ProgSpective (1) – Dream Theater and more…
Il 02/05/2016, di Andrea Schwarz.
In: ProgSpective.
Dal vocabolario Garzanti “si dice di genere musicale nato in Inghilterra alla fine degli anni Sessanta del Novecento, caratterizzato dalla commistione di numerosi generi (p.e. rock, folk, jazz, blues) e dalla sperimentazione di nuove forme musicali”. Ma il prog non è, e non potrà mai esserlo, una semplice citazione etimologica. Il prog è innanzitutto passione, cuore, sperimentazioni sonore, atmosfere emozionanti accompagnate da tecnicismi a volte esasperati (ed esasperanti) ma se al servizio della Musica riescono a dare al tutto un sapore unico.
Il prog è una forma musicale aperta che ha vissuto durante la sua storia momenti gloriosi, ha partorito bands che hanno fatto la Storia della Musica (non solo prog) che a distanza di anni riescono ancora a fare proseliti ed emozionare nuove generazioni di fans. Certo, non sempre quello che è stato prodotto può e deve necessariamente meritarsi la menzione speciale di capolavoro. Ma questo succede in tutte le forme d’Arte.
Quando si pensa al prog i primi pensieri vanno ai grandi del genere come Yes, Genesis, Kansas, Jethro Tull, King Crimson, Rush, Gentle Giant. E nel nostro Paese il prog ha certamente avuto esponenti che di questa forma musicale hanno scritto capitoli importanti come la Premiata Forneria Marconi, Banco del Mutuo Soccorso, New Trolls, Area, Le Orme solo per citarne alcuni.
Tutti gruppi per i quali non basterebbe un’intera enciclopedia per parlarne in maniera esaustiva rendendo pienamente omaggio alla loro carica innovativa sotto il profilo musicale e scenico on stage. Ma perché parlare di prog rock su queste pagine? Perchè il prog ha subito negli anni influenze diversissime lasciandosi contaminare talvolta dal jazz, a volte dalla musica barocca in un’evoluzione continua ed inarrestabile. Ed anche il metal ha avuto un ruolo non trascurabile in questo percorso forgiando il cosiddetto prog metal, “contenitore” dentro il quale nel corso degli anni si sono sviluppati tantissimi stili diversi.
Ed in tutto questo certamente la comparsa nella scena musicale di una band come i Dream Theater ha avuto un ruolo fondamentale che ormai tutti riconoscono. E pensare che anche loro, dopo il debutto rappresentato da “When Dream and Day Unite” (prodotto da un “certo” Terry Date) hanno rischiato di essere per così dire “defenestrati” dall’allora etichetta MCA sul finire degli anni ottanta (acquistata dalla Universal prima e passata poi sotto l’egida della Geffen). Nonostante brani del calibro di “A Fortune in Lies”, “The Ytse Jam”, “The Killing Hand”, nel 1989 in pochi si accorsero della bravura tecnico compositiva del quintetto statunitense. Fino a quando non pubblicarono un disco pressoché perfetto come “Images & Words”. Annus Domini 1992.
Da allora, da gruppo semisconosciuto a stelle internazionali considerati dai più i padri del prog metal, loro che vedevano nei Rush un modello inimitabile sono riusciti a ritagliarsi un importante spazio nella storia del prog. Certo, gli appassionati del genere potrebbero (a ragione) obiettare che prima dei Dream Theater sia i Queensryche con “Operation Mindcrime” sia i Fates Warning con “Perfect Symmetry” e “Parallels” tracciarono la via che Petrucci & Co. ricalcarono dopo qualche anno. Ma decisamente con un altro effetto a dir poco deflagrante.
Da quel momento l’industria discografica ed il grande pubblico, intento ad ubriacarsi con il grunge di bands altrettanto seminali nel loro ambito come Alice In Chains / Soundgarden / Pearl Jam, si accorsero che il prog dopo essersi nel corso della sua storia contaminato con il jazz ed altre forme musicali, era pronto ad un’altra svolta: la contaminazione con il metal. Non mancò quindi il fiorire in lungo ed in largo di orde di bands che si buttarono sul carrozzone sperando di potersi ritagliare un posto al sole mentre anche le etichette fiutarono l’affare alla ricerca della nuova big sensation del genere.
Verso la metà degli anni novanta nacque in Germania la Inside Out Music mentre negli Usa la Magna Carta di Mike Varney e Peter Morticelli si tuffarono in questo nuovo mercato con alterni risultati anche se alcune produzioni che entrambe le etichette pubblicarono in quegli anni sono ancora oggi apprezzabili e godibili a distanza di vent’anni dalla loro pubblicazione.
Su Magna Carta imperversavano bands quali Magellan (capitanati dai fratelli Gardner) fortemente influenzati da un prog classicheggiante a lá Yes (“Hours of Restoration” (1991) e “Impending Ascension” del 1994) così come i Cairo dell’omonimo devutto datato 1994 e “Conflict and Dreams” del 1998, anch’essi influenzati da Yes ed Emerson/Lake/Palmer – Genesis dove le tastiere di Mark Robertson rappresentavano il loro trademark. Menzione di merito per gli Shadow Gallery di Brendt Allman/Carl Cadden-James e del troppo poco compianto Mike Baker autori di una discografia esigua ma di altissima qualità: basti pensare ad autentici capolavori come il concept album “Tyranny” del 1998 con il loro prog tecnico ma ricco di cori / melodie ariose degne dei migliori Queen e gli originali inserti di flauto traverso (passati poi negli ultimi anni sotto l’egidia Inside Out). Da ricordare i due album “The Great Divide” (1999) e “Liberation” (2001) degli Ice Age che, nonostante la qualitá delle composizioni influenzate da bands come Saga/Styx/Kansas/Rush non li fece conoscere al grande pubblico. Stessa sorte per i Dali’s Dilemma che fin dalla copertina Zappa-esque del loro unico album “Manifesto for Futurism” edito nel lontano 1998 del mastermind e tastierista Matt Guillory (anni dopo fido compagno musicale nella carriera solista di James LaBrie) si rifanno stilisticamente (rielaborando il tutto) ai Dream Theater così come ai Queensryche di “Operation…”.
Magna Carta inoltre riuscì in quegli anni a produrre progetti musicali composti da Trent Gardner con risultati a dir poco eccellenti. Basti pensare ai due dischi editi come Explorer’s Club (l’omonimo debutto del 1998 e “Raising the Mammoth” del 2002) oppure l’affascinante “The Absolute Man -Leonardo” incentrato sulla figura del grande Maestro. In entrambi i casi i musicisti che eseguirono i brani non hanno bisogno di presentazioni: Billy Sheehan, Terry Bozzio, Steve Howe, Steve Walsh, Kerry Livgren, Marty Friedman, John Petrucci solo per citare alcuni nomi. Dall’altro lato invece riunirono grandi musicisti in superbands create per l’occasione come Liquid Tension Experiment (Portnoy, Levin, Rudess, Petrucci), Bozzio/Levin/Stevens, Bozzio/Sheehan e con risultati piú che godibili.
Parallelamente in Europa, nasce nel 1996 una nuova etichetta che raccoglierà il meglio della produzione prog metal di quegli anni: Inside Out. Sono gli anni in cui questa intraprendente casa discografica indipendente pubblica dischi di Vanden Plas (“The God Thing” del 1997 e “Beyond Daylight” del 2002 tra i loro titoli più riusciti), “Break” degli americani Enchant sempre nel 1998 ed il tecnicismo dei Threshold di “Critical Mass” (1998) e “Subsurface” (2002). A questo bisogna aggiungere la scoperta di autentici astri nascenti del genere come Pain of Salvation (“One Hour by the Concrete Lake” sempre del 1998 e “The Perfect Element – Part I” nel 2000) senza dimenticare di sottolineare di aver tenuto a battesimo un “piccolo” capolavoro come “The Divine Wings of Tragedy” dei Symphony X (1997)che ancora oggi deliziano le orecchie degli appassionati del genere (e non solo).
In ultimo bisogna ricordare la bravura compositiva degli olandesi Elegy che ebbero la sfortuna di pubblicare i loro dischi con etichette (quali T&T prima e Noise poi) che non credettero pienamente nelle loro capacità e (grandi) potenzialità. Ma questa band pubblicò del godibilissimo prog metal in “Labyrinth of Dreams”, “Supremacy” e nel loro indiscusso capolavoro, il concept album “Manifestation of Fear” nel 1998. In ultimissimo, perchè non menzionare l’iper tecnicismo dei tedeschi Sieges Even dei fratelli Holzwarth? “Steps” (1990), “Sophisticated” (1994) ed “Uneven” (1997) tra i loro titoli più riusciti.
Cosa rimane ad oggi di quella scena? Certamente non moltissimo tranne i cosiddetti gruppi storici come i già citati Dream Theater, Symphony X, Vanden Plas, Fates Warning, Shadow Gallery, Queensryche ed all’orizzonte non si vedono moltissime bands che possano raccoglierne l’eredità tranne rare eccezioni (Redemption, DGM, Circus Maximus, Haken).
L’invito è quello di andare a riscoprire alcuni di questi titoli per chi sente quel periodo ancora come contemporaneo per ovvie ragioni anagrafiche ed una scoperta invece per chi non ha mai avuto la tentazione di avvicinarsi in maniera più approfondita a questa affascinante forma d’Arte.