Alex Staropoli – I 10 dischi che mi hanno cambiato la vita
Il 22/05/2020, di Fabio Magliano.
In: Hammer Chart.
Un suggestivo (e nostalgico) viaggio a ritroso nel tempo nei mitici anni Ottanta, inesauribile fucina di capolavori in ambito rock e metal, e qualche inaspettata sorpresa. Questa è la personale Top Ten a firma Alex Staropoli, tastierista e fondatore dei Rhapsody Of Fire, che ha voluto presentare a Metal Hammer i dieci dischi che maggiormente hanno influenzato la sua visione della musica. Pronti? Partiamo!
1. Alter Bridge – ‘One Day Remains’
Inizia con una sorpresa la personale Top Ten di uno dei paladini del symphonic power metal tricolore. Al primo posto troviamo infatti il disco d’esordio degli Alter Bridge, lavoro uscito nel 2004 per Wind-Up Records. Il disco, prodotto da Ben Grosse, ottiene un discreto successo negli Stati Uniti, arrivando a vendere circa 750.000 copie e conquistando il disco d’oro della RIAA. In Europa arriva solo l’anno seguente attraverso l’EP promozionale Fan EP, contenente ‘Metalingus’ e altre tre tracce dell’album registrate dal vivo. Il lavoro è trainato dai singoli ‘Open Your Eyes’, ‘Find The Real’ e ‘Broken Wings’, oltre che dalla canzone ‘ In Loving Memory’ scritta da Mark Tremonti per la madre scomparsa e utilizzata anche dalla WWE come tributo a Eddie Guerrero.
2. Europe – ‘The Final Countdown’
Si cambia decisamente registro con la terza fatica discografica della band svedese ma, soprattutto, con l’album che fece esplodere in tutto il mondo il fenomeno Europe. Dopo tutto per lui parlano i numeri: oltre 15 milioni di copie vendute e title track in vetta alle classifiche di venticinque Paesi differenti, conquistando sette dischi d’oro e otto di platino, compreso in Italia dove vende oltre 500.000 copie. Non a caso l’intro di ‘The Final Countdown’ va annoverata tra i passaggi più celebri della storia del rock, in grado di portare l’hard rock melodico dei nordici a generazioni di appassionati e non. Uscito per Epic Record il 26 maggio 1986 il disco doveva essere lanciato dal singolo ‘Rock The Night’ con la title-track relegata a song di apertura dei concerti, e invece proprio un’intuizione della label segnò il destino di Joey Tempest e compagni. Non è però un disco limitato ad un solo tormentone. In questo lavoro troviamo infatti brani divenuti a modo loro storici come ‘Rock The Night’, ‘Cherokee’, ‘On The Loose’, ‘Love Chaser’ e la ballatona ‘Carrie’.
3. Crimson Glory – ‘Transcendence’
Uscito il 14 novembre 1988 in un anno di grazia per la discografia metal, nel quale vedono la luce capolavori come ‘Operation: Mindcrime’ dei Queensryche, ‘…And Justice For All’ dei Metallica, ‘Kings Of Metal’ dei Manowar, ”Seventh Son Of A Seventh Son’ dei Maiden, ‘Keeper Of The Seven Keys Pt. II’ degli Helloween, ‘South Of Heaven’ degli Slayer anche se si potrebbe andare avanti a getto continuo, il secondo capitolo discografico dei controversi Crimson Glory non avrà forse riscosso il successo commerciale di alcuni suoi illustri concorrenti, ma rimane una gemma nel panorama metal, con il suo sapiente mix di metal classico dall’accento prog, epicità e melodia, esaltate dalla straordinaria ugola di Midnight. Registrato nei celebri Morrisound Studios di Tampa sotto la guida attenta di Jim Morris, ‘Transcendence’ viene trainato sulla hit ‘Lonely’, una power ballad dalle venatura hard, ma può contare anche sulla cavalcata ‘Lady Of Winter’, sulla possente ‘Masque Of The Red Death’, sull’epica ‘Eternal World’ e sulla splendida title track per assurgere a capolavoro del gruppo statunitense, purtroppo incapace di andare oltre allo stato di meteora anche a causa di numerosi problemi che portarono, tra scioglimenti e reunion, anche alla prematura scomparsa del talentuoso Midnight.
4. Dio – ‘Holy Diver’
Si irrompe nella storia dell’heavy metal con ‘Holy Diver’ disco di debutto dei Dio, super gruppo creato da Ronnie James Dio dopo la fine della sua avventura con i Black Sabbath. Per l’occasione il folletto italo-americano chiama a sé il batterista Vinny Appice, il bassista Jimmy Bain e un giovanissimo Vivian Campbell alla chitarra, rinchiude tutti nei Sound City Studios in California e il 25 marzo 1983 via Warner Bros esce questo ‘Holy Diver’, disco destinato a diventare una delle pietre miliari nella storia del metal classico. I numeri parlano per questo lavoro, certificato ‘Disco d’Oro’ in America nel 1984 e Platino nel 1989 sfondando quota un milione di copie vendute, ma la sua grandezza va oltre freddi numeri. È la qualità dei brani contenuti, tutti potenziali hit single, a renderlo uno dei dischi più rappresentativi degli anni Ottanta, dall’opener ‘Stand Up And Shout’ alla celeberrima title track passando per l’heavy ballad ‘Don’t Talk To The Strangers’, ‘Gipsy’ e l’altro grande classico ‘Rainbow In The Dark’.
5. Van Halen – ‘5150’
Altro anno d’oro per la musica metal (a questo giro Alex Staropoli ci porta nel 1986) e altro grande capolavoro, all’epoca pubblicato non senza incognite ma in grado di divenire in breve tempo uno dei lavori di maggior successo della band dei fratelli Van Halen. Il settimo lavoro del gruppo statunitense, uscito il 26 marzo su Warner Bros, è infatti il primo con Sammy Hagar alla voce dopo il turbolento allontanamento di David Lee Roth, un disco che porta il gruppo a invertire stilisticamente rotta puntando su un gran numero di love song, scelta questa azzardata ma sicuramente vincente visto che il lavoro arriva in vetta alle classifiche di Billboard, superando anche il precedente, fortunato ‘1984’ e arrivando a vendere oltre 6 milioni di copie nei soli Stati Uniti.
6. Manowar – ‘Kings Of Metal’
Ancora l’anno d’oro 1988 e ancora un caposaldo del metal che più epico non si può. Paladini indiscussi del genere, i Manowar sfornano il 18 novembre 1988 tramite l’Atlantic, per l’ultima volta insieme al chitarrista fondatore Ross The Boss, uno dei dischi più amati dai loro seguaci. Ogni brano contenuto in questo disco è un concentrato di orgoglio e fierezza, inni al metal che, negli anni, hanno portato il gruppo a costruirsi battaglioni di fan in tutto il mondo pronti ad amare incondizionatamente Joey DeMaio e soci. Impossibile citare un brano rappresentativo di questo lavoro: si va dalla fulminante ‘Wheels Of Fire’ alla fiera title track con il celebre anthem ‘Other band play, Manowar kill’ subito divenuto tratto distintivo del gruppo, passando per la power ballad ‘Heart Of Steel’, per l’imponente ‘The Crown And The Ring’ nella quale emerge il volto più epico e pomposo del gruppo a altri tasselli mitici come ‘Hail And Kill’, ‘Blood Of The Kings’ e ‘Kingdom Come’. Se si ama il metal epico, un disco imprescindibile.
7. Ozzy Osbourne – ‘The Ultimate Sin’
Nuova tappa nel 1986, nuovo sospiro di malinconia e altro disco simbolo di quei sfavillanti anni Ottanta. È la quarta fatica discografica di Ozzy Osbourne, forse non il suo disco più rappresentativo, sicuramente tra quelli di maggior successo commerciale, grazie al fiuto del madman e del produttore Ron Nevison che, subodorando ciò che stava accadendo nella scena musicale statunitense, cesellano un lavoro strizzando ampiamente l’occhio all’hard rock radiofonico e al glam che, a quei tempi, andava per la maggiore, plasmano il look seguendo le indicazioni di “mamma MTV” ed il risultato è un lavoro che, trainato dal singolone ‘Shot In The Dark’, arriva a toccare il numero 6 delle classifiche americane conquistando il doppio Disco di Platino. Per l’occasione spalla di Mr. Osbourne è nuovamente Jake E.Lee, la cui impronta stilistica risulterà fondamentale per la buona riuscita di brani come ‘Secret Loser’, ‘Thank God For The Bomb’, ‘Never’ e la già citata ‘Shot In The Dark’.
8. Queen – ‘A Kind Of Magic’
Rimaniamo nel 1986 con la dodicesima fatica discografica dei Queen, uno dei dischi che, pur mantenendo intatta l’indiscussa anima pop della band di Freddie Mercury, si presenta con in sé massicce dosi di hard rock e un’insolita anima epica. Spina dorsale di questo disco uscito il 3 giugno 1986 via EMI, è infatti la colonna sonora del film ‘Highlander – L’Ultimo Immortale’. Ecco quindi che, accanto a brani dallo squisito spirito pop come la title track, ‘Don’t Lose Your Head’, la dolce ‘One Year Of Love’ e la pomposa ‘Friends Will Be Friends’, trovano spazio tracce maggiormente “spinte” come ‘One Vision’ ‘Princes Of The Universe’, ‘Gimme The Prize’ e la splendida ‘Who Wants To Live Forever’ realizzata utilizzando un’orchestra sinfonica. Ancora una volta il successo dell’album è fotografato dai numeri: triplo Platino in Polonia, doppio in Svizzera e Regno Unito dove raggiunge la vetta della classifica rimanendovi per sessantatré settimane, platino in Austria e Spagna, tre dischi d’Oro in Germania, 500.000 copie vendute solo in America dove raggiunge la posizione quarantasei di Billboard. In Italia il disco si attesta al numero tredici delle classifiche.
9. King Diamond – ‘Abigail’
Con ‘Abigail’ si sfocia nel mondo di quei concept album tanto amati da Alex e dai suoi Rhapsody Of Fire. Il secondo lavoro dell’ex cantante dei Mercyful Fate uscito nel giugno del 1987, infatti, non è solamente il (per molti) lavoro più importante della sua carriera, ma uno dei concept album più suggestivi ed inquietanti prodotti in ambito metal. La storia, splendidamente incastonata in un contesto che mischia con sapienza heavy metal classico, gothic e horror music e marchiata fuoco dall’inconfondibile falsetto del Re Diamante, ripercorre le vicende dei coniugi Miriam e Jonathan che, dopo aver ereditato una casa teatro sessantotto anni prima di un orrendo delitto di gelosia compiuto da un antenato di Jonathan, il conte LeFey, si trovano a dover fare i conti con il fantasma di Abigail, nata morta in grembo alla madre infedele ed ora alla ricerca di una crudele vendetta. Un album oscuro, inquietante, macabro, capace non solo di rimanere negli annali della musica metal ma capace di riscuotere anche un buon successo con oltre 175mila copie vendute nel solo Nord America.
10. Yngwie Malmsteen – ‘Rising Force’
Chiusura all’insegna del virtuosismo in questa nostalgica Top Ten. Arriva infatti dal lontano 1984 il disco di esordio del funambolico Yngwie Malmsteen, musicista a modo suo in grado di stravolgere il mondo dell’hard rock introducendo nel metal una componente neo-classica che ne diventerà il marchio di fabbrica e che segnerà la via per molte band negli anni a venire. In questo lavoro, infatti, la musica classica non risulta solamente una fonte di ispirazione per il guitar hero scandinavo ma diviene parte portante del sound, di pari passo con il metal e l’hard rock. Il lavoro, per buona parte strumentale (il singer Jeff Scott Soto fa capolino in soli due brani, ‘Now Your Ships Are Burned’ e ‘As Above, So Below’), contiene alcuni dei grandi classici del virtuoso come ‘Far Beyond the Sun’ e ‘Black Star’, oltre a ‘Icarus Dream Suite Op.4′ con tanto di rimando all’ ‘Adagio’ di Albinoni, riproposta anni dopo in una suggestiva versione in collaborazione con la Japanese Philarmonic Orchestra. Buoni i responsi di pubblico, con il disco che raggiunge il numero 14 delle classifiche svedesi e la sessantesima posizione della chart di Billboard.