un bambino e il mio primo incontro con Dio e la band è stato proprio ‘Children Of The Sea’. Ho i brividi al solo pensiero di quel momento quando ho sentito la voce di Dio, letteralmente La Voce Di Dio, sull’arpeggio del brano. Il disco è sulfureo, magico, potente, profondo e ha tutto quello che un disco deve avere. Brani, band, voce, produzione, performance. Tutto. Un gioiello assoluto di come si debba far musica. Abbiamo prova che Dio esista. Basta fare play e farsi folgorare da una band che non ha un domani e scommette tutto sulla musica e nient’altro. Uno dei dischi più liberi a livello di genio del mondo, infatti diventa un’opera seminale perché esplora mondi mai toccati prima.

10. Van Halen – ‘Van Halen’ (1978)


Ok, mi ripeto. Tocchiamo il sacro. Bisogna parlarne con cautela e la dovuta riverenza. Esiste un chitarrista più chitarrista di Van Halen? No. Fine del discorso. La band porta il suo nome, diciamo cognome insieme al fratello Alex, ma sono davvero tutti e 4 dei campioni assoluti. Un disco seminale, che cambia la storia in 35 minuti. Esistono gli alieni? Io ne sono sicuro. Certo che esistono. Fate play su ‘Running With The Devil’, ‘Eruption’, ‘Ain’t Talking ‘bout Love’, ‘I’m The One’ e tutto il disco e sentirete cose che noi umani…

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