André Matos – Il ricordo di Olaf Thorsen

Il 09/06/2019, di .

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André Matos – Il ricordo di Olaf Thorsen

La notizia di ieri, 8 giugno, della morte dell’ex cantante degli Angra si è abbattuta come un fulmine a ciel sereno sul mondo della musica. André Matos, che aveva solo 47 anni, ha segnato un periodo della storia del metal e alcuni dei pezzi da lui cantati resteranno per sempre impressi nella storia del genere. Olaf Thorsen, chitarrista di Labyrinth e Vision Divine, scrive per noi qualche riga commossa per ricordare il grande vocalist brasiliano.

Mentre me ne stavo rientrando a casa, al termine di una giornata di magnifico sole, fatta di cielo azzurro e una temperatura che ormai ammicca sempre più alla prossima estate, mi ritrovo sullo schermo del cellulare una notizia che non mi sarei mai aspettato di leggere: è morto Andre Matos.
“Impossibile”, penso, e istintivamente corro subito a cercare una smentita, l’annuncio dell’ennesima fake news di cattivo gusto. Purtroppo, come abbiamo avuto modo di constatare tutti, la notizia è verissima, confermata anche dai suoi amici più vicini.
Il mio buon amico Alex Ventriglia, poco dopo, mi chiede l’ingrato compito di scrivere qualcosa su di lui: un epitaffio, un commento, non so…
La notizia mi ha toccato moltissimo, non solo perché lo conoscevo personalmente, ma anche perché io e lui siamo nati nello stesso mese e anno, a distanza di nemmeno un paio di settimane.

“Io e lui siamo nati nello stesso mese e anno, a distanza di nemmeno un paio di settimane”.

Ho conosciuto Andre tantissimi anni fa, stella nascente e voce di una band altrettanto stellare, che stava sfornando un capolavoro dopo l’altro: ‘Angels Cry’, ‘Holy Land’, ‘Fireworks’. Ci incontravamo spesso, nei vari festival, con le nostre rispettive band, e in seguito abbiamo avuto modo anche di incontrarci al di fuori dell’ambito prettamente musicale, durante le mie permanenze in Sudamerica, e credo che chiunque abbia avuto la fortuna di incrociarlo, anche in privato, non potrà che essere d’accordo con me: ogni volta che lo incontravi, lui ti accoglieva con un sorriso. Sempre.
Andrè era cosi: un ragazzo solare, con un grande talento ed una grandissima passione per la musica, una passione che l’ha portato ad essere conosciuto ovunque e che l’ha reso un po’ amico di tantissime persone, sparse per il mondo, ma unite dalla passione per questo tipo di musica.
Se ne va l’ennesimo artista, e – come spesso accade – la dipartita di un “eroe” ci lascia sgomenti, come se per un attimo si squarciasse quel velo di inedia che ci trasciniamo inconsapevolmente appresso e che ci fa sempre accantonare pensieri di questo tipo, a tutto vantaggio di una quieta esistenza.
Andrè, però, non era un ultra-settantenne provato da decadi di abusi, non era una persona con chissà quali problemi (faccio una premessa: non conosco, al momento, le cause della sua morte e sinceramente non sono neppure così morbosamente interessato a conoscerle: qualunque siano le cause di questa tragedia, l’immagine e l’opinione che mi sono fatto di lui in questi oltre 20 anni non potrebbe essere modificata di una virgola), era un ragazzo-uomo, nel mezzo dei sui 40 anni, con ancora molto da dire, da dare, e anche da ricevere ( perché diciamocelo: in fondo, in questi ultimi tempi, di lui molti se ne stavano progressivamente dimenticando, salvo ovviamente riporlo immediatamente sul piedistallo, ogni qualvolta si debba intavolare una discussione di capolavori di fine anni ’90-primi 2000).
André era uno di noi, uno di quei musicisti dell’ultima generazione, che – al contrario delle rockstar hollywoodiane delle decadi precedenti – potevi incontrare al bar nel post-concerto, oppure nel pit a guardarsi qualche altra band che si stava esibendo, prima o dopo di lui.
Lui apparteneva, e apparterrà per sempre, a quella generazione di “eroi mortali”, che non vivevano isolati sul loro monte Olimpo, ma che semplicemente facevano parte del nostro stesso gruppo di appassionati.
André l’avresti potuto incontrare a un concerto, e l’avresti potuto invitare a salire per cantare una cover o a fare una jammata (ci sono decine di video di questo tipo, che danno una precisa idea di che tipo di persona fosse).

“La dipartita di un “eroe” ci lascia sgomenti, come se per un attimo si squarciasse quel velo di inedia che ci trasciniamo inconsapevolmente appresso e che ci fa sempre accantonare pensieri di questo tipo, a tutto vantaggio di una quieta esistenza”.

In questo, purtroppo, lui è – per motivi anagrafici e di background – uno dei primi a salutarci.
Se in fondo siamo mentalmente preparati a vedere quegli idoli degli anni ’60,’70,80 avviarsi lentamente e progressivamente verso il ponte dell’arcobaleno ( che Dio ce li preservi tutti e che li faccia continuare a mettere a ferro e fuoco i palchi per altri 100 anni, ci mancherebbe!), sinceramente io non ero affatto pronto a salutare una persona, un musicista, un personaggio come lui. Nessuno dovrebbe esserlo.
Eppure, una volta di più, apprendiamo l’ennesima lezione: la vita uccide.
Siamo qua di passaggio, tutti, e possiamo solo cercare di investire il tempo che ci è dato, per costruire qualcosa, per sentirci un giorno pronti al grande salto, o comunque – ognuno a modo suo – per arrivare al fatidico giorno sperando di non avere ( troppi) rimpianti.
E allora, fatemi chiudere queste righe tristi con un enorme GRAZIE.
Grazie André, per tutto quello che ci hai dato in questi anni, che – si, lasciatemi essere anche pomposo e un po’ scontato, vi prego – rimarrà per sempre. Grazie per averci dato la possibilità di ascoltare la tua musica e di conoscere una persona cosi positiva, quale tu eri.
Grazie a te, questa musica che tutti noi amiamo è cresciuta ed è tornata alla ribalta, dopo un periodo in cui non se la passava affatto bene.
Oggi siamo ancora qua, chi sui palchi, chi sotto a scapocciare, chi al computer a scrivere articoli.
Insomma, siamo tutti qua A VIVERE, fino a che ce ne verrà data occasione.
E quanto a VIVERE, caro André, mi consola sapere che hai vissuto una vita intensa e piena, fatta di mille avventure.
Arrivederci.

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie

(Ungaretti)

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