Gli studio album dei Morbid Angel dal peggiore al migliore secondo Metal Hammer Italia
Il 11/04/2020, di Giuseppe Cassatella.
In: Hammer Chart.
Quando nell’underground metallico, a cavallo tra gli 80 e i 90, il passaparola aveva iniziato a far circolare il nome dei Morbid Angel, un po’ tutti avevano capito che il quartetto di Tampa era destinato a qualcosa di importante. Nel giro di qualche demo, il gruppo statunitense si era costruito una solida reputazione, l’esordio sarebbe stato solo la ciliegina di zolfo sulla mefistotelica torta preparata dalle capaci mani di Trey Azagthoth. Dopo trentacinque anni di carriera, cosa ha lasciato in eredità quella band di giovani fenomeni? Una manciata di demo, scarse testimonianze live ufficiali, alcuni coraggiosi EP e otto studio album (pubblicati in rigoroso ordine alfabetico). Un bottino non ricchissimo e di qualità sempre non eccelsa, penalizzato dall’ego dell’Angelo Nero al timone della band. Un viavai di musicisti, comunque di alto livello, e gli scontri con l’alter-ego David Vincent hanno portato a grandi capolavori e a dischi meno riusciti. Ma in ogni caso, tracce di genio puro sono sempre riscontrabili, anche quando le ciambelle non sono uscite con il proverbiale marchio di Caino.
‘Heretic’ (2003)
Troppo facile, e a nostro parere ingiusto, indicare il disco della “I” come il più brutto. ‘Heretic’ arriva nel momento peggiore della storia della band, quello in cui le idee ristagnano, un disco che è più strutturalmente caotico che bello, figlio di una voglia di strafare accompagnata da scarsa lucidità. Non a caso, con questo capitolo in un solo colpo si chiudono la seconda fase della vita del gruppo di Tampa e il lungo rapporto l’Earache.
08. ‘Illud Divinum Insanus’ (2011)
Se ‘IDI’ lo abbiamo salvato dal gradino più basso della classifica, l’impresa non può ripetersi nuovamente, così l’ottavo posto è il suo. Questo disco, che per quasi tutti è il peggiore della carriera dell’Angelo Morboso, paga eccessivamente le alte aspettative che lo hanno preceduto e un fraintendimento storico sulla vera indole del gruppo. Il primo fattore, quello delle attese, è più che comprensibile, per la prima volta dai tempi di ‘Domination’ si ricomponeva la coppia Azagthoth-Vincent, chiave di volta per le perniciose fantasie di ritorno al passato dei fan. A questo va aggiunto che il primo singolo, ‘Nervermore’, confermava questo sostanziale passo indietro nel tempo. In realtà, quel brano non era altro che uno specchietto per le allodole, almeno per quelle che non hanno capito che l’alchimia tra chitarrista e cantante è pericolosa e tende all’innovazione. I Morbid Angel della premiata accoppiata satanica sono meno conservatori di quelli di Tucker: pur senza tirare in ballo i remix griffati Laibach, c’è sempre stata una voglia di esplorare tutte le vie espressive del male. E si sa che la strada per l’Inferno è lastricata di buone intenzioni.
07. ‘Gateways to Annihilation’ (2000)
‘Gateways to Annihilation’ ferma la macchina creativa dei Morbid Angel, è un disco sospeso. Senza infamia e senza lode, ripropone quanto di buono fatto dal gruppo un paio di anni prima nel tomo con la “F”. Però se ‘FFF’ era accompagnato dalla giusta dose di curiosità, poi rivelatesi una sorta di sospiro di sollievo sullo stato di salute degli statunitensi dopo i divorzi dolorosi, ‘Gateways to Annihilation’ conferma una scarsa volontà di crescita, cosa che porterà alla palude creativa del successivo ‘Heretic’.
06. ‘Kingdoms Disdained’ (2017)
‘Kingdoms Disdained’ è paragonabile a ‘Formulas Fatal to the Flesh’, perché nasce in condizioni “ambientali” più o meno simili. La seconde nozze con Vincent sono andate peggio delle prime, così dopo un solo disco torna Tucker. Il risultato è nuovamente un sospiro di sollievo, i fan riabbracciano, se non i Morbid Angel più ispirati, almeno quelli più quadrati e pragmatici della seconda fase della lunga saga.
05. ‘Formulas Fatal to the Flesh’ (1998)
Il disco che risolleva gli animi depressi dei fan che avevano dovuto ingoiare il boccone amaro degli addii di Erik Rutan e, soprattutto, Dave Vincent. L’album non è quel capolavoro degno dei primi quattro dischi del gruppo, ma neanche la ciofeca che ci si può aspettare dopo il divorzio doloroso da uno dei simboli della band, oltre che mente creativa dei due capitoli precedenti. I Morbid Angel della seconda fase sono meno fantasiosi e più tetragoni, sufficientemente bravi a tenere alto il blasone ma non a rinverdirne il mito.
04. ‘Domination’ (1995)
‘Domination’ nasce in un periodo storico particolare, la band sino a quel momento era stata più che altro nell’occhio del ciclone per questioni legate al satanismo, però ‘ pian piano le attenzioni si erano spostate sulle presunte simpatie fasciste del gruppo. Voci alimentate dai testi, non proprio concilianti, di Vincent, ormai sempre più leader e guida artistica della creatura di Trey Azagthoth. L’opera, che segna l’ingresso dell’ex Ripping Corpse Erik Rutan, pur se considerata il “gemello meno dotato” di ‘Covenant’, ha retto bene alla prova del tempo.
03. ‘Blessed Are the Sick’ (1991)
Entriamo nella zona più calda della classifica, quella in cui probabilmente i gradini del podio possono essere intercambiabili a seconda dei gusti e dell’umore. ‘Blessed Are the Sick’ è il disco della conferma della grandezza dei Morbid Angel, dimostra che l’esordio non è stato un caso e che il gruppo ha ben chiara quale sia la strada da seguire. Una formazione che cambia leggermente il proprio stile, alzando un pochino il piede dall’acceleratore. Trey Azagthoth, Richard Brunelle, Pete Sandoval e David Vincent scrivono in modo definitivo e indelebile i loro nomi nel grande libro della storia del rock estremo.
02. ‘Covenant’ (1993)
La band è una fucina creativa, meno conservatrice di quello che possa apparire. Con Brunelle fuori, Trey fa un passo indietro: lo scettro finisce nelle mani del cantante che affila la propria penna e indica nuovi e meno convenzionali orizzonti espressivi. Dal punto di vista sonoro, la pozione purulenta cambia, diventa più pesante e soffocante, in alcuni casi si scivola nel doom. Anche se non accolto inizialmente benissimo da fan e critica, uniti nel biasimare il parziale cambio di stile, oggi ‘Covenant’ è considerato un capolavoro. Uno dei dischi più importanti dei Morbid Angel e del death metal tutto.
01. ‘Altars of Madness’ (1989)
Il Death Metal.
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