Labyrinth – In The Vanishing Echoes Of Goodbye
Il 24/01/2025, di Gianfranco Monese.
Gruppo: Labyrinth
Titolo Album: In The Vanishing Echoes Of Goodbye
Genere: Power Metal, Progressive Metal
Durata: 57:45 min.
Etichetta: Frontiers
Distributore: Frontiers
Il bello dei Labyrinth è che nella loro lunga carriera hanno sempre provato ad alzare l’asticella, senza tradire il proprio trademark, ma nemmeno senza sedersi sugli allori, e questo al di là di gusti personali, del fatto che vi siano piaciuti o meno i vari ‘Sons Of Thunder’ (2000), ‘Freeman’ (2005), o quel buon tentativo di ritorno ad un passato splendente (‘Return To Heaven Denied Pt. II “A Midnight Autumn’s Dream”‘ [2010]) e via dicendo. Oggi, con il nuovo ‘In The Vanishing Echoes Of Goodbye’ siamo nuovamente punto e a capo, nel senso che se da un lato sappiamo cosa aspettarci, dall’altro restiamo stupiti dall’ennesima uscita versatile, che per questo mantiene fresca la proposta ed alto l’interesse verso il sestetto italiano. Già, perchè seppur Olaf Thorsen nell’intervista in promozione allo scorso ‘Welcome To The Absurd Circus’ (2021) abbia ammesso che il gruppo è sempre stato di forte impatto chitarristico, oggi lo è più che mai, ed il tutto si traduce con un lavoro feroce e rabbioso, specchio di questi tempi nei quali l’umanità si ostina a non voler migliorare e trarre beneficio di tutto il buono che la circonda, e di tutte le possibilità a disposizione. L’opener, nonchè primo singolo estratto ‘Welcome Twilight’, come spesso accade per ogni album dei sei, è veloce e determinata, e già dall’inizio possiamo notare Thorsen e Cantarelli mostrare estro, ben coadiuvati da un Tiranti sempre sugli scudi e da uno Smirnoff solo apparentemente di contorno. Smirnoff che si dimostra abile jolly nel riempire sfumature melodiche nei pre ritornelli della successiva ‘Accept The Changes’, primo esempio di come, nonostante si viaggi ancora a ritmi ben sostenuti e ringhiosi (ascoltatevi il ponte chitarristico da 02:55 a 03:16), il nome Labyrinth riesca sempre a sorprendere l’orecchio con sprazzi armonici, alle volte improvvisi ed inaspettati. Al contrario, quando si pensa che ‘Out Of Place’ (secondo singolo estratto) sia una semi ballad, ben sostenuta da un Tiranti versatile e da un ottantiano Smirnoff, ecco che esattamente al terzo minuto, prima degli assoli di chitarra, trova il tempo di svoltare con un passaggio in classico power/speed Metal. Tinte più progressive contiene invece ‘At The Rainbow’s End’, date soprattutto da un gran lavoro tastieristico, mentre Thorsen e Cantarelli non perdono tempo nel tessere accordi fulminei; prima dei doverosi assoli e del ritornello finale, anche in quest’occasione la band spiazza tutti con un ponte acustico, ed un assolo di Tiranti che lascia a bocca aperta. La parte centrale del disco è la più cadenzata, mossa doverosa per non abituare (e di conseguenza stancare) l’ascolto, sebbene dal terzo minuto ‘The Healing’ mostri nella sua vena melodica un sottofondo arguto, progressivo e pur sempre in linea con lo spirito torvo dell’album. Con ‘Heading For Nowhere’ si ritorna alla furia citata fin dall’inizio e ad aperti ritornelli in grado di restare in testa dopo pochi ascolti, con la sezione ritmica di Peruzzi e Mazzucconi davvero in gran spolvero, mentre avviandoci verso la parte finale si resta senza dubbio colpiti dalla bellezza della semi ballad ‘To The Son I Never Had’, impreziosita da due avvincenti e prolungati assoli di chitarra e da un camaleontico Tiranti, e dai quasi otto minuti della conclusiva, e più variegata del lotto, ‘Inhuman Race’, che inizia con una melodia che personalmente rimanda a ‘Sailors Of Time’, per poi proseguire con un’intro strumentale di due minuti e mezzo e sfociare successivamente in un’alternanza di strofe ruvide, parentesi soavi, ed il solito, roboante, lavoro di Thorsen e Cantarelli. In conclusione, alla loro decima release i Labyrinth riescono laddove molti colleghi stanno fallendo da anni: reinventarsi, regalare un’altra uscita al passo coi tempi, ma soprattutto non uguale alla precedente, senza assolutamente snaturare il proprio trademark. ‘In The Vanishing Echoes Of Goodbye’ emerge per una rabbia chitarrista intravista solo nell’album omonimo di ventidue anni fa, ma soprattutto per saper cambiare direzione con classe quando meno ce lo si aspetta, offrendo stacchi melodici in ambientazioni nervose, e viceversa; provateci voi a reinventarvi con nove dischi alle spalle.
Tracklist
01. Welcome Twilight
02. Accept The Changes
03. Out Of Place
04. At The Rainbow’s End
05. The Right Side Of This World
06. The Healing
07. Heading For Nowhere
08. Mass Distraction
09. To The Son I Never Had
10. Inhuman Race
Lineup
Roberto Tiranti: vocals
Olaf Thorsen: guitars
Andrea Cantarelli: guitars
Oleg Smirnoff: keyboards
Nicola Mazzucconi: bass
Mattia Peruzzi: drums