Metal Cinema (14) – Finché morte non ci separi
Il 31/10/2019, di Horror Über Alles.
In: Metal Cinema.
Dopo aver diretto a quattro mani l’accattivante segmento ‘10/31/98’ nel film antologico ‘V/H/S’ del 2012 e il non proprio esaltante found footage ‘La stirpe del male (Devil’s Due)’ nel 2014, Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett abbandonano- anche se non del tutto- l’armamentario serioso e spesso derivativo del filone demoniaco e tentano una nuova strada con ‘Finché morte non ci separi’ (pessimo come sempre il titolo italiano), horror comedy fresca e nerissima, che ha tutte le carte in regola per essere già elevata allo status di instant cult.
La giovane Grace sposa il suo ragazzo Alex, e per l’occasione conosce la sua ricca ed eccentrica famiglia nota per la fabbricazione di giochi da tavolo: la casata Le Domas. I Le Domas portano con sé antiche e macabre tradizioni e, durante la notte di nozze, Grace dovrà partecipare obbligatoriamente a un gioco mortale che durerà fino all’alba, in cui tutti i presenti dovranno cercare di uccidere la sposa.
Le Domas portano con sé antiche e macabre tradizioni e, durante la notte di nozze, Grace dovrà partecipare obbligatoriamente a un gioco mortale che durerà fino all’alba.
Il punto di forza maggiore della sceneggiatura di Guy Busick e Ryan Murphy sta nella capacita di fondere con grande intelligenza black humour e tensione genuina, permettendo così ai due registi di confezionare un film dal ritmo serratissimo il quale, grazie anche al rispetto assoluto delle tre unità aristoteliche (di tempo, luogo e azione), riesce nel compito non scontato di tenere lo spettatore incollato alla sedia per tutta la durata della pellicola, anche se con qualche leggero cedimento nel finale. I personaggi sono tutti ben caratterizzati da un cast adeguato e particolarmente brillante, in cui spicca però soprattutto la protagonista Samara Weaving, che riesce a trasmettere allo stesso tempo ansia, coraggio e ironia, donando alla sua sposa-eroina imbrattata di sangue (idea chiaramente ripresa da REC 3) un alone di iconica epicità (in tal senso è davvero indimenticabile la sequenza in cui indossa la cartucciera e imbraccia il fucile).
Il gore viene servito un po’ per volta in crescendo e, immediatamente dopo l’indovinata sorpresa finale, esplode letteralmente in un liberatorio tripudio di frattaglie ed emoglobina. Un plauso va anche alla fotografia calda e avvolgente, che enfatizza i toni marroni del legno e dell’ingegnosa scenografia. Inutile soffermarsi però sugli accenni di satira sociale sulla famiglia e il matrimonio, che restano confinati sullo sfondo e non dicono nulla di nuovo rispetto ad altre operazioni analoghe.
Il gore viene servito un po’ per volta in crescendo e, immediatamente dopo l’indovinata sorpresa finale, esplode letteralmente in un liberatorio tripudio di frattaglie ed emoglobina.
‘Finché morte non ci separi’ è in definitiva un puro e onesto film di genere che, grazie a diverse intuizioni per nulla banali di scrittura e regia, sfrutta e rielabora tutti i mezzi stilistici e i modelli a disposizione, riuscendo così a lasciare il segno in un ambito cinematografico spesso intasato da spaventi innocui e confezionati a tavolino; fossero così tutti gli horror, il mondo sarebbe un posto migliore.