The Library (7) – Shocking Metal – La Storia Del Giornalismo Metallaro In Italia
Il 02/06/2016, di Fabio Magliano.
In: The Library.
Francesco Ceccamea è un pazzo. O forse semplicemente un incosciente. Nel 2008 è balzato agli onori della cronaca per aver pubblicato un romanzo, ‘Silenzi Vietati’, nei quali metteva in piazza con tanto di nomi e cognomi i fatti intimi dei suoi compaesani. Un romanzo che gli valse articoli sui giornali, passaggi televisivi e radiofonici, riconoscimenti in importanti premi letterari ma anche l’ira feroce dei suoi concittadini. Si è quindi lanciato nel mondo del web con Sdangher, un blog dissacratorio dove teorizza a ruota libera di cavalli, metal e pornografia. Il tutto caratterizzato da uno stile ironico, tagliente e sottilmente cinico, che lo rende uno delle penne più interessanti e geniali tra le “nuove leve”. Ecco quindi che l’idea di un libro da lui scritto sulla storia del giornalismo metal in Italia mi è parsa subito decisamente interessante, per l’argomento trattato e per lo stile di chi andava a trattare questo tema. Peccato che il libro mostri presto la corda, facendo affiorare abbastanza velocemente una fastidiosa sensazione di “voglio ma non posso”. Chiamato a fare da “collante” tra gli interventi di penne più o meno note nel panorama giornalistico tricolore, Ceccamea finisce presto per deragliare rendendo la storia di una scena che, partendo dalle prime fanzine era riuscita a partorire riviste in grado di far registrare numeri anche importanti negli anni Novanta con cinque, sei riviste a contendersi lo scettro di regina del mercato, unicamente una sorta di faccia a faccia tra lo storico H/M e Metal Shock. Un libro nel quale l’autore, amante viscerale delle riviste metal, esprime le sue opinioni personali più o meno condivisibili, ma che fa sorgere più di un punto interrogativo riguardo la completezza dell’opera davanti all’assenza di figure che di questa scena sono state parte attiva e importante, nonché di riviste che, a modo loro, hanno negli anni fatto parlare di sé. Se Francesco Pascoletti, una penna che prima con Metal Shock e quindi con Psycho ha formato decine di aspiranti giornalisti con il suo taglio ironico e vagamente provocatorio, e che ancora tiene alto l’onore della carta stampata in edicola con Classix e Classix Metal recita la parte del leone dissertando su tutto e tutti, ed altri nomi noti come Beppe Riva, Vincenzo Barone, Giancarlo Trombetti, Alex Ventriglia, Gianni Della Cioppa, Sandro Buti e Luca Signorelli dicono la loro con interventi più o meno frequenti, a spiccare è l’assenza di personaggi che con altrettanto peso e soprattutto passione hanno contribuito a dare dignità ai giornali metal, in un’epoca in cui internet non esisteva, le distanze tra giornalista e artista erano siderali, in cui scrivere una monografia di un gruppo senza l’ausilio di “mamma Wikipedia” richiedeva un lavoro di ricerca mostruoso e mandare in stampa ogni mese una rivista rappresentava un impegno titanico. Spicca (e fa male, almeno per la “famiglia” Metal Hammer) l’assenza di Claudio Cubito, colui che questo marchio lo ha portato in Italia insieme a Luca Signorelli, sorprende l’assenza di Barbara Caserta, di Luca Fassina e della combriccola di Hard!, una rivista forse un po’ mainstream ma che piaceva, soprattutto se si era adolescenti e si era affezionati di Nirvana e Guns’n’Roses, stupisce l’assenza di Rock Hard, a conti fatti l’unico mensile metal a tenere ancora oggi duro in edicola, e mancano all’appello altri personaggi che avrebbero avuto peso e dignità per dire la loro, da Luca Bosio con il suo controverso Distortion a Paolo Piccini, Stefano Cerati e Klaus Byron, da Carmelo Giordano, uno dei fotografi simbolo di quegli anni a Gianluca Grazioli, uno dei primi a credere nelle potenzialità di internet… Qualcosa più che semplici dimenticanze, perché vanno a rendere forzatamente incompleto un percorso iniziato tra mille difficoltà negli anni Settanta e giunto sino ad oggi. Ecco quindi che, quel “La storia del giornalismo metallaro in Italia” sparato in copertina finisce alla lunga per rappresentare un peso per un libro forse più rivolto alla ricerca del gossip e della “zizzania” tra le parti (la storia di Metal Hammer avviata con il parere di un collega che afferma “…la rivista non mi è mai piaciuta molto” e più concentrata sugli anni della crisi e dei problemi editoriali che non sugli anni in cui rappresentava un punto di riferimento per il giornalismo metal italiano, lascia alquanto l’amaro in bocca), che non al far riaffiorare la storia vera in cui i “pionieri” erano dei veri “eroi”, magari sviscerando aneddoti, racconti, curiosità che bene o male chiunque abbia bazzicato e bazzichi per le redazioni dei giornali conserva in un cassetto, e che forse sarebbero stati più interessanti delle nove pagine dedicate alla figura di Aldo Luigi Mancusi e agli ultimi anni di Metal Shock. Un libro che alla lunga sa di occasione persa, e che probabilmente con maggiore obiettività da parte dell’autore (e un pizzico di disponibilità da parte di quei colleghi che hanno mancato l’invito di Ceccamea) avrebbe potuto offrire al lettore uno spaccato interessante di una scena che, a modo suo, ha fatto realmente storia.