Unwelcome – What Might Have Been
Il 20/03/2024, di Fabio Magliano.
Gruppo: Unwelcome
Titolo Album: What Might Have Been
Genere: Alternative Metal, Alternative Rock, Elettronica, Hardcore, Post Harcore, Post Rock/Metal, Psych Rock
Durata: 26 min.
Etichetta: Accannone Records
Benedetto il silenzio, se alla fine viene spezzato da dischi come questo. I piemontesi Unwelcome nel silenzio ci hanno sguazzato per quasi venti anni, un silenzio forzato indotto dalla disillusione, dallo scazzo per aver accarezzato il sogno americano e aver sfiorato il colpaccio restando però incastrati in perfidi ingranaggi del music business in una condizione surreale che ancora oggi grida vendetta. Poi con il trascorrere degli anni la ferita ha smesso di sanguinare e la band, tenuta in vita in questo tempo nell’immaginario collettivo da validi side project, è tornata a far circolare il proprio nome, prima con alcune ristampe, poi con dischi di inediti che hanno nell’album del 2022 ‘BeUnwelcomeOrDie’ un autentico gioiello, il lavoro che segna ufficialmente il ritorno in grande stile degli Unwelcome.
Basterebbe già questo per farci benedire il silenzio, ed invece i “nostri” non paghi, tornano nuovamente alla carica con un “mini album” (la seconda parte uscirà entro la fine dell’anno) che ancora una volta scombina le carte in tavola, confermandoci che questi quattro ragazzi di limiti non ne abbiano affatto. Se sino a ‘BeUnwelcomeOrDie’ gli Unwelcome avevano utilizzato il termine “Space Core” per descrivere il proprio sound, con ‘What Might Have Been’ alzano ancora di più l’asticella, fanno impazzire la bussola e privano l’ascoltatore di ogni coordinata stilistica. Follia? Non solo, perchè questi musicisti saranno malsani, sfacciati, follemente geniali…ma cosa vogliono lo sanno benissimo, e soprattutto sanno come utilizzare con maestria tutti gli strumenti a loro disposizione. A differenza di quelle band che “sperimentano”, gli Unwelcome hanno il dono di riuscire a far loro tutto ciò che lo sconfinato mondo della musica offre, rubarlo, inserirlo in un contesto sonoro del tutto personale anche se, nel 99% dei casi potrebbe apparire fuori luogo e far si che questo si sposi in modo assolutamente naturale con la propria musica, diventandone parte integrante.
Se nel lavoro precedente ‘Freejazzpunkblahblah’ faceva incontrare con estrema naturalezza il jazz con l’hardcore, in questo disco l’azzardo è ancora maggiore, ma va a volgere lo sguardo verso soluzioni più accessibili e paradossalmente, per la prima volta nella carriera della band, radiofoniche. Se all’apertura scarna, quasi marziale della martellante ‘Milk Is Mine’, perfetto trait d’union tra ‘BeUnwelcomeOrDie’ e ”What Might Have Been’ con la sua andatura incalzante e le sue chitarre taglienti spetta il compito di trascinarci nella nuova visione degli Unwelcome, il primo singolo ‘Hey You’ ci proietta realmente in una nuova dimensione, in cui la new wave anni ’80 viene centrifugata con il sound del 2024, con quel refrain che ti si stampa in testa sin dal primo ascolto e non se ne va più, quella melodia che ti lascia indeciso se pogare o ballare, il che non è un problema visto che gli Unwelcome hanno sempre funzionato sia nei club che nei centri sociali, e quell’attitudine un po’ retrò ma allo stesso tempo fottutamente attuale. ‘Toots Sweet’ è un’altra esplosione sonora, con quelle chitarre dilatate ad accompagnare quelle melodie vocali immediate quasi punk, rotte da un repentino cambio di direzione con il pezzo che nella seconda parte va a sfigurarsi trasformandosi in un brano onirico, con lo “space” che va a prendere il sopravvento sul “core”.
Cambia ancora una volta tutto ‘Brain Drops’ con il suo scheletro allucinato lacerato dai vocalizzi di Andrea e bombardato da un’anima elettronica che va a privare l’ascoltatore di qualsiasi punto di riferimento. ‘Mr. White’ è semplicemente ‘Mr. White’, gli “Unwelcome che giocano a fare i Daft Punk” come affermano loro stessi, per chi ascolta un brano elettro-pop malato semplicemente irresistibile, con una melodia ipnotica alla base e una tendenza a far ballare senza eguali, il tutto ovviamente prima che il pezzo cambi abito e si dissolva in una forma di cyber-psichedelia allucinata. Si torna all’osso con ‘BaalhuubA’, un brano scarno, che parte punk per poi disgregarsi in una malata jam dove la chitarra va a rompere ogni schema ed in men che non si dica ci si ritrova disorientati in un saliscendi sonoro davvero folle.
L’ultima traccia di questo mini album è, come da tradizione, una cover. Se in passato gli Unwelcome si erano cimentati con brani di Madonna, Cure, R.E.M… qui vanno a rileggere sfacciatamente nientemeno che Tom Waits e la sua ‘Clap Hands’. Ad onor del vero, a parte l’organetto utilizzato come incipit e il testo, del brano originale è rimasto ben poco, stravolto e trasformato qui in un pezzo hardcore giocato su una batteria furiosa, su un basso pulsante e su chitarre che ancora una volta vanno a tagliare come rasoi arrugginiti. Perchè il dono di una band non è suonare una cover in modo fedele all’originale, ma farla propria, rileggerla e trasformarla in un brano tutto nuovo, e Tom Waits vestito da Unwelcome ci piace da impazzire. Alla fine di questi 26 minuti vogliamo solo ritornare da capo e ricominciare l’ascolto, perchè questo è un disco che si svela minuto dopo minuto, che lascia emergere ogni sua sfumatura, ogni sua peculiarità, come un medicinale a rilascio prolungato, la cui botta arriva subito ma i benefici si apprezzato con il passare del tempo. E bravi Unwelcome, ancora una volta ce l’avete fatta. Ora però basta torturarsi su “cosa sarebbe potuto essere”, concentratevi su “quello che è”, perchè all’orecchio di chi vi ascolta, è davvero tanta roba!
Tracklist
- Milk Is Mine
- Hey You
- Toots Sweet
- Brain Drops
- Mr. White
- BaalhuubA
- Clap Hands
Lineup
Andrea – voce
Maxim – batteria
Livio – chitarra
Ago – basso