Speciale: Darkthrone – Track-by-track di ‘Arctic Thunder’
Il 06/10/2016, di Redazione.
In: Speciali Monografici.
di Francesco Ceccamea e Mara Cappelletto Ceccamea
I gemelli del roar Fenriz e Nocturno Culto proseguono le esplorazioni metal in una ideale regressione spinta verso l’infanzia vinilica NWOBHM che non hanno mai vissuto. C’è un po’ di black, doom e punk ma quello che risulta in generale da ‘Arctic Thunder’ è il menefreghismo generale verso qualsiasi standard critico. Chi la dura la vince e qualcosa ci dice che, piacciano o meno, i Darkthrone saranno sempre ciò che vogliono essere loro. Il mondo deve adattarsi o morire.
‘Thundra Leach’: Super riffone Sabbathiano in apertura (o erano i Candlemass?). Nocturno Culto irrompe con una voce simile a un Lemmy scomodato dalla tomba. L’avvio doom si sbriciola in ritmi più da scapoccio thrash tedesco dei bei tempi dell’ispettore Derrick, quando i Destruction erano pischelli e il tesoretto nazista dell’attore Horst Tappert era al sicuro nel più profondo dei suoi cassetti. Il brano ha una seconda parte di headbanging basale da consumarsi sotto le coltri di un giacchetto jeans smanicato all’insegna dell’affratellante sudorazione fungoidale. Un pezzo di poetizzante semplicità. Pare che non dica nulla di ché ma è lì che si cela il vero assalonne artistico dei Darkthrone.
‘Burial Bliss’: Black and roll della peggior risma, possibilmente innaffiato di nichilistico rum & cola. L’incedere è un po’ sfiatato ma nell’insieme il brano ha la classica attitudine underground perchéssì tanto amata dai Darkthroniani puri. Da gustarsi con il volto contratto in una smorfia a metà tra il disgusto biliare e un severo mal di denti che è giusto così. La musica più pura richiede un tributo di sofferenza personale, per quanto solo mimico.
‘Boreal Fiends’: Ritmi di nuovo rallentati in un brano più atmosferico e vicino alle visioni psichedeliche dei Black Sabbath in fase calante (nel senso dell’effetto da coca). Nocturno Culto qui raggiunge toni di grassezza tonsillare degni di Tom Angelripper in ideale armonizzazione con King Diamond di fine giornata. Il doom conclusivo, inaugurato da un coro in clean, sprofonda il brano in una melma sulfurea da cimitero demoniaco, prima che il brano venga scacciato a calci in culo dal caprone custode in un up-tempo alla Cathedral.
‘Inbred Vermin’: titolo magnifico. La canzone in sé richiama ancora agli anni vinilici d’oltretomba ma risulta un tantino vacua ed è come se itinerasse senza meta appresso a riff e soluzioni ritmiche piuttosto sciatte e conducenti giusto nei più intollerabili viali urinali della metropoli metal inglese. Il finale caracolla tutto in una specie di incidente stradale doom, dove arpeggi black arrancano su un tessuto di rullate e uno zoppicante Fenriz che pantomima impunemente il suo dio Bill Ward.
‘Arctic Thunder’: Quattro quarti e pedalare anche se questo brano vicino ai vecchi Mercyful Fate rappresenta forse l’apice dell’album. Ottimo lavoro di raucedine e fiele di Nocturno Culto. C’è tempo anche per rimaneggiare un po’ di Iron Maiden ma nulla che annacqui questo puré di pece fatto con due riff in croce rovescia e tanta voglia di vincere la guerra giusto con quelli.
‘Throw Me Through The Marshes’: ancora un pezzo possente e inacidito da servire sul piatto di Tony Iommi in un turbine di mosconi olezzanti. Accelerazione centrale più liricheggiante e agguerrita, con plettratona alternata in stile cavalleria che arranca sull’arrivano i nostri e chiusa doom copia-incollata dall’incipit. Forse il momento più debole del disco.
‘Deep Lake Trespass’: siamo dalle parti degli Enslaved di ‘Ruun’, ma non fatelo sapere ai Darkthrone. Dite piuttosto che ricordano i primi Venom in scampagnata con i Lucifers Friend. Un buon pezzo evocativo con un bel marcettone punk a pungolargli le coste.
‘The Wyoming Distance’: l’incipit peggio suonato dei Darkthrone in stagione minimalista e un seguito abbastanza allucinato e spento. Nonostante le chitarre grugniscano in mute e Nocturno gorgogli invettive sulla tundra di serie B del Wyoming (o forse parla di altro, difficile capirlo). Coda di cazzeggio canterino di Fenriz, magari felice di poter staccare, tornarsene in tenda-thundra, firmare un decreto comunale sulla fauna selvatica e ascoltare al mangianastri il nuovo demo dei Mephisto Watts.