Invasion Of Skulls – Il teschio nella simbologia di una società che cambia
Il 18/01/2020, di Elena Vecchi.
In: Vision Of Madness.
Occupandomi di arte da circa 20 anni, amo l’oggetto teschio o per meglio dire il “Soggetto” teschio e ne conservo gelosamente un calco in gesso proveniente dal Kenya, acquistato parecchi anni fa da un importatore di oggetti etnici. Presenzia dignitosamente in casa come elemento di unione con l‘origine e la terra, in un rapporto di consapevolezza verso l’avanzare del tempo e la mutazione del mio corpo umano. Tutto sommato, con una certa pace, pensando ad una metamorfosi futura che mi restituirà al microcosmo, fantasticando sull’energia che, e se, rimarrà al mio posto. Ma la storia del teschio come immagine simbolica nell’arte occidentale e come icona pop post-industriale, ha subito varie mutazioni nella rappresentazione di contenuto e di senso. La sfera simbolica più frequente con cui il teschio compare nell’immaginario artistico è quella della Vanitas, sviluppata in particolar modo nel Medioevo e fiorente nel ‘600. Con Vanitas si definisce un genere pittorico dove oggetti di varia utilità, fiori, ceste di frutta ed ornamenti vengono accostati al cranio. La simbologia palese mette in luce l’antica morale della vanità terrena che si confronta con la caducità della vita e la tirannia inevitabile del tempo, che nulla risparmia con l’avvento della morte, il fatidico Memento Mori (“ricordati che devi morire” cit. Ecclesiaste ). Omnia vanitas, tutto è vanità (come canta Branduardi, che non per niente è cultore di musica medioevale).
La frase memento mori, veniva mormorata da un servo (incaricato appositamente) all’orecchio del guerriero vittorioso che sfilava nel paese facendo mostra di sé e del suo valoroso coraggio (oggi lo additeremmo “portasfiga” e saremmo pronti a mostrar corna e toccate di palle a tutto spiano). Si ricordava così ad ogni uomo che la vittoria, il possesso ed il successo sono effimeri e transitori in confronto alla Signora Morte. Tutto ciò che di materiale l’uomo conosce, permarrà alla sua morte e nessuno potrà evitarlo, la vanità non salva l’uomo dall’ineluttabile fine. Unica certezza è proprio la fine che si contrappone all’incertezza del vivere. Dobbiamo pensare che la pittura era senz’altro un buon veicolo per la divulgazione al popolo dei contenuti morali, in un periodo di buio esistenziale e paura come il Medioevo è stato. Da qui in poi, la presenza del teschio nelle opere di artisti di ogni tempo, ha subito lente, ma significative trasformazioni, legate alla storia ed agli usi socioculturali. Nella seconda metà dell’800 era usanza ritrarre i morti prima di essere sepolti, come se fossero ancora vivi, per sigillare nella memoria dei posteri il destino che li aspetta e per idealizzare la speranza di salvezza e di bellezza eterna. Se pensiamo al famoso ’Teschio con sigaretta’ dipinto da Van Gogh nel 1885 troviamo una variante alla simbologia classica.
Van Gogh affronta il tema della morte con maggior sarcasmo, quasi come a sfidare la fine. Probabilmente tale concezione fu conseguenza delle preoccupazioni per la propria sorte colpita duramente da problemi di salute. In questo dipinto il teschio è quasi dissociato dalla profonda simbologia classica, e direi senza dubbio che la visione di Van Gogh anticipa il percorso che sarà ed è tutt’ora, riferito al soggetto in questione. Il teschio ha attirato molti scultori, nella qualità di forma che appare già scultura. Contrariamente al manufatto artistico esso non è opera dell’uomo ma si definisce un Acheiropoieton, cioè un’immagine simile a quelle che in oriente venivano credute magiche, realizzate da mani sovrannaturali. Parecchi artisti hanno tratto ispirazione dai quadri rinascimentali, ricordiamo per esempio i ritratti di Mappletorn e Witkin che in modalità di autoscatto si ritraggono di fianco ad un teschio, e le citazioni sono infinite. La divulgazione del teschio in vari settori artistici toccò inevitabilmente anche l’ambito musicale, in particolar modo dagli anni ’78 fino al ’90 tra le sub culture hard rock, punk, dark, heavy metal e gothic, alimentata dall’utilizzo iconografico delle varie band. Tra i primi ad usare il teschio: Grateful Dead, Emerson Lake & Palmer, Black Sabbath, fino ai Metallica, Guns N’Roses, Motorhead e compagnia bella…
Il simbolo del teschio prende quindi altre direzioni, come manifesto di un’appartenenza di stile, nel contestare l’avanzare di una società omologata e perbenista, soggiogata dal fashion system, dalla falsa bontà e dalle vuote ideologie altruiste. Ma qualcosa si è mosso ancora…ed il nostro sacro teschio oggi pare una soubrette…In che misura, la moltiplicazione smisurata dei teschi negli ultimi anni, corrisponde ancora al significato che il soggetto in questione regge da secoli? Condivido la tesi di Alberto Zanchetta, che sostiene: “Un’epoca come la nostra che tende a rimuovere ad ogni costo la presenza della morte, è circondata da un’impressionante quantità di apparizioni del teschio, tanto nelle arti visive, quanto nell’immaginario popolare. La grande proliferazione di teschi non accentua, né moltiplica il valore simbolico della morte, ma al contrario lo vanifica”. Questa attuale metamorfosi di senso ha motivo d’esistere come conseguenza di una cultura fondata sull’apparenza e sull’abbondanza. Non sottovalutiamo che con l’avvento della tecnologia, l’arte e la vita quotidiana sono sempre più compenetrate. Laddove un tempo l’arte rimaneva argomentazione elitaria, le tecnologie mediatiche e l’informazione ne hanno limitato le distanze, da un lato favorendo l’avanzare della cultura e dall’altro facilitando un minestrone di saperi e gusto commerciale.
L’arte smarrisce quindi i suoi fini spirituali in un’epoca dove lo spirituale è messo profondamente in crisi, vincolandosi inevitabilmente a ciò che è commercio. Così accade che le grandi marche usino immagini di opere celebri e ne facciano leitmotiv per linee di moda e quant’altro. Stessa cosa per l’immagine del teschio, in mostra nelle vetrine degli stilisti più quotati su borsette, gioielli, scarpe e magliette tempestate di strass. Ma quando è partita questa mania del teschio e questo ribaltamento di senso? Grazie all’ibridazione tra arte, design e moda si verifica che alcuni tra gli artisti contemporanei utilizzino medesime strategie promozionali per raggiungere notorietà andandosi ad appoggiare sullo stereotipo dello star system, trasformandosi in celebrità mediatiche, sfruttando proprio quei canali commerciali tanto odiati dal mondo dell’arte nei tempi addietro. Il lancio del teschio nel fashion-style parte sicuramente dall’artista Damien Hirst che nel 2007 realizza il suo ‘For the love of god’, il celebre cranio intarsiato di diamanti.
Il teschio è motivo ricorrente nelle opere di Hirst, sicuramente per un fascino del macabro ma ancor di più per sottolineare i contenuti che l’artista porta in luce, trasformandone il simbolismo e sublimandone l’istintiva repulsione in attrazione. Il teschio si riscatta dal mondo delle tenebre per apparire prezioso in tutta la sua nuova luce. Hirst trasforma il simbolo della vanitas medioevale in vanità, esaltazione del lusso, ostentazione di abbondanza economica. L’opera è un calco in platino di un teschio umano risalente al periodo tra 1720 e 1810, con denti originali e rivestito interamente da 8.601 diamanti del valore stimato di 75 milioni di euro. Eclatante esempio di fusione tra la morte e l’estremo lusso, come a comunicarci che la morte stessa, nulla è, e nulla può di fronte allo sfarzo, inducendo alla smaniosa tentazione. L’artista pone l’accento sulle condizioni umane contemporanee dove l’apparenza equivale all’essere prima di tutto, il godimento gratuito delle pulsioni messo al centro dell’esistenza, dove le speranze di salvezza sono totalmente proiettate sulla cura della propria immagine. In una società che mercifica se stessa, l’arte non può fare diversamente. Dopo il successo avuto dall’opera di Hirst, Alexander Mc Queen (lo stilista della mondanità Hollywoodiana) realizza una serie di prodotti che hanno come soggetto principale il teschio. Mc Queen trasferisce il gusto proposto da Hirts nelle sue linee d’abbigliamento, dapprima sui foulard e poi sugli accessori destinati alle grandi star. Noto all’ambiente musicale annovera collaborazioni con David Bowie, Lady Gaga, Bjork.
In questa fusione di sacro e profano, tra alta cultura e commerce, l’immagine del teschio subisce un impoverimento dell’intensità evocativa e simbolica, trasformandosi in oggetto di vanità e lusso per essere una vera e propria icona fashion. Con la produzione industriale, i riferimenti culturali ed iconografici si sono persi completamente, e, nel consumo di massa, il teschio è ormai un logo, un ideogramma di gusto pop che tocca punte di sapore kitsh, sfruttato e ridicolizzato, perde il potere carismatico, atavico e profondo che da sempre lo ha caratterizzato. “Ai posteri l’ ardua la sentenza”.
Per approfondimenti : Alberto Zanchetta –Frenologia della “vanitas”. Il teschio nelle arti visive . Ed Johan&Levi, Il Male-esercizi di pittura crudele, catalogo della mostra Ed. Skira