Mötley Crüe – ‘The Dirt’, capolavoro o occasione mancata?
Il 26/03/2019, di Fabio Magliano.
In: Metal Cinema.
Ricordo ancora lo shock provato il giorno in cui la “bomba” ‘The Dirt’ deflagrò nella mia vita. Fu un solo stralcio del libro, inviatomi da un caro amico entrato in possesso della prima edizione americana, nel quale veniva descritto l’incontro tra i futuri Mötley Crüe e Mick Mars, eppure bastò quello per scatenare un autentico terremoto, che mi portò a leggere più volte quella biografia, quasi ipnotizzato da quei racconti, shockanti al punto da apparire irreali ma confermati in toto da chi, quella scena, la visse in prima persona da Tracii Guns a Blackie Lawless, da Lita Ford a Dokken e ai quali, in sede di intervista, venne posta l’immancabile domanda: “Ma è accaduto realmente?”. Facile capire quindi l’entusiasmo alla notizia della realizzazione di un biopic basato su una delle biografie più controverse della storia del rock, l’attesa ma, soprattutto, l’aspettativa verso un lavoro promosso da un gruppo che ha da sempre fatto del “no compromise” la propria legge.
Ecco, forse è per questo che, dopo un paio di visioni dell’atteso ‘The Dirt’, la sensazione, almeno per il sottoscritto, è quella di un’occasione persa, soprattutto considerando la bomba che il regista Jeff Tremaine (Jackass) aveva tra le mani a livello di qualità del materiale. Un po’ come se Peter Jackson avesse partorito “Attila Flagello di Dio” partendo dal “Signore Degli Anelli”. Ok, un ‘The Dirt’ realizzato ad arte sarebbe venuto fuori come un mix tra ‘Trainspotting’ e ‘Rocco Goes To Hollywood’ con ‘Live Wire’ in sottofondo, ma da quello al film che stiamo vedendo tutti in questi giorni ce ne passa… e non tragga in inganno la paraculata del VM18 stampato da Netflix né la squirtata in apertura posta ad hoc per creare chissà quale aspettativa. ‘The Dirt’ è un filmetto divertente, che farà sospirare più di un nostalgico e, chissà, magari farà avvicinare al mondo dei Mötley Crüe qualche nuovo fan dell’ultima ora, ma che raramente si avvicina per intensità, durezza e scabrosità a quanto contenuto tra le pagine del libro. E non mi riferisco agli errori spazio/temporali, a volte fisiologici nella stesura del racconto, quanto al contenuto stesso del film. Su tutti, tagli troppo “pesanti”, come tutta la querelle tra Tommy Lee e Pamela Anderson, tra filmetti hot, risse e passaggi nelle patrie galere, l’amore per alcool, armi e tutto ciò che ne consegue di Mick Mars, la dipartita della sorella disabile di Nikki Sixx, uno dei momenti più intensi del libro, gli anni delle cantine, della fame nei tuguri e degli alberi di Natale addobbati con siringhe e preservativi, il rapporto controverso dei Mötley Crüe con il Giappone, ma in generale il tratteggio della personalità dei protagonisti appare un po’ forzato e poco efficace. Passi la scarsa somiglianza dei “nostri” e la mancanza del phisique du role (bruttini di partenza rispetto agli originali, inquietanti con i parrucconi che finiscono per danneggiare anche un Vince Neil caratterialmente tra i personaggi più riusciti), ma alcuni tratti salienti delle loro personalità, che li hanno portati a essere ciò che sono, nel film vengono completamente tralasciati. La carica sessuale di Tommy Lee con il suo interminabile orgasmo, ma anche una predisposizione alle sostanze seconda solo a quella di Nikki, un Sixx che, nonostante abbia fatto incetta di donne (Lita Ford, Vanity, Donna D’Errico) qui pare quasi asessuato…persino il carisma di Mick Mars esce sbiadito nonostante venga definito “l’alieno” per tutto il film. E poi gli album, che quasi scompaiono nella narrazione, la loro realizzazione (e dire che aneddoti piccanti a riguardo non mancano nel libro, come l’orgia nella Jacuzzi di Roy Thomas Baker durante l’incisione di “Shout At The Devil”) e la loro importanza nello scandire al storia di una band (nel film si passa da “Too Fast For Love” a “Shout At The Devil” in un nano secondo, e ancor più velocemente da “Theater Of Pain” a “Girls, Girls, Girls”).
‘The Dirt’ non può competere (e forse non è neppure sua intenzione farlo) con l’incensatissimo ‘Bohemian Rhapsody’ ma, almeno per chi scrive, va a collocarsi uno scalino sotto movie dello stesso filone, dal meraviglioso ‘Almost Famous’ a commedie divertenti come ‘Still Crazy’ o ‘Rock Star’, forse perché un po’ troppo “piatto”, forse perché trasportare sullo schermo quanto contenuto nel libro andava realmente troppo “oltre” o semplicemente perché, come detto dal buon Steve Giorgianni, ci troviamo davanti al classico caso di film in cui “…era meglio il libro” (pubblicato in lingua italiana da Tsunami Edizioni, trad. Stefania Renzetti).
Per fortuna rimangono i Mötley Crüe, quelli veri, e soprattutto la loro musica, rispolverata con piacere durante la visione di questo film, capace di rievocare ricordi di un tempo passato ma mai dimenticato, unico, irripetibile, dove il divertimento era realmente spinto all’ennesima potenza e il rock’n’roll veniva espresso in tutta la sua essenza più pura.