Kadavar – L’incantesimo del Rock
Il 24/06/2020, di Federica Sarra.
In: Lysergic Emanations.
“Senza rock’n’roll niente sogni.
Senza sogni niente coraggio. Senza coraggio nessuna azione.”
Wim Wenders
Il viaggio musicale della band tedesca parte da molto lontano, è un viaggio nel tempo andata e ritorno, che si concretizza nel 2012, con l’omonimo primo studio album. “All’inizio non avevamo alcuna aspettativa, dopo la pubblicazione di ‘Kadavar’ non ci aspettavamo assolutamente di arrivare a 10 anni di attività” ci racconta Lupus Lindemann. E il disco è un tripudio di sonorità dense e colori desaturati così seventies, che mai perde di vista la visione dei Kadavar e quel loro misticismo dionisiaco, marchio inconfondibile che fa sì che l’ascoltatore possa nettamente riconoscere un riff di granito Made in Kadavar. Da menzionare la track ‘Black Sun’, che si aggira fra rovine e magie oscure, e punta lo sguardo verso lo stile Occult Rock.
La dimensione occulta è il leitmotiv di tutti i loro lavori ma è un elemento cupo e oscuro quanto basta per non essere etichettati in quell’unica direzione. L’universo Kadavar è infatti un vivace caleidoscopio di momenti e suggestioni variegate come specchi e frammenti che mutano colori e forme senza mai ripetersi. Un’interpretazione dell’hard rock del passato diretta senza risultare grezza, una gioia dall’inizio alla fine.
Sorrideranno gli amanti degli anni Settanta e Sessanta ascoltando la musica dei Kadavar. Ogni elemento è al suo posto, tutto è ben equilibrato e raffinatamente confezionato.
“So che come band abbiamo avuto fortuna, certo abbiamo anche lavorato sodo ma devo dire che sì, siamo stati fortunati.”
Se con ‘Kadavar’ avevano incuriosito pubblico e critica, è con ‘Abra Kadavar’ del 2013 che l’incantesimo viene definitivamente lanciato. Atmosfere livide e sonorità solide, la formula magica funziona e convince e qui la fortuna non c’entra. C’è il talento.
Non oso raccontarvi quante volte ho ascoltato ‘Come Back Life’ in questo ultimo periodo, come fosse un mantra. Per dovere di cronaca, l’ascolto del brano ‘Doomsday Machine’ è doveroso.
A distanza di soli due anni, ancora una conferma, si chiama ‘Berlin’ ed è il terzo lavoro degli operosi tedeschi. Chitarre distorte, basso e batteria massicci danno forma e sostanza a un album che regala il fascino di un passato che ritorna a gran voce. Undici gemme preziose che brillano nella discografia di questa band.
Emerge una maestria nel non limitarsi a essere solamente una bella, bella copia ma un vero e proprio progetto artistico a sé, che si porta dietro un patrimonio musicale di enorme valore e lo fa con carattere, personalità e la cognizione che questo non è un lavoro facile. Questi sono gli elementi che poi esplodono con violenza in ‘Rough Times’ del 2017.
Un album più maturo sotto certi aspetti che ci consegna una band consapevole, scatenata e in piena vena creativa. L’attenzione dell’ascoltatore non crolla mai. Brano dopo brano, ci si addentra in un universo parallelo che non lascia scampo e possibilità di fuga. Decisamente uno di quei dischi da ascoltare tutto d’un fiato. Considerato come uno dei dischi più belli dell’anno 2017, Magna cum laude aggiungerei, per brani come ‘Into The Wormhole’, ‘Die Baby Die’, ‘Tribulation Nation’ che diventano anthem reclamati a gran voce durante i live.
“Fino a ‘Rough Times’ avevamo un approccio differente alla scrittura dei brani e alla parte compositiva, da quell’album in poi ho sentito la necessità di aggiungere qualcosa in più a ogni singolo brano, può trattarsi di maggiore atmosfera, più melodia nelle parti vocali, più strumenti… Insomma, ciò di cui ha bisogno per essere veramente completo e questo non puoi farlo con pochi strumenti o se ti poni dei limiti.”
Dopo tre anni di silenzio discografico, i Kadavar presentano la quinta fatica ‘For The Dead Travel Fast’, Top Album su Metal Hammer Italia e non solo. “Ho passato molto tempo a scrivere i pezzi, sono riuscito a ritagliarmi un periodo abbastanza lungo per lavorare in totale tranquillità.”
Il sigillo di questo disco è sicuramente nella raffinatezza degli arrangiamenti, nel retrogusto gotico che è stato impresso in fase di progettazione dell’album, nella bellezza di un racconto mistico e “nella sperimentazione delle parti vocali, ho voluto utilizzare la mia voce in modi diversi, parti in cui è molto bassa, altre dove è molto alta”. Il primo singolo estratto da ‘For The Dead Travel Fast’, ‘The Devil’s Master’, è una prova magistrale, un brano sofisticato che porta con sé nuovi elementi sonori, svelando una notevole abilità compositiva e le tante potenzialità espressive di questo gruppo. “Abbiamo scelto noi di presentare ‘The Devils’s Master’ come primo singolo, ci sembrava un ottimo modo di presentare il nuovo disco”.
Il trio tedesco in tempi più recenti si è distinto per essere stato fra i primi a offrire ai fan un concerto in live streaming, in diretta dal proprio studio di Berlino. In piena fase di lock down, il live, gratuito, è stata una boccata d’ossigeno. I Kadavar spazzano letteralmente via ogni barriera virtuale fra ascoltatore e band, consegnando due ore abbondanti di show, granitiche, potenti, energiche, riuscendo a connettere più di 11.000 fan da tutto il mondo in un unico momento di puro divertimento e evasione. I commenti sono lì, a testimonianza di un evento che è stato molto più di ciò che ci si aspettava. Restare fermi davanti allo schermo? Impossibile, a meno che non foste incatenati o stavate indossando una camicia di forza.
Da annoverare fra i tre migliori live streaming visti fino ad oggi. Difatti diventa l’apprezzatissimo ‘Studio Live Session Vol. I’, un album in versione digitale autoprodotto dalla band.
Questo il ritratto di artisti in continua ricerca e sperimentazione, i Kadavar, da ascoltare con somma attenzione.
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