La classifica non classifica del 2019 secondo la redazione di Metal Hammer Italia
Il 10/01/2020, di Redazione.
In: Hammer Chart.
Racchiudere tutta l’essenza di un intero anno dentro un pugno di caratteri, beh, non è proprio la cosa più semplice del mondo, diventa poi arduo se si devono coagulare in un unico blocco i gusti di ciascuno di noi writers, nel rappresentare il meglio del meglio dell’hard’n’heavy andato in onda nel corso del 2019.
Noi di Metal Hammer amiamo però andar sempre controcorrente, siamo una sorta di “bastian contrario” della “metal movida” giornalistica nazionale, ragion per cui quella che segue più che un’anonima e stringata lista dei più bravi dell’anno, è un campionario che mette più carne al fuoco, esaminando sia le uscite in sé, che lo stato di forma delle varie scene, senza tralasciare considerazioni anche future, nel limite del possibile. Quel che è certo, semplicemente “sgranando” la lista dei nomi chiamati in causa, è che, nel 2019, la qualità delle uscite discografiche è stata altissima, merito sia di nomi illustrissimi e altisonanti, sia di “outsider” di grande affidamento e dal futuro garantito.
Nell’heavy più classico hanno furoreggiato le atmosfere più caliginose, prossime in parte al doom metal che più classico non si può e a scatti repentini degni di gloria passata, è il caso di Candlemass (‘The Door To Doom’), Angel Witch (‘Angel Of Light’), Grand Magus (‘Wolf God’), con dati significativi raccolti anche dai mirabolanti Atlantean Kodex (‘The Course Of Empire’), probabilmente autori del capolavoro epico dell’anno. Ottimi risultati raccolti anche dagli storici Tygers of Pan Tang che con ‘Ritual’ firmano un album a dir poco fondamentale.
Tra le sorprese assolute, i Flying Colors di ‘Third Degree’, la superband statunitense capitanata da Neal Morse, estremamente lusinghiero anche il piazzamento di Arch/Matheos (‘Winter Ethereal’), tanto per ribadire che di un certo progressive metal d’autore non ne avremo mai abbastanza, uno stile che da noi sta prendendo sempre più piede, anche se, quest’anno, i grandi nomi hanno forse “bucato” le aspettative. A metà strada inseriamo quindi i fantastici Soen, ennesimo supergruppo stavolta svedese che, sull’onda di un ottimo album quale ‘Lotus’ e di un fortunato tour in Italia, hanno probabilmente indicato come si fa, a maneggiare determinate sonorità. Idem dicasi per i Cult Of Luna, il loro ‘A Dawn Of Fear’ è un sublime gioiellino oscuro da tramandare ai posteri. Un inchino reverenziale poi per i berlinesi Kadavar, il loro piazzamento nelle primissime posizioni attesta la bontà dell’ultimo ‘For The Dead Travel Fast’, quinto studio-album che affonda a piene mani nell’hard rock di derivazione psichedelica marcata Anni Settanta, tra le uscite del 2019 che più ci hanno colpito.
Sul fronte delle “sorprese”, ma neppure poi tanto però, l’exploit dei Mgła che con ‘Age Of Excuse’ strappano consensi su consensi classificandosi tra i gruppi estremi più in voga del momento. Si sa, la Polonia tira forte oggi, e buona parte del merito va alle superstar Behemoth che, di fatto, hanno trasmesso ottimi geni alle nuove generazioni di metallers polacchi. Proprio dall’estremo sono sicuramente arrivati alcuni tra gli album migliori, per originalità, inventiva e indomito furore, da fuoriclasse scuri come la pece tipo Mayhem (‘Daemon’) e Darkthrone (‘Old Star’), coppia primigenia senza la quale il black metal avrebbe forse tutt’altra valenza. Ma le nuove leve non se ne stanno con le mani in mano, se è vero che uno dei nomi più “chiacchierati” e attesissimi dai cultori del “nero metallo”, tal Kristian Espedal, in arte Gaahls Wyrd, si proclama subito vincente (e avvincente) con ‘GastiR – Ghosts Invited’, full length album di debutto che sposta, e di molto, equilibri già precari. In definitiva, dal sulfureo mondo dell’estremo tante le soddisfazioni raccolte, i punti a favore di una scena che, quest’anno in particolar modo, si è mostrata pulsante e fiera, anche se il più grande rammarico è segnato dall’addio dei leggendari Slayer, una band irripetibile, protagonista tra l’altro di un violentissimo ultimo live album (‘The Repentless Killogy’) che nel nostro staff ha raccattato buone votazioni. I grandi restano sempre grandi, nel bene e nel male. Così come grandi saranno i rientranti Mercyful Fate, l’aura maligna di King Diamond mantiene il suo sinistro fascino e fa sempre proseliti, per un ritorno in pompa magna tra i più attesi della stagione 2020.
Nel campo delle “contaminazioni” stilistiche (giusto definirle ancora così?), forse quattro i dischi che tra le nostre preferenze l’hanno fatta da padrone, mi riferisco a ‘We Are Not Your Kind’ (Slipknot), ‘The Nothing’ (Korn) e il recentissimo ‘Pyroclast’ dei Sunn O))), band che anche a queste latitudini stuzzica qualche ardore. ‘Fear Inoculum’ (Tool) è qui! Un disco capace di dividere come non mai fan e critici in opposte fazioni, a riprova che alla fine l’attesa del piacere è essa stessa il piacere.
A completare il quadro, la pattuglia dei gruppi italiani, quelli che furoreggiano anche e soprattutto a livello internazionale, ci riferiamo ai Lacuna Coil dell’ottimo ‘Black Anima’, ai Fleshgod Apocalypse di ‘Veleno’, ma sono specialmente i Vision Divine del magniloquente ‘When All The Heroes Are Dead’ che lasciano tracce pesanti, pesantissime, sui destini di una Writers Poll forse anomala, ma emblematica di quanto è avvenuto l’anno scorso, nell’ambito hard’n’heavy.
(Alex Ventriglia)