Metal Cinema (5) – Dunkirk
Il 14/09/2017, di Marco Giono.
In: Metal Cinema.
Non solo è uno tra i film più attesi dell’anno, ‘Dunkirk’ di Christopher Nolan è un’opera delle più estreme girate dal regista britannico. Così, noi di Metal Hammer Italia, non abbiamo potuto esimerci dal raccontare l’evento nei migliori dei modi, prenotando un posto presso la Sala Energia del cinema Arcadia di Melzo, l’unico in Italia in grado di proiettare il film nel suo formato originale, quei 70 mm che offrono una maggior definizione delle scene ed un campo visivo allargato (in realtà il film è stato girato sia in 65 mm che in IMAX). La sala poi si rivelerà quanto di meglio si possa immaginare anche per immergersi nei suoni che sono uno dei veri protagonisti di ‘Dunkirk’. Non ci resta quindi che raccontarvi com’è andata…
Una settimana, un’ora, un giorno. I sette giorni corrispondono alla battaglia di Dunkerque che si svolse tra il 26 maggio e il 3 giugno 1940. Sono ventiquattro, invece, le ore impiegate da padre (Mark Rylance) e figlio per attraversare la Manica con le barche in modo da raccogliere e portare in salvo i soldati francesi e inglesi. Sono sessanta i minuti di duelli in cielo, in cui il pilota Tom Hardy, deve mettere fuori combattimento i caccia tedeschi. La battaglia di Dunkerque viene così raccontata da Christopher Nolan in una tripartizione narrativa imperniata da una costante suspense di stampo classico, qualcosa che ricorda da vicino il maestro Hitchcock.
La suspense, difatti, si infiltra in ogni scena, come l’acqua, il grande nemico dei soldati a Dunkerque. Non solo proviamo angoscia nell’assistere alle azioni di combattimento, di combattimento o di evasione, ma non ci sentiamo mai al sicuro, grazie a una minaccia che è persistente e soprattutto invisibile. Il nemico esiste solo come entità sonora, nei colpi mitra o nel rombo di un motore di un aereo. Lo spettatore, quindi, rivive quelle ore drammatiche in totale immersione grazie alla scelta di Nolan di escludere dal nostro campo visivo i tedeschi (a parte in un paio di scene), scelta che rafforza così la sensazione del pubblico di essere braccati da una presenza invisibile, ma immanente. Una sensazione poi acuita dalla colonna sonora composta da Hans Zimmer con suoni dilatati e deformati. Pochi i dialoghi. Esili le parole scandite a fatica dai volti trasfigurati dei soldati. Solo sguardi, poco empatici. La guerra distrugge ogni possibilità di vita.
‘Dunkirk’ non è però solo realismo esasperato ottenuto con una messa in scena maniacale, ma anche deviazione verso una dimensione sospesa, come se l’autore ci volesse dire che il suo film è pur sempre una rappresentazione di qualcosa accaduto in tempi remoti e per quanto accurato sia è sempre qualcosa di artefatto, quasi appartenesse alla dimensione onirica (un altro dei mondi di ‘Inception’?). Così assistiamo a una scena che devia dal resto. Si trova verso la fine. Un soldato sul molo si risveglia da solo. Sono tutti spariti. Lui è rimasto indietro. Il comandante lo invita a seguirlo, ma lo ignora andandosene. Un’anomalia, un elemento di discontinuità che insinua dubbi e rende il film meno quadrato, ponendolo in una dimensione surreale. Dove gli elmetti si moltiplicano (come le lampadine di ‘The Prestige’), mentre il destino soffia, per una volta, incerto. Paradossi possibili solo in tempi estremi.
È un capolavoro? Forse no, infatti, non tutto funziona in ‘Dunkirk’. Ho cercato da subito di mettere da parte le rimostranze piovute da una parte della critica italiana (Francesco Alò e Goffredo Fofi) e da quella francese in merito al trattamento ricevuto dalle truppe francese, ma la sensazione è che effettivamente, in almeno un paio di occasioni, Nolan sia stato iniquo con i francesi, la cui presenza è appunto limitata a un paio di scene in cui non fanno una gran bella figura (il soldato francese che indossa abiti inglesi per trovare salvezza prima dei suoi compagni dall’assedio e le truppe francesi infastidite nel dover salvare un soldato inglese in fuga). Due elementi che stonano in un film costruito su un impianto concettuale davvero potente e distruttivo nei confronti della guerra stessa (posizione che in fondo rimanda a quella di Stanely Kubrick in ‘Orizzonti di Gloria’ o in ‘Full Metal Jacket’). Al netto di eventuali semplificazioni e scelte commerciali. ‘Dunkirk’ è una sinfonia, la più estrema scritta da Nolan, diretta in maniera chirurgica che riesce non solo a raccontare in modo vivido un evento del passato, ma ci scaraventa con profonda angoscia in un terribile evento senza mai mollare la presa.