Progspective (8) – Soen
Il 18/06/2019, di Federica Sarra.
In: ProgSpective.
Senza dubbio i Soen sono una di quelle band che possono fregiarsi a buon diritto del titolo di precursori di un sound che non solo ha riempito un enorme gap musicale lasciato dalla lunga latitanza discografica dei Tool ma che rappresenta un felice incontro di potenzialità espressive legate al progressive Metal e Rock, mai affidate al caso e mai banali.
La magia ha inizio. Il 28 Maggio 2010 viene annunciata la formazione che vede Martin Lopez (ex-Opeth) dietro le pelli, Steve Di Giorgio (ex-Death, Testament e Sadus) al basso, Joel Ekelöf alla voce e il chitarrista Kim Platbarzdis. Sebbene ‘Cognitive’ (2012 – Spinefarm Records) che la band definisce come ‘l’introverso’, venga etichettato come un album destinato per lo più ai fan dei Tool e nonostante sia un’opera prima dinamica e di forte impatto, proietta la band in una sorta di limbo. Ed è sul brano ‘Savia’, il primo video e secondo singolo estratto, che si concentrano le critiche. In seguito il pezzo diverrà uno dei più apprezzati e rivalutati. I Soen dividono critica e pubblico, fanno discutere, animano i forum sui social dove non mancano gli accostamenti anche a un’altra band, gli Opeth. “Tutto ciò è normale, quando esordisci con il tuo primo disco sia il pubblico che gli addetti ai lavori hanno la necessità di accomunarti ad altre band” ci spiega Joel Ekelöf. Martin Lopez ritiene che in un qualche modo sia stata anche una fortunata occasione per presentarsi al grande pubblico. A un orecchio più attento è chiaro fin da subito che le doti compositive e tecniche dei Soen godono di una qualità altissima, si legge chiaramente una sorta di personale filosofia che riguarda la natura umana che ha permeato tutti i successivi capitoli degli svedesi. Una notevole cura viene impiegata nella creazione di un immaginario visivo che i Soen ci consegnano sotto forma di artwork artistici e complessi come le loro composizioni.
“Quando esordisci con il tuo primo disco sia il pubblico che gli addetti ai lavori hanno la necessità di accomunarti ad altre band”.
Un coltello nel cuore. Tematiche e melodie, suggestioni sonore create con maestria saranno la componente che accompagnerà tutte le successive release dei Soen. A distanza di 2 anni dall’album d’esordio arriva l’atteso secondo lavoro ‘Tellurian’ (2014 – Spinefarm Records), ribattezzato da Martin ‘l’incompleto’. L’album è un banco di prova che confermerà o smentirà le potenzialità della band che nel frattempo ha subito cambi di line-up. Grazie a gemme preziose come ‘The Words’, ‘Kuraman’ e ‘Pluton’ , uno stile curato e alla voce di Joel, una delle più belle in circolazione, ‘Tellurian’ arriva dritto al cuore dei fan. Martin ha però una visione molto critica di questo album. Potendo tornare indietro rifarebbe scelte diverse sulla produzione, “Alcuni brani potevano risultare di maggior impatto” ci svela. Si tratta di dettagli prettamente legati alla loro personale percezione del disco in quanto musicisti, dettagli dei quali l’ascoltatore, almeno in questo, non è direttamente coinvolto.
Parole e significati . “Non è mai semplice dare un titolo al brano, ci siamo sempre focalizzati sulla vocalità della parola, su ciò che questa può evocare pronunciandola” Risponde così Martin alla mia domanda sul perché i titoli dei loro pezzi siano sempre così brevi, una o due parole al massimo. A oggi, possiamo affermare che sia divenuto a pieno titolo di uno dei tanti elementi che li caratterizzano. Joel desidera che questo sia uno stimolo per l’ascoltatore, interpretare la canzone in modo personale e sentirla più sua a seconda del mood del momento. “Nulla di ciò che facciamo è ‘ready-made’, ci devi mettere del tuo” aggiunge Joel.
Esempio lampante della potenza inarrestabile delle emozioni è il terzo lavoro in studio ‘Lykaia’ (2017 – UDR) che i Soen definiscono come ‘il profondo’. Atmosfere languide, a tratti torbide, sono lo scenario dipinto da ‘Lykaia’. Brani come ‘Lucidity’, ‘Vitriol’, ‘Opal’, divengono i più richiesti dai fan durante i live.
“Nulla di ciò che facciamo è ‘ready-made’, ci devi mettere del tuo”.
Disegnare l’evoluzione. “Non abbiamo mai avuto un piano artistico da seguire necessariamente, nessun obbligo, nessun compromesso, nessuna pressione, l’elemento essenziale della nostra musica è sempre stato creare emozioni” ci dice Martin Lopez. “Abbiamo cercato di evolverci migliorando la qualità della produzione, dei testi, dei brani, facendo in modo che tutto ‘suonasse’ e funzionasse meglio. Come musicisti e fruitori, l’intento è sempre stato quello di rendere i brani fluidi aggiungendo soluzioni intelligenti”. E qualcosa è effettivamente accaduto con ‘Lotus’ (2019 – Silver Lining Music) scelto dalla band come ‘il completo’, il lavoro del quale si ritengono più soddisfatti fino a oggi. “Penso che con questo album la gente abbia smesso di paragonarci ad altre band, ora possiamo dire di avere un sound che è nostro, una sorta di ‘Soen Sound'” ammette Joel Ekelöf. Con l’ultima fatica in studio gli svedesi sembrano aver conquistato una grossa fetta di audience, riuscendo nell’impresa di far cambiare idea a quanti si erano dimostrati critici nei confronti della band. Martin Lopez ci spiega che ‘l’effetto Lotus’ ha avuto un impatto anche sui live show, ormai quasi sempre sold out. “In questo momento per noi l’evoluzione è scrivere album che siano sempre migliori dei precedenti senza essere ossessionati da scadenze” dice Martin. Quando chiedo loro di spiegarmi l’evoluzione del prog. di oggi sono tutti d’accordo nell’affermare che “Non esistono confini”.