Mogwai – The Bad Fire
Il 21/02/2025, di Anna Maria Parente.
I Mogwai continuano a essere gli imperatori del post-rock, mantenendone viva la fiamma con il loro nuovo album ‘The Bad Fire’. Pubblicato il 24 gennaio 2025 e forgiato tra le mura dei Chem 19 Studios sotto la produzione di John Congleton, l’undicesimo lavoro in studio della band scozzese si presenta come un capitolo che, pur concedendosi qualche deviazione, resta ancorato alla loro sostanza.
Come già accaduto con ‘As The Love Continues’ nel 2020, le linee melodiche si spingono oltre, avvicinandosi allo sperimentalismo contemporaneo più che al prog classico, fino a intrecciarsi con pattern provenienti dal loro amato shoegazing. Un bivio che potrebbe disorientare i puristi e chi si aspetta atmosfere consolidate, ma che non sorprende, poiché la cifra distintiva della band risiede proprio nella meticolosità con cui modella ogni lavoro, un processo di esplorazione continua che attinge tanto all’interiorità quanto al mondo circostante, nella ricerca del modo giusto di esprimersi.
Nel continuo pulsare e deformarsi del destino della band, ‘The Bad Fire’ segna uno spostamento, anche se lieve, rispetto al lavoro precedente, soprattutto per l’inserimento di numerose parti vocali. Se in ‘As The Love Continues’ la voce trovava spazio solo nella splendida ‘Ritchie Sacramento’ e, come accenno, in ‘Here We, Here We, Here We Go Forever’, qui il delicato timbro di Stuart Braithwaite emerge con maggiore intensità e assume un ruolo quasi centrale.
Chi è affezionato allo stile classico dei Mogwai ritroverà subito elementi familiari in ‘Hi Chaos’, secondo pezzo del disco, dove ritornano le atmosfere di ‘The Hawk Is Howling’ (2008). Questa traccia sembra infatti dialogare con ‘I Love You, I’m Going to Blow Up Your School’, per poi crescere gradualmente d’intensità nei suoi 5 minuti e 42 secondi, un’evoluzione che richiama in modo sempre più palese il suo alter ego del passato.
Più che in qualsiasi altro album dei Mogwai, ‘The Bad Fire’ sembra condensare influenze, esperienze personali e una rinnovata autenticità, intrecciando passato e sperimentazione in un equilibrio sottile. Questa fusione che stiamo sottolineando emerge con particolare evidenza in ‘Fanzine Made of Flash’, dove, il ritorno dei cori e un’impronta rock più incisiva, aggiungono nuove sfumature. Il ritornello, al primo ascolto, richiama certe sonorità di ‘Origin of Symmetry’ dei Muse, ma Stuart ha sottolineato che, sotto il profilo sonoro, il brano, a suo parere, evoca piuttosto un incontro tra ABBA, Swervedriver e Kraftwerk. Interessante è notare che la registrazione, inizialmente concepita con una voce diretta, ha poi preso una direzione diversa, poiché è stato deciso di usare il vocoder.
Con ‘Plae Vegan Hip Pain’ e ‘If You Find This World Bad, You Should See Some of the Others’, il disco attraversa un territorio emotivo denso di contrasti, per poi scivolare nella malinconia fino a giungere a ‘The Bad Fire’’, la discesa nell’inferno evocato dall’intero album. Se le prime tracce sembrano un purgatorio sonoro, qui il viaggio si fa inesorabile, quasi un punto di non ritorno, suggerendo a chi non è pronto di guardare altrove, magari verso un altro pianeta.
Con il proseguimento dell’ascolto, le parole si moltiplicano, segno palesissimo di questa nuova urgenza comunicativa o di un’ulteriore spinta verso la sperimentazione? La cripticità dei Mogwai impedisce di formulare una risposta definitiva, ed è proprio questo alone di mistero a renderli irresistibili. In ’18 Volcanoes’, ‘L’Eternity Inside My Hand’ – cantata da Stuart – sembra aprire uno spiraglio. Forse il viaggiatore evocato nei testi ha trovato una via d’uscita, lasciando un mondo per un altro, abbandonando le aspettative o caricandosi di nuove speranze. Un senso di sospensione che trova piena espressione nel ritmo travolgente di ‘Hammer Room’.
La penultima traccia, ‘‘Lion Rumpus’, ha anticipato l’album come singolo di lancio, mentre la chiusura è affidata a ‘Fact Boy’, un brano che intreccia il post-rock più classico con eteree orchestrazioni di archi, suggellando il percorso con una coda sospesa. Forse, alla fine, questo percorso verso il ‘Bad Fire’ non segna una svolta irreversibile, ma è solo un’altra tappa nell’infinito errare dell’essere umano.
Tracklist
- God Gets You Back
- Hi Chaos
- What Kind of Mix Is This?
- Fanzine Made of Flesh
- Pale Vegan Hip Pain
- If You Find This World Bad, You Should See Some of the Others
- 18 Volcanoes
- Hammer Room
- Lion Rumpus
- Fact Boy
Lineup
Stuart Braithwaite – chitarra, basso, voce.
Dominic Aitchison – basso, chitarra, tastiere.
Martin Bulloch – batteria.
Barry Burns – chitarra, tastiere, basso, sintetizzatore, flauto, voce.