Nile – The Underworld Awaits Us All
Il 02/09/2024, di Dario Cattaneo.
Gruppo: Nile
Titolo Album: The Underworld Awaits Us All
Genere: Death Metal
Durata: 54 min.
Etichetta: Napalm Records
Cominciamo dicendo che i Nile, almeno per chi scrive, sono un nome piuttosto importante per la scena death metal attuale. Considerati spesso tra le ‘seconde fila’ del genere; la motivazione è essenzialmente solo cronologica. Arrivati più di un decennio dopo i capostipiti del genere (Suffocation, Morbid Angel, Deicide), la compagnia capitanata da Sanders e Kollias ha avuto però l’innegabile ma non spesso riconosciuto merito di aver tenuto alta la fiaccola del genere nei periodi bui dei primi 2000; quando appunto i vari numi fondatori attraversavano – chi più chi meno – con difficoltà le trasformazioni e le anse del genere. ‘In Their Darkened Shrines’ e ‘Black Seed of Vengeance’ – scritti appunto a cavallo del millennio – segnano appunto la volontà del genere di non morire o contaminarsi, rimanendo cupo, letale e assassino così come era stato concepito sul finire degli Anni ’80.
Gli anni appunto sono passati in gran numero, e la discografia dei Nile dai primi 2000 si è arricchita di parecchi lavori, rimanendo sempre ancorati appunto a un solido concetto su come fare death metal, seppur declinando attenzione e sforzi in direzioni diverse, cosa che ha permesso la creazione di dischi in fondo molto dissimili come il terremotante ‘Ithyphallic’ o il più debole ‘At The Gates of Sethu’. Adesso, nel 2024, dopo un album più diversificato e bombastico come ‘Vile Nilotic Rites’, i Nile danno con ‘The Underworld Awaits us All’ una dimostrazione di autorità inaspettata; firmando con caparbietà un disco di puro US Death, memore oltre che di violenza e tecnica anche di quella cupezza e di quella melmosità che permeavano, come i fanghi del Nilo, le partiture ritmiche dei loro album migliori.
‘The Underworld Awaits Us All’ non è un disco criptico o “da capire”… anzi, non fa per niente mistero della propria natura. E’ infatti simile a un pericoloso viaggio in canoa su un fiume (per continuare con il parallelo con il Nilo), un viaggio che inizia dove il fiume ha un rapido carattere torrentizio con rapide e cascate, e una parte finale dove invece le acque si espandono – nere e inesorabili – a formare un lento ma altrettanto soffocante e pericoloso delta. Le quattro prime canzoni infatti – da ‘Stelae Of Vultuers’ fino a ‘Naqada II Enter the Golden Age’ – sono una brutale scrollata death che non fa prigionieri. Un muro chitarristico cangiante ma asfissiante riempie le cuffie tutto il tempo, solidamente innestato sugli imprevedibili passaggi di un Kollias particolarmente ispirato e ‘ginnico’ e sul growl feroce di Sanders. Fondamentale in questa sezione del disco è ovviamente la componente tecnica, e la maggior parte dei riffs arzigogolati e delle fughe in blast-beat sono quindi da ricercarsi in questi primi solchi. Poi c’è ‘The Pentagrammathion of Nephren-Ka’, rapida fuga di chitarra acustica, che fa smettere di sobbalzare la barca sotto di noi; calma il beccheggio impazzito dello scafo, ma ci butta in una densa oscurità, dove non si sa dove si sta andando e dove anche solo remare costa fatica. E in queste dense paludi della nostra mente troviamo dei piccoli grandi tesori, testimonianze attuali di un modo di fare death che proviene direttamente da ‘Black Seeds Of Vengenace’ o ‘In Their Darkened Shrines’. ‘True Gods Of the Desert’ e la title-track ad esempio, nel loro essere vicine nella tracklist ed essere i due passaggi più lunghi rappresentano perfettamente questa seconda parte, grazie soprattutto a una maggior varietà, un abbondanza di parti più rallentati e a tante intuizioni di assoluta genialità.
Un bell’album, non c’è che dire. Ovviamente, non siamo qui a parlare di una copia o di un successore degli album più belli della band… ma nemmeno ci interessa. Per noi ‘Underworld’ è stata una bella sorpresa per via della compattezza della parte ‘in your face’, per il ritorno nelle fasi conclusive a sonorità più malvage e opprimenti e per il come sempre altissimo livello compositivo. Nella discografia dei Nile forse troviamo di meglio, ma nella scena death attuale, no… siamo sui livelli più alti possibili, e questo dovrebbe solo farci piacere.
Tracklist
01. Stelae of Vultures
02. Chapter for Not Being Hung Upside Down on a Stake in the Underworld and Made to Eat Feces by the Four Apes
03. To Strike with Secret Fang
04. Naqada II Enter the Golden Age
05. The Pentagrammathion of Nephren-Ka
06. Overlords of the Black Earth
07. Under the Curse of the One God
08. Doctrine of Last Things
09. True Gods of the Desert
10. The Underworld Awaits Us All
11. Lament for the Destruction of Time
Lineup
Dan Vadim Von: bass
Zach Jeter: guitars, additional vocals
Karl Sanders: Vocals, Guitars, keys
George Kollias: Drums, percussion
Brian Kingsland: guitars