ProgSpective (4) – The Dear Hunter
Il 17/01/2017, di Andrea Schwarz.
In: ProgSpective.
Prog metal, retro prog, neo-prog, prog rock. Modi diversi di pensare e categorizzare semplicemente musica. Un genere ed un sottobosco dove le diramazioni e contaminazioni stilistiche sono molteplici grazie alle quali capita a volte di scoprire bands dalla discografia folta e di grande qualità, gemme che si scoprono solo grazie alla voglia di scoprire ed andare a fondo di una scena immensa. Prog non presuppone per forza di cose l’ascolto (obbligato) dei grandi classici di bands come Genesis, King Crimson, Pink Floyd, PFM ed affini ma l’accostarsi con molto stupore e quella “ingenuità” e curiosità tipica de bimbi piccoli ad uno dei più talentuosi gruppi degli ultimi anni: The Dear Hunter. L’occasione per parlare di questo quintetto a stelle e strisce ci viene grazie alla pubblicazione del loro ultimo album intitolato “Act V: Hymns with The Devil in Confessional”. Disco e carriera che nel mondo anglosassone definirebbero semplicemente come piece of art. Ma facciamo un passo indietro andando a capire meglio chi sono i The Dear Hunter. La band nasce nel lontano 2005 dalla mente del musicista e scrittore Casey Crescenzo dopo aver lasciato i The Receiving End of Sirens, dediti ad un post harcore/experimental rock con i quali il nostro Casey incide un solo album (“Between the Hear and Synapse”) e dopo la cui pubblicazione ed un anno di continuo tour decise di lasciare andando a fondare di lì a poco i The Dear Hunter. È il classico inizio di qualsiasi bands su questo pianeta ma le cose per Casey Crescenzo non trovano riscontri nei cliche con i quali siamo abituati a confrontarci. Momento alquanto delicato per l’artista americano in preda alla voglia di continuare a dedicarsi alla musica ma senza un obiettivo ben preciso “Tutto è cominciato con la produzione casalinga di alcuni demo che contenevano delle idee, la fortuna che ebbi in quel periodo fu che non avevo nessuna deadline da rispettare, potevo tranquillamente sviluppare quanto era contenuto in quelle demo in ogni maniera e misura che ritenessi possibile. Un’altra mia fortuna fu quella di poter trovare il mio agente dell’epoca interessato a questo materiale e così cominciai l’avventura come The Dear Hunter, tutto quasi come una one-man band e niente più. Ma poi l’appetito venne mangiando e dovetti cercare dei validi elementi e musicisti che potessero credere in questo progetto. C’è voluto un pò di tempo ma finalmente penso di aver trovato quelli giusti, quelli che credono come me fortemente alla band”. Probabilmente quando si pensa a questo sestetto, Casey Crescenzo è e rimane sempre il vero mastermind ma disco dopo disco grazie anche ad una sempre maggiore esperienza anche gli altri membri hanno potuto contribuire alla realizzazione di questo “Act V: Hymns With The Devil in Confessional”, sempre secondo Mr Crescenzo: “Non voglio suonare caritatevole nel senso letterale del termine ma cerco di trovare tutte le occasioni possibili per esprimere gratitudine al resto della band per tutto il lavoro che fanno, non vorrei che questo passasse in secondo piano o che, peggio, non venga notato all’esterno. Cerco in tutte le maniere possibili di distrarre tutta l’attenzione che mi viene rivolta anche verso gli altri ragazzi, sono fondamentali. Ci sono stati anni nei quali la line up non era ben definita, era tutto un pò molto casuale ma oggigiorno posso con orgoglio dire che questa è la migliore line up che The Dear Hunter abbiano potuto avere e quanto produciamo riflette in maniera fedele quello che tutti noi siamo riusciti e riusciamo quotidianamente a contribuire come individui e musicisti alla musica della band. Certo, sono consapevole che il pubblico identifichi la mia persona con la band ma non voglio assolutamente che il lavoro di squadra della band venga sottovalutato, i dischi prodotti fino ad oggi non sarebbero tali senza il loro apporto.” Ormai la band ha rilasciato alcuni dischi cosiddetti classici, senza necessariamente essere “catalogati” come concept album (vedi “Migrant” del 2013) ma è nella produzione di Act ormai giunto al suo quinto capitolo che il gruppo ha concentrato i propri sforzi, forse proprio l’ultimo atto è quello più completo della saga e che probabilmente chiuderà il cosiddetto “ciclo rock” della saga arrivando solamente ad un solo anno di distanza dal precedente quarto capitolo (“Rebirth In Reprise”). Riavvolgendo il nastro di questi cinque episodi effettivamente quest’ultimo è quello più completo spaziando in mille stili e emozioni diverse come abbiamo già avuto modo di descrivere nella recensione di qualche settimana fa proprio su queste pagine. Proprio questa diversità di suoni ed il grande catalogo a loro disposizione impegna il sestetto quando si trova a dover stilare la scaletta dei loro live shows: “Nell’ultimo capitolo della saga abbiamo avuto la possibilità di includere parecchie orchestrazioni ed è stato veramente bello poter registrare queste parti. Pensa che abbiamo anche una canzone disco, che nel contesto dell’album ha un suo preciso significato, è organica alla storia che stiamo raccontando ma se la suonassimo live la gente si chiederebbe se abbiamo cambiato completamente stile musicale. Puoi trovare canzoni simili a “A Night On The Towns” o “Waves And Wait” oppure brani più tendenti al fok ma non come “Black Sandy Beaches” o “Go Get Your Gun” da Act III. Quindi con uno stile così eclettico ed un catalogo di oltre cento canzoni è veramente dura poter estrapolare le canzoni giuste da eseguire sera dopo sera, sempre che non ci si metta a suonare per sette ore di seguito ehe ehe!” Molti sono i fans che oltre ad appassionarsi alla musica che Mr Crescenzo è riuscito fino ad oggi a produrre, tantissimi sono anche coloro che si sono appassionati alla storia che si cela dietro Act: “Act IV ed Act V sono collegati direttamente tra di loro, in maniera maggiore rispetto a quanto non lo siano gli altri tre episodi precedenti. Nel IV e V capitolo si narrano le vicende di ascesa e tragica caduta del personaggio principale. Nel Act IV viene descritto The Boy nelle sue ambizioni, sotto le mentite spoglie di un eroe che trova successo nel pubblico servizio con la grande ambizione di distruggere chi considera come suo nemico. Alla fine di questo capitolo però queste sue intenzioni sono oscurate dalla realtà con la sola scelta di giocarsi la carta della politica con la persona che sperava di poter distruggere. Nel Act V si nota invece la frattura della sua vita sia a livello emozionale che fisica come il risultato di un dualismo insito nella sua natura: l’uomo che realmente si sente di essere è contro l’uomo che scopre essere quello che non ha scelto di essere. Mr Usher è un personaggio che riuscirà alla fine a far capire questa particolarità a The Boy.” Quello che rende speciale questa band rispetto a tantissime altre è il rapporto strettissimo e molto passionale con la loro fan base, un rapporto che in un mondo musicale (e non solo) estremamente frammentato e molto “fast food oriented” non è così facile da riscontrare: “Il pubblico per noi è la cosa più importante, la gente che ascolta la nostra musica e supporta la band è la molla che mi fa uscire dal mio studio una volta finito il lavoro di scrittura. Senza di loro non avrei nessun motivo di trasferire le canzoni dal mio hard drive su disco, ehe ehe! Fans sono fatti di persone, molte delle quali probabilmente saranno anche maggiormente talentuose rispetto al sottoscritto che riescono con grande passione a ritagliarsi del tempo per ascoltare la nostra musica e supportarci. Tutto ciò che ho nella mia vita derivante dalla musica è un risultato che spetta principalmente alla fan base dei The Dear Hunter.” The Dear Hunter e Casey Crescenzo non sono una band comune, sono un gruppo che vive in maniera totale il loro essere musicisti ed artisti, prova ne è l’estrema prolificità della loro produzione musicale senza dimenticarsi di essere persone prima di tutto: “Questa è la prima volta nella mia vita che mi sento completamente a mio agio quando sono a casa. Tutto ciò presuppone un pò di struggimento quando penso a potenziali tour, adesso la decisione di accettare tali proposte si mescola con il lasciare un posto dove in qualche modi ci si sente al sicuro, amati e felici per poter invece “entrare” in un mondo che ancora non mi si addice. Questo non vuol dire che sentimenti quali amore, sicurezza e felicità non facciano parte dell’avventura chiamata tour, è ciò che aiuta a provare gli stessi sentimenti anche a casa.”