Dream Theater – Parasomnia
Il 10/02/2025, di Dario Cattaneo.
Gruppo: Dream Theater
Titolo Album: Parasomnia
Genere: Progressive Metal
Durata: 71 min.
Etichetta: Sony
Ogni paio di anni ci siamo; ed ecco così schiere di giornalisti, esperti e semplici fan impegnati ad analizzare/criticare/sviscerare nel dettaglio l’ultimo lavoro dei Dream Theater. Le ragioni dell’hype che ad ogni uscita si crea intorno ai nomi dei quattro di New York sono sempre ben note: la tecnica e la velocità per alcuni fini a loro stesse e per altri specchio di una genialità ineguagliabile; la vocalità sicuramente cambiata nel tempo del singer LaBrie; la presenza o meno di una suite di venti e passa minuti, campo nel quale i Nostri risultano ancora a ragione sovrani.
E poi quest’anno c’è la faccenda Portnoy: l’ex leader e membro fondatore che se ne andò anni fa sbattendo la porta in un nugolo di polemiche e che – dopo una decina di anni con una decina di dischi di altrettante band parallele – ora torna vestito di nostalgia e umiltà, pronto ad abbracciare (ricambiato) i suoi vecchi sodali di una ventina di anni precedenti di militanza in cima alla scena prog metal.
Bene, ora che il sipario ve l’abbiamo spiegato e apparecchiato si aprano le tende… come è il nuovo album? Cominciamo con il dire che ‘Parasomnia’ è un album che potevamo aspettarci dai Dream Theater se non fosse cambiato niente, e se quindi Mangini fosse ancora li. No, dai, aspettate un attimo a scandalizzarvi, stiamo solo dicendo che tutti questi richiami a ‘Scenes From A Memory’, tutti questi occhiolini a ‘Images And Word’ e tutto questo vibe dei tempi passati di cui ciancia Portnoy nelle interviste non lo vediamo. E’ un disco 100% Theater, certo, ma siamo convinti che i legami più forti si sentano più verso lavori come ‘Systematic Chaos’ o ‘Black Clouds And Silver Linings’, piuttosto che agli altri due lavori citati. Gli ingredienti sono quelli che conosciamo; non sono cambiati: l’attacco chitarristico carico e poggiato su sonorità quasi djent di ‘Night Terror’ ad esempio è qualcosa di oramai stabile nella discografia dei cinque ragazzi del Berkley, e i paragoni con altre “opener” come ‘A Nightmare To Remember’ o ‘The Enemy Inside’ sono immediati e facili da fare. ‘Dead Asleep’ e ‘A Broken Man’, sempre nella prima parte dell’album, sono altri pezzi diciamo decisamente attualizzati agli u… le sonorità spesso aggressive della seconda, e la costruzione lungo i suoi undici minuti della prima sono tipici dei brani del nuovo millennio, non di quelli degli Anni ’90. Ci sono certo sorprese nell’album però, e anche gradite… ‘Bend The Clock’ è un brano intenso ed emozionale come non ne sentivamo da anni dai Nostri, e qui si che si che possiamo dire di respirare quell’aria di nostalgia e accorato ritrovo di cui ha parlato recentemente il barbuto drummer in diverse dichiarazioni. Anche la suite finale ‘The Shadow Man Incident’ ci ha riservato qualche sorpresa… seppur vicina alle sonorità del recente ‘A View From The Top Of The World’ o all’andamento cupo e pensoso di ‘Illumination Theory’; il lungo brano mostra nei suoi venti minuti una freschezza e un ventaglio di idee che ultimamente ci era sembrato un po’ chiudersi, ponendosi così insapettatamente in alto nella nostra graduatoria delle suite della band.
Ma Portnoy? Direte voi… Non ne parli? Eh, fate bene a dircelo perché – anche se volutamente abbiamo citato poco il contributo dell’iconico pesta-tamburi nell’album intero – alla fine siamo convinti che proprio lui sia la chiave del perché questo disco, cosi stilisticamente ancorato ai tempi presenti, risulta invece all’ascolto così ‘retrò’. Il punto è che a Portnoy quanto ha suonato su quest’album riesce naturale. Niente da dire su Mangini, che anzi nel cercare di fornire sugli album precedenti quello che doveva essere l’approccio che i fans si aspettavano si è davvero superato; il punto però resta che Portnoy il drumming di un brano dei Dream Theater l’ha inventato. Prendiamo ad esempio un brano recente, la bellissima ‘The Alien’ di qualche anno fa… un Mangini incredibile soprattutto in apertura; ma quello che su quel brano è frutto di impegno, pianificazione, studio e composizione, a Pornoy riesce più facile su questi brani. Non è questione di essere più bravo, è semplicemente che lui con queste sonorità è a proprio agio. E questo, secondo noi, addomestica l’intero nuovo lavoro, fornendoci un risultato che suona come deve suonare, ma in maniera più facile e naturale per tutti i musicisti coinvolti.
Non andiamo quindi a cercare in ‘Parasomnia’ un nuovo ‘Scenes’ o un ritorno di ‘Images’… è un nuovo, bello, album dei Dream Theater; un album in cui un ingranaggio che funzionava bene ma a tratti sforzava un po’ è stato sostituito con una parte originale. Il motore ora fila liscio, e di questa serenità anche noi abbiamo goduto. Bello, lo ripetiamo, con ‘Bend The Clock’ assolutamente sugli scudi.
Tracklist
01. In The Arms Of Morpheus
02. Night Terror
03. A Broken Man
04. Dead Asleep
05. Midnight Messiah
06. Are We Dreaming?
07. Bend The Clock
08. The Shadow Man Incident
Lineup
James LaBrie: vocals
John Petrucci: guitars
Jordan Rudess – piano & keyboards
John Myung: bass
Mike Portnoy: drums